ROSINA LEPORE CAMPANELLI

INCONTRO



ALLA



VERITA'

ISTITUTO DI CAGNO-ABBRESCIA

BARI





CON APPROVAZIONE ECCLESIASTICA

Egregia Signora,

ho letto il suo lavoro. Lei, a mio parere, dice cose utili, sensate, con convinzione e calore e con coraggiosa franchezza.

Mi permetto pertanto benedirla e formularle i migliori auguri di numerosi frutti spirituali.

Gradisca i miei ossequi.

Dev.mo in Cristo

padre alfonso costa

Gesuita








FEDE E SCETTICISMO

Fratello lettore.

Compenetrandomi nell’imbarazzo in cui ti troverai quando sarai chiamato al « Redde rationem » davanti al tribunale della Divina Giustizia, ho voluto ideare queste pagine per farti uscire dal labirinto dei tuoi pensieri e venire meco alla luce del ragionamento, onde lo scetticismo che ti avvolge, sia in te eliminato e ti sia aperto il sentiero della fede, l' unico che può darti in questa vita serenità e pace, speranza per l' aldilà e sprone per farti raggiungere l'eterno destino.

L' « Incontro alla verità » è il libro più adatto per te. Leggilo con attenzione ed amore e mi darai ragione.

TUA SORELLA IN CRISTO




PROLOGO

S. Paolo della Croce disse: « Mi sono stati dati tutti i beni, quando non li ho chiesti più per amor proprio ».

Non pensavo affatto a compilare questo manoscritto, senonché un giorno, a colloquio con una persona amica, mi disse: « Perché signora non raccoglie i suoi pensieri e ne forma un libro ? Per la stampa ci interesseremo noi ». lo sorrisi, senza dare nessuna risposta e importanza. Andando a casa, ruminai l'idea e mi chiesi: «Perché P. A. ha voluto dirmi questo ? Mi crede capace d'una simile impresa?... Ha voluto prendersi giuoco di me»? Mentre così pensavo, una voce interna mi disse: « No, ubbidisci senza esitare ».

// dilemma fra me stessa cominciò, e finii col cedere alla voce ispiratami accingendomi a scrivere. Esitai per un momento, volendomi sottrarre alla voce per timore di vanità. Ma... e se questo timore viene da Satana ? e se per evitare un peccato ipotetico, ne commetto un altro reale con la disubbidienza ? Temo di sbagliarmi e desisto a priori.

Rifletto ancora: e se per timore di sbagliare è uno sbaglio la stessa omissione ? così pensando ricordo l' « Imitazione » che dice: « Cos' hai tu uomo che non abbia ricevuto da Dio » ? « se così è, perché gloriarsi per beni che non sono propri » ? « Gloriarsi soltanto nella Croce di Nostro Signore Gesù Cristo » .

Incoraggiata così, richiamai le mie memorie d'infanzia

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e scrissi le prime pagine, senonché nel rileggerle, mi accorsi che tutto ridondava a mia lode, cosa che assolutamente non mi piace e le lacerai; altrimenti mi avrebbero dato l'appellativo di buona.

L'Ecclesiaste al capo XI, vers. 30, dice che non bisogna lodare veruno prima della morte, perché l' uomo si riconosce ad opera compiuta.

E Gesù stesso, quando lo chiamarono « Maestro buono » rispose: « Perché mi chiamate così ? Buono è solamente Dio ».

Allora mi raccomandai allo Spirito Santo, raccolsi i miei pensieri, e volli andare incontro alla verità, a quella grande verità che la maggior parte degli uomini ignora collocandola negli onori, nei piaceri, nelle dovizie, nelle dissolutezze ed in tutte le bramosie di questo mondo. Come l'acqua del ruscello scorre e si deposita nel lago, così la mia penna scorreva sulle pagine fermandosi in un solo pensiero, quello della salvezza dell' anima. Da ciò mi accorsi, che l' ispirazione era veramente di Dio, per cui senza indugio, ai primi di ottobre 1956, sotto l' egida della Vergine SS. del Rosario cominciai ad accingermi al lavoro. Non nascondo che è un lavoro di sotterfugio, senza che abbia mai fatto trapelare niente a nessuno, neanche a mio marito. E ciò per non destare clamore alcuno, al pari dell' acqua che, cadendo dalla grondaia sul nudo suolo, fa tanto rumore: cosa a me affatto gradita.

Le difficoltà cominciarono per la mancanza del tempo materiale perché io, da sola, senza minimo aiuto di nessuno, disimpegno tutte le faccende domestiche, tutti i doveri casalinghi, tenendomi pronta ai minimi cenni di mio marito, per non farlo alterare e, non escluso, che accudisco anche alla confezione dei miei abiti e molte volte dei miei cappelli.

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Dove trovare il tempo per questo altro sopraggiunto Lavoro ?

Un proverbio dice: « Volere è potere » , e Alfieri disse: « Volli, sempre volli, fortissimamente volli ». Così, senza lasciarmi prendere dall' indolenza, tutte le mattine mi sono levata alle sei, andando in Chiesa per la Messa delle sei e mezzo ed ho trovato i ritagli di tempo per poterli dedicare allo scritto. La notte nelle interruzioni del sonno, ho concepito le idee la mattina davanti al Tabernacolo le ho completate, ed a casa, con Gesù Eucarestia nel cuore e nel pensiero le ho sviluppate, senza mancare alla Messa quotidiana e nessun pomeriggio alla Benedizione serotina.

Sono sicura che alcune delle mie parenti si meraviglieranno del come io sia riuscita a sviluppare questo lavoro. La risposta non compete a me; la da Gesù il quale disse: « Sine me nihil potestis facere » e lo Spirito Santo ripete ancora: « Nessuno può dare a Dio il nome di Padre, senza questo Spirito d' Amore » .

L' anima invasa dallo Spirito d' Amore, non può fare a meno di ripetere con S. Paolo: « La carità di Cristo mi spinge ».

Sono stata spinta da un solo ideale: quello di far conoscere, per quanto è stato possibile alla meschinità del mio intendimento, la caducità delle cose terrene e il richiamo al pensiero del fine dell' uomo.

Il pensiero della morte dovrebbe primeggiare su tutti gli altri pensieri, per farci ravvedere e metterci sul retto binario che conduce all' eternità. Questa signora dei secoli, che non ha rispetto per nessuno, chiama a sé in tutti i minuti ed in tutte le età, ma essa non vien mai meno. S. Vincenzo dei Paoli diceva: « Ho da morire e non so quando!... ho da morire e non so dove!... ho da morire e non so come!... Posso morire in questo momento e se mi

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trovo in peccato mortale vado all'inferno!...»

E un canto religioso dice ancora: « Se campassi anche cent' anni, senza pena e senza affanni, alla morte che sarà, se tutto è vanità?»

Non ti spaventi o lettore, questo mio salutare richiamo.

Ti spaventi solamente la lontananza da Dio e il male che ti potresti arrecare stando da Dio lontano.

Verrà un giorno e riconoscerai questa indiscutibile ed inconfutabile verità e ti convincerai.




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Parte I

IL SOFFIO DIVINO

Non è difficile, dice l'Imitazione di Cristo, rinunciare ai beni della natura quando si hanno quelli della grazia. Piuttosto - secondo me - è difficile far penetrare la grazia in un cuore troppo avvinto dai doni e dai beni di questa terra. A Dio però, niente è impossibile. Egli dice a ciascuno di noi come la terra dice all' uomo: - Dammi e ti darò; - e l'uomo semina, lavora e poi raccoglie. Così Iddio chiede la corrispondenza, la volontà di collaborare al ripristino della grazia che ci fu data mediante i sacramenti. Il più lo farà Lui a patto però, che non arrestiamo il corso della grazia con il peccato mortale e con l'ingratitudine al continuo prodigarsi in noi della Divina Misericordia.

Il grande luminare della Chiesa S. Agostino dice: « Chi fece me, senza di me, non salva me senza di me». Si sa che: « Militia est vita hominis super terram ». Sin dall' uso della ragione, per colpa del peccato originale, l' essere umano che viene al mondo, vuole o non vuole, deve ingaggiare una battaglia, e la battaglia non può chiamarsi tale, se non ha di fronte il nemico. Anzi sono tre i nemici dello spirito da espugnare fino alla tomba: mondo, demonio e carne che deve impavidamente affrontare chi vuole raggiungere la vittoria finale.

Ecco la necessità della grazia. Basta essere privi di


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essa un minuto, per cadere nel baratro, tanto è corrotta la nostra natura.

E che cosa è la grazia, se non un dono di Dio, una calamita che parte dal Suo Divin Cuore, un divino microfono sempre aperto nel fondo della nostra coscienza? Eppure molti, per non sentire questa voce, chiudono le orecchie dell' anima a guisa di quelli che hanno la radio in casa e non la vogliono sentire. Così la coscienza, resta priva di quel discernimento che fa determinare la volontà al bene e al male, e siccome la nostra natura è incline al male, per giunta si trova in un mondo assai corruttore, è facile che venga inviluppata dalle passioni e, a poco a poco sdruccioli, senza avere più la forza di rialzarsi. Allora ci vorrà un miracolo. È obbligato Dio a fare i miracoli ? No. Gesù disse: « Chi non mi avrà desiderato in vita, non mi avrà nemmeno in morte ». Giustissimo ! Una persona che chiude ermeticamente le finestre, può pretendere che il sole entri nella sua camera? La grazia è il sole dell'anima!

Se potessimo conoscere il valore incommensurabile di questo dono di Dio, la carità che emana da quel paterno Cuore, l'amore che pregusta l'anima sin da questa terra, non lo dissiperemmo così facilmente per un vile piacere, per un minuscolo guadagno, per un nulla. Oh ! se comprendessimo il danno morale e spirituale che ci procuriamo da noi stessi con la perdita della grazia, forse non avremmo più la forza di sopravvivere ! Quando io penso alla fugacità della vita, a questo nostro corpo appeso ad un filo di cotone che può spezzarsi da un momento all'altro, come l'esperienza dimostra, mi domando: a che prò tanta corsa sfrenata ai piaceri, al danaro, agli onori, se tutto è effimero quaggiù? E perché l' uomo deve avere così perduto il ben dell' intelletto ? Eppure,



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la storia di tutti i tempi, dovrebbe farci impallidire dinanzi ad una miriade di eroi che seppero lottare e vincere.

Solo i primi tempi del cristianesimo contano 18 milioni di martiri; mano mano fino ai tempi nostri, quanti pionieri della fede hanno affrontato il martirio. In Cina, in Giappone, nel Madagascar, e poi nella Spagna dilaniata e nella Francia col rogo di Giovanna d' Arco. Finalmente l'apertura del nostro secolo col sangue di Maria Goretti e quanti e quanti altri sepolti nell' oblio, ignorati dalla storia. Si piange per la perdita di una lite, di una amicizia e financo di una bestiolina, di un cane, di un gatto ecc. e poi si mette in non cale la perdita dell'anima ! Viceversa si lavora tanto per l'acquisto di una casa, di un podere, di un posto, si attraversano gli oceani; solo per l'acquisto della grazia di Dio non si sa recitare una preghiera, non si sa fare un sacrificio con una confessione, non si sa versare una lacrima? Chi dice che una lacrima del cuore, non può essere rigeneratrice come l'acqua battesimale? Quante conversioni registra il Cristianesimo!... E quanti Santi! Cominciando da S. Paolo, S. Agostino, S. Ignazio di Loyola, S. Maria Egiziaca, S. Margherita da Cortona ecc, ecc.

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PREGHIERA

O Gesù, Tu solo puoi far cadere la benda dai nostri occhi affinché Ti vediamo, puoi dare sensibilità al nostro cuore affinché Ti amiamo. Tu sei vicino a noi, sei dentro di noi e noi non Ti sentiamo perché avvinti dalla caducità dei terreni amori. Ora però l'abbiamo capito che, tenendoci lontani da Te, siamo come una barca senza timone, come una nave senza nocchiero e senza bussola, in balia delle onde, in completo disorientamento. Ma noi Ti preghiamo con i discepoli di Emmaus: « Rimani con noi o Signore perché si fa sera ! ». Si fa sera sul nostro intelletto e noi brancoliamo nel buio. Si fa sera sul cielo dell'anima nostra e come tante pecore sbandate, incespichiamo per rupi e burroni, in cerca di sconosciute praterie ove non troviamo altro che bruchi ed erbe velenose. Un crepuscolo si addensa sul nostro cuore o Gesù, e noi non sappiamo più discernere il bene dal male. Rimani con noi o Signore perché sei via, vita e verità.

L'ANIMA E L'ATEISMO

Una volta si presentò a S. Filippo Neri un discepolo chiedendogli un consiglio. S. Filippo, senza esitare, impose di prendere la penna e di scrivere: « Fuggi l'occasione »; così per ben tre volte e niente altro, il giovane un po' seccato, ma ubbidiente, dietro il comando del maestro, lesse quel che aveva scritto: « Fuggi l' occasione - fuggi l' occasione ― fuggi I' occasione ». Niente altro che dire: ― Salva l'anima ― salva l'animasalva l'anima.

I materialisti, nella loro sconfinata malizia si domandano: Che cosa è l'anima? dove sta quest'anima se niente si vede e niente si tocca? non è altro che un gran numero di germi vitali nel sangue che, o per congelamento di esso nel corpo, o perché si viene uccisi, si muore e tutto finisce qui come le bestie.

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O atei ! vi domando: qual è quell' autore che non abbia inventata la sua opera allo scopo di renderla, assieme al proprio nome, immortale nei secoli?

Se la storia ha immortalato la Divina Commedia di Dante, le rime del Petrarca, la musica di Verdi, I Promessi Sposi del Manzoni, la radio e la televisione del Marconi ecc., perché Dio non doveva immortalare l' opera più grandiosa uscita dalle mani e dall' alito di Lui ?

Dunque l'anima esiste. È la parte spirituale dell'uomo per cui egli intende ed agisce. È la parte superiore che lo distingue dalle bestie. Se la bestia agisce per istinto [* discutibile], l'uomo agisce per intendimento e raziocinio. Essa è invisibile, è intangibile ed immortale, come invisibile, intangibile ed immortale è Iddio. È l'alito stesso di Dio, soffiato nelle narici dell'uomo nel momento della creazione. In altri termini, è come un raggio di sole il quale, senza staccarsi dal centro solare, si slancia nello spazio, e dopo aver compiuta la sua missione illuminatrice ritorna allo stesso centro, così l'anima, dopo i giorni assegnati su questa terra « Dies hominis numerati sunt » deve lasciare il corpo nel fango donde è venuto per riprenderlo nel giorno del giudizio universale e slanciarsi in seno a Dio, suo Creatore e suo ultimo fine. Però non senza avergli reso su questa terra il triplice omaggio, per il triplice dono ricevuto, cioè: intelletto, memoria e volontà, se non vuole sentirsi dire: « Vai maledetto nel fuoco eterno ».

Con l'intelletto deve riconoscere quanto Dio ha fatto per lui: gli ha dato la vita, l' esistenza, gli darà un eterno paradiso e tutto gratuitamente.

Con la memoria deve ricordarsi continuamente di Lui e ringraziarlo. Con la volontà infine, deve preferirlo ad ogni altra creatura e piegare la fronte adorandolo.




* Gli animali (ed i vegetali) probabilmente sono più intelligenti di quanto si possa immaginare, poi per quanto riguarda l'anima è illogico pensare che ne siano privi, anche se solo di una parte.

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Priva quindi, di questo fardello, l'anima non ha nessun diritto di pretendere il Paradiso, da se stessa si tufferà negli abissi infernali sulla cui porta troverà scritto, come disse Dante: « Perdete ogni speranza o voi che entrate ». Né vi sono attenuanti di sorta che possano giustificare l'esimersi da sì doveroso tributo tranne che per i veri pazzi e gl'idioti i quali, non essendo nelle loro piene facoltà mentali, non sono in possesso della ragione e della coscienza, per cui non si rendono responsabili. Né Dio è un ingiusto padrone che pretende dall' operaio ciò che l' operaio non può dare, per mancanza di forze.

Ad eccezione, dunque di costoro e dei bambini inferiori a sette anni, nei quali la ragione non è ancora sviluppata, il resto dell'umanità, deve ineluttabilmente affrontare, senza trasgressione, il triplice dovere verso Dio, verso il prossimo, verso se stesso. Infrangendo uno solo di questi doveri e senza riparazione, sarà chiamato con austerità al « Redde rationem ». La conferma di ciò, ce la da Gesù Cristo nella parabola dei talenti.

« A chi più è stato dato, più sarà richiesto » dice lo stesso Gesù.

Dunque la ragione, non è che il parto dell' intelligenza, e l' una e l' altra formano la coscienza. Quanto più robusta è l'intelligenza, tanto più profonda deve essere la ragione e tanto più nitida la coscienza. La coscienza, a sua volta, se nitida e pulita, produce la serenità e la pace interiore, perché non è altro che la voce di Dio che ci richiama al bene e al dovere. Se invece è sporca di peccato, la voce si attutisce e l'anima perde il controllo, la ragione si affievolisce; le passioni si sviluppano e distruggono la pace e la serenità trasformandole in rimorso, il quale, non lascerà la preda dalle sue grinfie, se non quando l'anima, rientrando in sé, non si sarà riabilitata con una esatta


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e santa confessione. Solo ai piedi del confessore mediante l'assoluzione, viene tagliata la testa a questo gigantesco mostro, come Davide con la sua fionda tagliò la testa al gigante Golia.

È assurdo quindi volersi credere in buona coscienza, quando questa non viene sottoposta ad un accurato esame. Esaminandola attentamente, troveremo il deficit nei doveri che la legge di Dio ci impone e che la società come contributo richiede. È precisamente quel che disse Gesù: « Un cieco può mai guidare un altro cieco? devono tutti e due inciampare nel fosso ».

Una coscienza offuscata, può mai guidare una ragione annebbiata ? Si può avere una esatta percezione dei doveri quando l'intelletto non è scevro da ogni affezione peccaminosa e da ogni egoismo ? È un inganno che l' individuo vuoi fare a se stesso, ma non potrà mai ingannare Iddio, il quale vede nei più remoti nascondigli della coscienza e misura con la bilancia della divina giustizia.

Molti s' illudono dicendo che la Divina Misericordia è superiore alla divina giustizia per cui sono sicuri del perdono. È vero sì, che la Divina Misericordia è infinita, però per le anime di buona volontà, per le anime che osservano i comandamenti, i precetti della Chiesa, i Sacramenti, che non lo rinnegano e che curvano il ginocchio dinanzi alla sua Divina Maestà. Disma divenne santo al fianco di Gesù morente, per averlo riconosciuto davanti a tutti, per essersi umiliato ed essersi annientato nel suo pentimento. Viceversa Lucifero, da essere il più bello degli angeli, divenne il capo dei demoni. Bastò un solo peccato di superbia concepito nel pensiero, bastò la mancanza di una doverosa sottomissione alla Divina volontà perché Dio scatenasse tutta la sua ira, creando nello stesso istante l'inferno e facendo precipitare giù Satana con tutti i suoi satelliti. Forse



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allora non era lo stesso Dio pieno di bontà e di amore ? Certissimo ! Però Egli il - tutto - non può tollerare il - nulla - qual è la creatura, che debba cozzare contro di Lui col rinnegarlo e calpestarlo. « E duro per te ricalcitrare contro il pungolo » disse Gesù a S. Paolo sulla via di Damasco. E quel che disse a S. Paolo, lo ripete a ciascun uomo appunto perché è infinita bontà, infinito amore, infinita misericordia e ci vuoi vedere tutti salvi nel suo Paradiso.

LA BONTÀ DI DIO

La bontà inesauribile di Dio!...

Egli vuoi vedere l' uomo salvo ad ogni costo, e l' ateo, il materialista gli sbarra le porte dell' intelletto, senza lasciare adito ad un solo spiraglio di luce che penetri nell' anima per illuminarlo. Che altro poteva fare per la salvezza dell' uomo Iddio e non l' ha fatto? La terra, il mar, le sfere cantan il suo potere, disse il poeta. Ha creato i cieli con la bellezza e lo splendore del firmamento; la terra incantevole con i monti, valli e colline; i prati con i variopinti e smaglianti fiori; gli oceani ed i mari con le pittoresche onde, gli affascinanti rigurgiti e gli sconfinati tesori. Insomma, tutto il creato è una poesia. Tutte le creature inneggiano al Divin Creatore.

« Cieli et terram narrant Gloriam Dei ». Perché Iddio, ha voluto così escogitare le fonti della sua onnipotenza, forse per Lui stesso? Che bisogno aveva Egli se è quello che - È - cioè Dio - purissimo Spirito, bellezza eterna ed incomparabile, che illumina i più reconditi angoli della terra, Signore e Padrone assoluto di

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tutte le cose perché tutto è pervaso di Lui, dalle sfere celesti all' atomo di polvere; dalle sfingi al granellino di sabbia; dall' elefante all' invisibile formica ? Non a torto il poeta dovette esclamare: « Ovunque il guardo giro, immenso Dio ti vedo, nell'opre Tue ti ammiro, ti riconosco in me ».

Dunque? Tutto per l' uomo!

Una sola cosa volle per sé: l' anima dell' uomo e volle che fosse conosciuto, amato e servito su questa terra, per indi essere goduto nella sua piena bellezza nell' eternità.

Bellezza che i santi hanno pregustato sin da questa terra ed altro non bramarono che spiccare il volo per la

patria celeste.

Ecco perché S. Agostino, in un impeto d'amore gridò: « Ci hai fatti per Te o Dio e il nostro cuore è inquieto finché non riposa in Te ! »

E S. Paolo disse ancora: «Ho visto cose che occhio umano non ha mai visto, ho sentito cose che orecchio umano non ha mai sentito, ho gustato cose che cuore umano non ha mai gustato » . Che cosa aveva veduto, sentito, gustato se non la bellezza di Dio nella sua essenza, per quanto è possibile a creatura mortale? Eppure tutto questo per l'ateo non basta, tanto il suo intelletto è offuscato dalla superbia.

Non bastano quaranta secoli di storia antica, in cui è profusa tutta la Divina sapienza attraverso le sacre scritture, i Patriarchi e i Profeti. Non bastano le minacce, i castighi inflitti al popolo ebreo; il diluvio universale; le piaghe d' Egitto; la distruzione di Sodoma e Gomorra; l'annientamento della città di Gerusalemme, dei Faraoni e dei Cesari. Non bastano i lamenti angosciati di Geremia sulla città santa e il pianto straziato di David per il grave peccato commesso ecc. ecc.

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Non basta ancora la stessa rivelazione sul monte Sinai, quando Dio direttamente consegnò a Mosè le tavole della legge ingiungendo la più stretta osservanza. E via via, fino ai tempi nostri. O sviscerata Misericordia di Dio !

Non eri ancora paga di tanta elargizione. Volesti esaurire completamente le fonti della Tua generosità e della Tua bontà, non curandoti dell'ingratitudine degli uomini.

E così, le generazioni si susseguivano. La coscienza umana era diventata una torre di babele. L'uomo era caduto nel più basso livello morale facendo prevalere solo gli istinti a guisa di bestia.

Dio ebbe pietà e nella pienezza dei tempi mandò il Suo Divin Figliuolo Gesù Cristo.

GESÙ VERO DIO E VERO UOMO

Gesù dunque, venne sulla terra, lasciò il seno del Padre Celeste: prese il corpo ed un' anima come l'abbiamo noi, per opera dello Spirito Santo, nel seno purissimo di Maria Vergine.

Ecco un Dio divenuto nostro fratello ! Egli celò sotto le spoglie dell' umanità la sua Divinità.

« Et Verbum caro factum est et habitavit in nobis ! »

Egli volle fare vita comune con gli uomini per testimoniare il Padre, il quale, essendo un Purissimo Spirito, si rendeva inaccessibile alla creatura umana, e affinché l' uomo, non avesse potuto schermirsi col dire di non aver niente visto, niente toccato, ecco che Gesù, assumendo le sembianze umane, per ben trentatre anni si fece vedere, si fece toccare. Non si differenziava dagli altri uomini che solo per la bellezza, per la maestà e per il porta-

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mento. i suoi storici ebbero a dire, che era l'uomo più bello che la terra abbia mai visto. Il più perfetto, come nei lineamenti così nelle condotta. Svolgeva la vita, come ogni altro onesto operaio, nella piccola casetta di Nazareth, pregando e lavorando da mattina a sera con i Suoi Santissimi Genitori, per guadagnarsi il tozzo di pane, ubbidendo ad essi. « Erat subditus Illis»,

ci dice il Vangelo.

Dunque Gesù, Eterno Creatore, per amor dell' uomo, divenuto mortale creatura ! con una mamma, con un babbo, (sia pure non naturale ma solo per titolo e per tutela). Solo per tutela sì, perché Gesù, essendo Figlio diretto di Dio, non poteva nascere per intervento umano. Non poteva avere un padre naturale sulla terra, perché non doveva avere nulla a che fare col peccato originale, né col

peccato attuale.

La divina natura di Gesù, fu un influsso dello Spirito Santo, a guisa di raggio di sole che, penetrando la lastra, questa non si rompe; così la virtù dell'Altissimo adombrò Maria e lo Spirito Santo penetrò in Lei, assorbendo da quel seno purissimo carne e sangue umano, associandolo alla natura Divina, completando così il misterioso concepimento di Gesù senza ledere punto la verginità di Lei, serbandola intatta. Pura Vergine prima, durante e dopo il parto. Secondo alcuni storici, ciò avvenne all' alba del 25 Marzo, 9 mesi avanti Cristo, a mezzo dell' Arcangelo S. Gabriele il quale: « Annunzio a Maria che doveva concepire e partorire il vero Figliuolo di

Dio». Così il primo mistero gaudioso. E così, il grande poeta:

« Te quando sorge e quando cade il die, e quando il sole a mezzo corso il parte, sona il bronzo e le turbe

pie, invita ad onorarle ».

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Onoriamo anche noi la Vergine Santa con le tre Ave Maria, in riparazione della miscredenza dei suoi nemici.

A mattutino, ricordando il concepimento di Gesù, a mezzogiorno ricordando la piena fase della sua vita attiva; a sera la memoria della sua passione e morte.

L' IMMACOLATA

Dunque, Maria è Madre di Dio.

A chi si sarebbe potuto dare tanto privilegio se non ad una creatura eletta, pura ed illibata, immune dal peccato originale e senza neanche fomite al peccato veniale?

Come poteva essere così terso cristallo, se il suo embrione, non fosse stato concepito Immacolato?

E dogma di fede e ce lo conferma la ragione.

Non perché, i Santi Genitori di Lei, fossero Vergini. La verginità, nella maternità, fu privilegio concesso a Lei sola, perché sin - ab eterno - Dio l' aveva decretata per Figlia, per Madre, per sposa. Dimodoché: « Figlia dell' Eterno Padre, Madre dell' Eterno Figlio, Sposa dell' Eterno Spirito Santo ».

Ben a ragione, Dante, nell' esultanza del suo cuore, ebbe a chiamarla: « Vergine Madre, Figlia del tuo Figlio, umile ed alta più che creatura, termine fisso di Eterno Consiglio ».

Iddio fissò il suo pensiero in Lei, e l' attiro a sé come la calamita, arricchendola dei sette doni dello Spirito Santo, per renderla corredentrice con Lui, del genere umano.

Mistero! E che cosa è impossibile a Dio? Non è Egli l' autore di tutto? Non può Egli capovolgere il mondo e


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rifarne un altro a suo talento? Mistero, ma mistero ignorato ! Contrastato ! Ci volle il Concilio di Efeso. Un complesso di duecento Vescovi, con a capo S. Cirillo Alessandrino il quale, per calmare una folla irrequieta che fuori attendeva il responso, uscì dal balcone gridando:

« O Maria concepita senza peccato » e il popolo rispose: « Pregate per noi che ricorriamo a voi ». Si ebbe così, per legittima conseguenza, l'alta proclamazione: « Maria, Madre di Dio, Vergine prima del parto, Vergine durante il parto e Vergine dopo il parto ».

Venite o protestanti a distruggere il dogma. La verità è lampante come la luce del sole. Gesù è divenuto « Testata d' angolo » e s' infrange chi vuoi cozzare contro di Lui.

LA FAMIGLIA SACRA

Ecco perché S. Giuseppe venerava la Madonna, pur essendogli compagno indivisibile per le alte virtù che riscontrava in Essa. Ma quando seppe dall' Angelo della sua Divina Maternità, la venerazione si cambiò in adorazione, perché adorava in Lei l' Eterno Creatore.

Allora si domandano i nemici: a che pro unirli in matrimonio, se la legge della natura non doveva prevalere in loro?

Era necessario. Prima perché doveva esserci nel mondo l' emblema della famiglia cristiana, dalla quale dovevano trarre esempio tutte le future generazioni. Secondo, perché il mondo, ignorando il mistero, avrebbe malignato sulla Madonna, l' avrebbe financo diffamata vedendola senza marito. Terzo, perché sia la Madonna, sia Gesù Bambino,



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avevano bisogno di un custode, di uno che procurasse Loro il sostentamento perché avendo Gesù assunto la natura umana come tutti gli altri bambini, come essi aveva bisogno delle cure materne e della protezione paterna.

Chi poteva stare a fianco di tanta Divinità se non un santo di preclari virtù? Ecco S. Giuseppe, umile falegname, ma di nobile prosapia, perché della stirpe di David, destinato da Dio a capo della Sacra Famiglia. Unito in matrimonio a Maria SS. condividendo con Lei gioie, dolori e povertà nella più perfetta sottomissione al volere Divino, con una condotta illibata ed immacolata che creatura umana non potrà mai concepire. Ho detto gioie: e quali gioie potevano essere serbate ad una famiglia, costretta alla più estrema povertà, in una casetta non più larga di qualche metro quadrato?

Gli uomini sono insaziabili. Niente ad essi basta. Se hanno una casa, vogliono un palazzo. Se hanno una bicicletta, vogliono una macchina. Se mangiano una minestra, vogliono secondo ed altro, e scioperano a destra e sinistra, se pure non si danno al saccheggio ed alla rapina. E se anche avranno ottenuto quanto desiderano, la loro avidità non è mai paga e desiderano sempre più. Per la Sacra Famiglia, non era così. S. Giuseppe si contentava della piccola mercede giornaliera, che riscuoteva alla fine della giornata consegnando il lavoro. Con quel poco danaro doveva pensare al sobrio vitto, al modesto vestito e mettere da parte per pagare il tributo a Cesare, senza mancare anche all'elemosina quando vedeva qualcuno più povero di Lui o quanto Lui.

Eppure erano felici! Perché la felicità non istà nelle ricchezze, negli onori e nei piaceri. Sta solo nella presenza di Dio nelle nostre anime e nell' ubbidienza cieca al suo volere divino. Anzi, sono proprio le ricchezze, gli

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onori e i piaceri che ci allontanano da Lui e ci immergono nelle onde burrascose della superbia togliendoci ogni pace.

MISTERO DIVINO

Chi avrebbe detto che la felicità di quei due santi sposi, sarebbe stata così presto mescolata ad una amarezza inaudita ?

Proprio quando stava per scoccare la fine del nono mese di gravidanza della Madonna, un editto di Cesare Augusto chiamò tutta la popolazione a Betlemme per dare il censimento. Naturalmente anche Essi dovettero affrontare il lungo viaggio da Nazareth a Betlemme. Lungo, specie per Maria, nelle condizioni poco favorevoli in cui si trovava.

La sorte, non fu loro amica. La folla era tanta, da non poter trovare neppure un posto in albergo, per cui furono costretti inoltrarsi nelle vicine campagne in cerca di una grotta. Finalmente la trovarono. Vi entrarono. Era una stalla occupata da due soli animali legati ad una mangiatoia piena di fieno, il bue e l'asino.

Oh ! Mistero ! Nel cuore della notte, alle 12 precise del 25 dicembre dell' anno di grazia ― secondo alcuni storici ― la Vergine prova in sé un sussulto, come presaga del lieto evento, si prostra a terra in adorazione al suo Dio, si concentra con tutte le forze dell' anima e prega: una luce la investe e la rapisce in estasi. In quell' estasi d' amore, sente una forza sovrumana che si sprigiona da Lei e viene svegliata dai vagiti del Divin Bambino. Lo prende, lo bacia, lo mette sul fieno, in mezzo ai due animali, affinché venga riscaldato col loro alito, s' inginocchia e lo adora.



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Ecco il motivo perenne della sua verginità. Lo Spirito Santo, che al momento del concepimento si era impossessato di Lei, ha avuto il pieno sviluppo nel corpicino del Bambino durante il ciclo di nove mesi, al termine prefisso, voluto dalla legge di natura, Gesù, per virtù propria lascia il seno della Madre nella più perfetta illibatezza e verginità ed appare alla luce di questo mondo.

Nessuno aveva visto questo fenomeno; nessuno aveva sentito niente. La grotta era abbandonata e sconosciuta. Ma poiché Egli, era veramente Dio, i cieli si aprirono. Gli angeli uscirono festosi cantando il Gloria. I pastori si svegliarono, un' armonia celeste incantava la terra. Una stella lucentissima apparsa sulla grotta indicava il nato Messia. Il creato tutto si sconvolse ed inneggiava al Dio Creatore.

Dimmi o uomo: Qual' è quel re della terra che permetta ad un suo figlio di nascere in una stalla? Tutti ci teniamo a fare bella figura dinanzi alla società.

Qual' è quel sovrano che lascerà la reggia per andare a convivere con vili ed ingrati servitori?

L' ha fatto solo Gesù nella follia del suo amore spasimante per noi e viene corrisposto con ingratitudine, indifferenza e disprezzo. Uomo vigliacco ed assassino della tua stessa anima !

Ma non è tutto qui.

Le fonti della Divina Misericordia per l'umanità, non sono ancora esaurite.

Dopo la Vergine, S. Giuseppe, nel suo giubilo, in ginocchio adora il Bambino; poi viene la folla, i pastori ed Essi ricevono tutti; tutti però sono compresi di profondo rispetto e venerazione per l'intera Famigliola e rapiti dalla bellezza del Bambino.

Ecco perché Gesù ama di preferenza le anime semplici, gli umili, perché senza tante sofisticherie, senza voler in-


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dagare i suoi alti misteri, lo credono e lo adorano. Povero S. Giuseppe! Se da un lato era pieno di giubilo, dall'altro, quanti pensieri gli pullulavano nella mente ! Come avrebbe fatto ad affrontare il viaggio per Nazareth, con una giovane mamma ed un tenero bambino, senza mezzi di trasporto e senza panni, nel cuore dell' inverno ?

La Madonna a questo non pensava, tanto era assorbita nella contemplazione del Figlio. Però, per Lei, stava serbato un dolore ben più atroce che non doveva lasciarla

fino alla morte.

Otto giorni dopo, Gesù, versò il primo Sangue nella

Circoncisione.

Non fu però questo il dolore della Madre, perché lo sapeva, che ogni figlio maschio doveva sottomettersi a quel rito, per quanto ne provasse un vivo dispiacere

anch'Elia.

Dopo i quaranta giorni, voluti dall' uso di quei tempi, Essa uscì per andare al Tempio ad offrire a Dio il Bambino. Sacerdote allora, era il Santo vecchio Simeone, il quale, facendosi trovare sulla soglia del Tempio, accompagnato da una schiera di vergini con candele accese (ecco perché si chiama Candelora) prese il Bambino dalle braccia della mamma e se lo adagiò sulle proprie, profetando così:

« Adesso o Signore, puoi prendere in pace il tuo servo perché i miei occhi hanno veduto il Salvatore del mondo. E il Tuo cuore o Donna, sarà trapassato dalla spada del dolore perché questo Figlio sarà messo a rovina e a salvezza del genere umano ».

O mai fosse venuto quel momento terribile per la Vergine Santa ! Questo pensiero la martellò inauditamente in tutte le ore della vita. Dopo fece ritorno nella piccola casetta di Nazareth riprendendo la solita vita col santo sposo: di ritiro, di preghiera e di lavoro.

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MALVAGITÀ DI ERODE

Qualche tempo dopo, Erode, re di quei tempi, si vide deluso dai re Magi, i quali si erano recati da Lui per chiedere informazioni di Gesù, senza niente sapere che era una belva umana. La stella che aveva fatto credere a loro la nascita di Gesù e li aveva fatti muovere dall'Oriente, dopo essere stati da Gesù li guidò per un' altra via, senza farli passare più da Gerusalemme. Erode, attese invano il ritorno dei Magi per un certo tempo. Non vedendoli più ritornare, imbestialì a tal punto che emanò il decreto di trucidare tutti i bambini dai tre anni in giù. La superbia, la bramosia degli onori, l'invidia gli davano tanta paura che Gesù, Re Messia, avesse potuto togliergli il trono, da farlo giungere a tanto eccesso di follia, fino allora mai registrato nella storia.

Un angelo va in sogno a Giuseppe e gli intima di prendere il Bambino, la Madre di Lui e fuggire di nottetempo nella terra di Egitto.

Lascio immaginare al lettore, quale fu lo strazio del cuore dei due poveri genitori ! La loro preoccupazione ! La belva umana non si ritirò, se non quando fu saturo del sangue innocente; persuaso che anche Gesù si era trovato e che era stato spazzato via, come tutti i bambini di Betlemme. Era forse questa, per Maria, la spada preannunziata da Simeone? Senza dubbio un fortissimo dolore che, per quanto il Suo Bambino si era salvato, col cuore sensibilissimo di madre, comprendeva lo strazio delle altre mamme nel vedersi così strappati i propri figli, e poi a causa del Figlio suo.

C' era un dolore ancora più grande da superare, che le giunse come un fulmine a ciel sereno perché non l' aveva allatto previsto.


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GESÙ SMARRITO

Tutte le volte che entrambi Giuseppe e Maria uscivano, portavano con loro il Bambino. Quella volta si mossero per la solennità della Pasqua ed andarono a Gerusalemme. Gesù aveva 12 anni; non era più portato a mano, camminava da solo, però credendo uno che fosse in compagnia dell' altro e viceversa, giunti a casa di ritorno, s'accorsero che non era né con l' uno né con l' altro. Fu trovato dopo tre giorni di affannose ricerche nel tempio di Gerusalemme, dove era andato, eludendo la vigilanza dei genitori, per affrontare a tu per tu i dottori della legge.

E che ? Era forse indisciplinato Gesù, insubordinato, disubbidiente? Se il Vangelo ci dice ch'era soggetto ad Essi; poi si allontana, senza permesso, facendoli così spasmodicamente soffrire? Niente affatto? Gesù era il modello dei fanciulli di tutti i tempi che furono, che sono e che saranno. Se ciò permise, volle che soffrissero i genitori, affinché noi, prendessimo esempio da loro di ricercarlo immediatamente, quando l' avremo perduto con il peccato, e non ce ne stessimo tranquilli se non quando l' avremo ritrovato per mezzo d' una sincera e dolorosa Confessione e Santa Comunione.

Non altrimenti che questa doveva essere la spada predetta dal Santo Simeone. Ma questo scoglio era stato superato. E allora perché il suo cuore amoroso di madre, veniva stretto da una morsa infocata, prodotta da un nero presentimento, che non le dava tregua di giorno né di notte? Perché il suo « Fiat mihi » doveva presto cambiarle il nome !

Da madre di un Dio eterno e felice, doveva diventare la madre dei dolori, la Madre di un Dio condannato a morte.





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AMORE AMARO

Intanto Gesù cresceva a vista d'occhio, in bellezza fisica, in sapienza ed in bontà. E la mamma si affezionava sempre più, affezione di cui nessuna mamma del mondo può avere la pallida idea.

Nel suo cuore, pullulava un duplice amore per Gesù. Lo amava come figlio, di amore naturale, come Dio di amore soprannaturale. Era a Lui che si era votata sin da bambina. Era Lui che amava bramosamente e che voleva servire nel tempio per tutta la vita. Se accettò la maternità, fu perché voleva piacergli in tutte le manifestazioni. Se pronunziò il « fiat » fu perché si slanciava completamente al Suo divin volere.

Ora, l' amore naturale, unito al soprannaturale è qualche cosa d'inesplicabile, d'indicibile. Quanto più l'anima è perfetta, tanto più aumenta la capacità di amare; questa capacità, aumenta d'intensità e di volume quando l' amore si fissa sopra un solo soggetto. Gesù era Figlio unico di Maria SS., quindi tutti i pensieri, tutti gli affetti, tutta l' anima sua erano concentrati esclusivamente in Lui. Essa, era completamente estranea alle cose di questo mondo. Il suo corpo, era così puro, così scevro da ogni attaccamento materiale che si poteva chiamare angelo vivente sulla terra.

Pari all' amore è il dolore. Sono due gemelli indivisibili. In che modo: l'anima nell' amore prova il pieno godimento, ed è da questo godimento che nasce la paura di perdere l'oggetto amato. Ecco il dolore insito nell'amore.

E' vero che molte volte la paura può essere frutto d' una ipersensibilità e può rimanere nel campo ipotetico; per la Vergine invece, niente di tutto questo. La formula



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categorica, positiva, decisiva di Simeone aveva escluso ogni, forse, ogni, chi sa, che ne allevia lo spirito con una certa speranza. Per lei era l'incubo lacerante, foriero di quell' immane dolore che le avrebbe stritolalo il cuore sul Calvario. Era certezza. Insomma, il martirio della povera Madre, durò trentatre anni fino alla vetta del Golgota.

Forse Gesù, non intuiva le segrete amarezze della Mamma sua? Altroché e ne condivideva internamente, senza darsi ad intendere. I loro sguardi si scambiavano e si penetravano in fondo al cuore l'uno dell' altro.

Non si erano mai separati. Non c' era mai stato un piccolo screzio tra di Loro. La compagnia l'uno dell'altro, formava il piccolo paradiso sulla terra nella augusta casetta.

Paradiso sì, ma paradiso di dolore! La vista di entrambi, era segreto tormento per tutti e due.

Gesù avrebbe voluto risparmiare tanta sofferenza al Cuore Immacolato della Mamma sua, ma non poteva più desistere dal proposito preso. Egli aveva volontariamente firmato il decreto della sua condanna col « Fiat » davanti al Padre Celeste, e con un' altro « Fiat » nell' orto degli ulivi doveva sanzionare quaranta secoli di storia che l' avevano preceduto.

E poi c' è un altro fattore.

I trent'anni erano passati. La maturità per la sua missione era giunta. L'amore per l'umanità era giunto al colmo, non poteva più contenerlo in sé, era diventato pensiero assillante che doveva esternare solo con la morte e con la morte di croce.

« Desiderio desideravi » ecc. aveva detto.

Desiderava ardentemente immolarsi per la Pasqua perché voleva subito effettuare la conversione dell' umanità.

« Quando sarò elevato sulla Croce trarrò a me il mon-

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do intero».Quindi, l'amore per la Mamma era diventato secondario, stando così le cose. Tant' è vero che, quando i discepoli lo avvertirono che c' era la mamma e i fratelli che fuori l'attendevano, Egli rispose: « Mia Madre e i miei fratelli sono coloro che ascoltano la parola di Dio e la mettono in pratica », e continuò a predicare. Segno evidente che l'amore per le anime superava l'amore materno.

Dunque non c' era via di scampo ! Crocifisso nel corpo il Figlio! Crocifissa nel cuore la Madre!

LA SEPARAZIONE

I trent'anni per Gesù erano scoccati. Doveva cominciare la sua vita pubblica di apostolato. S. Giuseppe era morto nelle braccia di Gesù e di Maria, assistito amorevolmente da Essi.

La mamma si licenziò da Gesù per non rivederlo che durante la « Via Crucis ». E come lo vide ? Tutto flagellato, sanguinante, con una rozza ed enorme croce sulle spalle, in mezzo ai malfattori che lo trascinavano e lo percuotevano con funi nodose.

Povera Madre ! Era rimasta sola, desolata. Priva del padre, priva del Figlio, in compagnia di poche pie persone che a quei tempi chiamavano fratelli e sorelle, ma che in effetti non erano tali. Era rimasta sola, in balia dei più atroci pensieri che le presagivano la prossima fine del diletto ed adorato Figlio.

LETTORE: non ti senti spezzare il cuore ? Chiunque tu sia o uomo o donna, continuerai ancora a bestemmia-


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re questa Madre buona che, con un solo « Fiat », innocente, senza nessuna colpa, è diventata spettacolo di dolore per aprire a te le porte del Paradiso ?

Quali sono stati, nel licenziarsi, i colloqui tra Madre e Figlio non lo sappiamo. Possiamo solo immaginarlo.

LA DIVINA CHIAMATA

Gesù se ne andò. Si mise in giro per tutta la Palestina. Si scelse i discepoli in numero dì dodici mano mano che camminava. « Ei chiamò a sé quei che volle » dice il Vangelo. Pescatori di Galilea, gente rozza, ignorante, ma di animo semplice pronta a ricevere il seme della parola di Dio, tranne Giuda avaro, malizioso e ladro che poi doveva tradirlo.

Era già tempo che « la lucerna non doveva stare più sotto il moggio, ma sul candelabro ». Questa lucerna era Gesù che con la sua parola doveva illuminare il mondo lasciando i trent'anni di vita ritirala e nascosta. In compagnia dei discepoli iniziò il suo itinerario attraversando mari, laghi e fiumi, ammaestrando le genti, portando loro la lieta novella e la nuova parola di amore, di pace e di perdono. Vocaboli addirittura ignorati dal dizionario di quei tempi, perché allora, la parola d'ordine era una sola: «Occhio per occhio, dente per dente».

La dottrina di Gesù distruggeva questa frase, che significava vendetta, e la sostituiva con un' altra: « Amore e perdono ».

Con l'amore rivelò e fece conoscere il Padre Celeste, con il perdono rivelò e fece conoscere se stesso sul Mon-


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te Calvario. Amore e perdono hanno lo stesso significato.

I discepoli si stringevano sempre più intorno a Lui; le turbe Lo seguivano; dovunque passava faceva del bene: dava la vista ai ciechi, l'udito ai sordi, ai muti la parola, agli infermi la sanità, risuscitava i morti, scacciava il demonio dagli ossessi, metteva pace fra i litiganti, moltiplicava i pani, sedava le tempeste dei mari. Insomma, i suoi tre anni di apostolato, non furono che una semina continua ininterrotta di miracoli.

Fra i tanti miracoli, c'è ne uno di grandissimo significato che apre la via alla lunga serie degli altri ed è il cambiamento dell' acqua in vino nelle nozze di Cana, di cui mi riservo in seguito un po' di commento.

Tutti si domandarono, compresi i discepoli:

Ma chi è quest' uomo di straordinaria bellezza che affascina i popoli interi di un portamento nobile, austero da farsi rispettare da tutti; di una parola potente da comandare ai venti e ai mari; dallo sguardo profondo e scrutatore (per quanto dolce) da suscitare financo il turbinio nell'anima, la scossa nella coscienza? Eh ! sì, era proprio Lui che scuoteva il nido di Satana in fondo alle anime. Satana si vedeva rimosso dal suo giaciglio, percosso, scacciato e schiacciato tanto che una volta ebbe a dirGli: « Cosa, Gesù ho da fare io con te? Lo so che sei figlio dell' Altissimo, lasciami in pace, non mi tormentare». Ma Gesù comandò che uscisse da quel corpo, e fu precipitato negli abissi. Egli aveva detto: « Non son venuto fra voi per mettere pace, ma guerra». Cioè: morte al peccato, guerra a Satana, guerra agli idoli ed alle divinità pagane. Sconfitta generale di tutti i nemici dello spirito. L'anima, a mezzo della sua morte di Croce, deve vincere; deve uscire dalla schiavitù di Satana, dal gioco infernale e andar legittimamente al Suo Creatore, perché:


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« A Dio quel che è di Dio, a Cesare quel che è di Cesare ». Malgrado che Gesù avesse tantissime volte scacciato Satana negli abissi, Satana non si arrese. Lasciava quelli ch'erano vicino a Gesù, anche perché mal tollerava la presenza di Lui. (Ecco la necessità di non stare mai lontani da Dio). E andava a piantare le sue tende in quelli che stavano lontani, specie nelle anime dov' era annidata la superbia, l' avarizia, l' invidia, la lussuria. Vittima di questi peccatacci fu per primo Giuda, suo discepolo, indi tutti i membri del Sinedrio, infine tutti quelli che avevano chiuse le orecchie alla parola di Lui.

VITTIMA DIVINA

I tre anni della Sua missione divina volgevano al termine. La Pasqua si avvicinava e richiedeva ineluttabilmente una vittima secondo l'annuale consuetudine. La brama di distruggere il regno di Satana lo divorava, perché l'amore per l'umanità era diventato straripante, incontenibile, si preparava ad essere vittima, sotto la furia, dei carnefici a guisa di agnello sotto la mano di colui che lo tosa.

In che modo?

Si ritirò nel deserto, ove passò quaranta giorni e quaranta notti nel perfetto digiuno ed orazione. Satana vede con rabbia che il suo regno comincia a sgretolarsi. Ricorre ad un espediente chissà poterci riuscire. Si atteggia ad un mite e ricco signore e va da Gesù per tentarlo. Gesù si lascia tentare ma non cede alla tentazione. Vuole con ciò dare esempio a noi, che non sono le tentazioni che fanno male ma il consenso ad esse.

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Satana lo porta su di un alto monte, gli promette tutti i regni della terra se s'inginocchia davanti a lui, indi gli fa sentire una forte fame e lo invita a cambiare le pietre in pane, infine lo provoca a buttarsi dall' alto in basso che come Figlio di Dio si salverebbe lo stesso. Gesù lo cacciò via e non gli permise più di tormentarlo.

Anche i duri quaranta giorni erano trascorsi. Era necessario che prendesse possesso della santa città, quella città che aveva visto le glorie più antiche, le ricchezze più fastose nel grandioso singolare tempio di Salomone, nientemeno da far muovere, a suo tempo, financo la Regina di Saba per ammirarlo, tanta era la fama della grandezza, della bellezza e della ricchezza.

Eppure di questo tempio non doveva restare pietra su pietra, perché era diventato teatro di oscenità pagane. Né dell'intera Gerusalemme perché spietata doveva assistere al deicidio.

Il profeta aveva pianto e gridato:

« Gerusalemme Gerusalemme convertiti al Signore Dio tuo ».

Gerusalemme non ne volle sapere, induriva sempre più il cuore; Gesù aveva detto: « Distruggerò questo tempio e in tre giorni lo riedificherò ».

La promessa si avverò. Gesù morì e dopo tre giorni il tempio del Suo Corpo risuscitò a vita di gloria immortale. Ma Gerusalemme non si riedificherà mai, resta e resterà nella storia col marchio nero della città Deicida.

Gesù, radunati i discepoli, sopra un puledro, simbolo della mansuetudine e maestà insieme, fece ingresso nella città di Gerusalemme dove fu accolto festosamente con palme di ulivo e con grida osannanti « Osanna osanna al figlio di David » .

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VOLUBILITÀ UMANA

Potenza dei cieli !!!

Possibile che l'uomo non deve avere nessuna stabilità, deve essere così volubile proprio come il tempo che presto si muta?

Possibile che non deve tenere per niente in considerazione il bene ricevuto?

Anzi è proprio il bene che si fa, la caparra sicura del male che si deve ricevere dal beneficato. E allora desistere dal fare il bene ?

Niente affatto.

« Se fate il bene allo scopo di riceverne il ricambio, che merito avrete dal Padre mio Celeste? avete già ricevuto in questo mondo la ricompensa», aveva detto Gesù nel suo Vangelo. E altrove: « In compenso del bene che fate vi sarà data la vita eterna » .

Sta bene ! Almeno non essere ricompensali col male, se non altro, si rimane indifferenti.

Neanche questo. Occorre elevarsi sulla mediocrità. Bisogna raggiungere la perfezione. E come ? « A chi ti da uno schiaffo presentagli l' altra guancia e a chi ti toglie la tunica cedigli il mantello ». Questo lo disse per noi, non per Lui. Non fu la seconda guancia ch' Egli presentò al ferale schiaffò del carnefice, fu tutto il suo corpo, né fu la sola tunica che cedette quando lo denudarono ma tutto se stesso. Tre giorni dopo, precisamente dalla Domenica delle Palme al mercoledì santo quell' Osanna si cambiò, in « Crucifige ». Quelli stessi che erano stati in mille modi beneficati; che avevano mangiato i suoi pani e si erano saziati; che avevano assistito a tutte le manifestazioni di amore e di bontà acclamandolo ad alta voce, si erano lasciati diabolicamente sedurre, avevano fat-



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to penetrare nel cuore loro la bava satanica, da cui era scaturito il grido blasfemo: « Morte a Gesù, viva Barabba » . Gesù non si scompose: « Jesus autem tacebat », si dovevano compiere le scritture. Il trono di Satana, raffigurato nelle deità pagane, si trovava agli sgoccioli; e come il moribondo, lotta fra la vita e la morte, così Satana fa sentire il suo convulso rantolo attraverso le grida feroci degli spietati ebrei. Popolo maledetto, che andrà sempre ramingo senza poter trovare più pace in questo mondo. « Il sangue di Lui scenda sopra di noi e sopra dei figli nostri ».

Il sangue di Gesù scese, ma come lavacro dì redenzione e di vita.

Però, prima di essere irrigate le vie del Golgota, doveva effettuarsi il mistico piano prestabilito ed architettato dall' eccesso del suo amore misericordioso.

Perché - disse Egli - l'esistenza di un Uomo-Dio deve confinarsi in soli trentatre anni di vita terrena? I miei che hanno seguito me, perché li devo lasciare nel pianto e nella desolazione senza potermi più vedere?

« Non vi lascerò orfani » aveva detto un giorno ai discepoli parlando della sua prossima fine. « Rimarrò con voi fino alla consumazione dei secoli». Ove ci sarà l'ultimo sacerdote ci sarò sempre io, ma ad un patto: che « mangerete la mia Carne e berrete il mio Sangue ».

«Come»? si domandavano l'un l'altro. « Gli vogliamo tanto bene, poi giungeremo niente di meno che a mangiarlo ? È assurdo ! È duro questo parlare ».



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MISTICA PROMESSA

Sì. « In verità in verità vi dico, se non mangerete la carne del figlio dell' Uomo e non berrete il suo sangue, non avrete la vita eterna ». « Se invece mangerete la mia carne e berrete il mio sangue, io vi risorgerò nell' ultimo giorno; cioè vi perdonerò i peccati e vi condurrò con me in Paradiso ». Cosa è la manna che gli ebrei mangiavano nel deserto, di fronte al Pane che io vi darò? « Io sono il Pane vivo disceso dal cielo ». « Chi mangia di questo pane e beve di questo sangue non avrà più fame né più sete in eterno ».

Dinanzi a questa formula così perentoria e categorica, i discepoli piegarono la testa senza più discutere come non dobbiamo più discutere noi. Dobbiamo solo credere e convincerci che esso è un pegno di amore legato ad una sanzione. La mezzanotte era giunta. Ad uno ad uno chiamò i suoi dodici compreso il traditore; li dispose attorno alla tavola formando il cenacolo. Egli si sedette in mezzo ad essi. Dopo averli amorosamente guardati, il suo sguardo .profondo irresistibilmente si fermò a lungo

negli occhi di Giuda.

Cosa avvenne nell'animo del traditore? Nessun pennello ha potuto esprimerlo. Un brivido dalla punta dei piedi alla cima dei capelli lo fece tremare come una foglia, ma resistette tanta era la forza di Satana in lui, tanta era l' avidità dei trenta danari e d'imprimere sul volto Santo di Gesù il bacio deicida.

L'insensato avaro, non sapeva che i trenta danari non li avrebbe goduti neppure per un minuto e gli sarebbero costati la dannazione eterna.

« Sarò dato nelle mani dei peccatori » - aveva profetato Gesù - « ma guai a quell' uomo che mi bacerà per


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farmi conoscere da essi » . « Sarebbe stato meglio che non fosse mai nato ». Difatti dopo il bacio, buttò via la borsa e sì andò ad impiccare.

La lavanda dei piedi era stata eseguita, anche a Giuda. Gesù aveva lavato i piedi e glieli aveva baciati, perché nessuno deve presentarsi al banchetto Eucaristico senza essersi prima purgato con una sincera confessione. Questa sincerità in Giuda mancò e, malgrado che era stato lavato dalle mani stesse di Gesù, il demone dell' avarizia

lo mascherò d'ipocrisia, e si comunicò come tutti gli altri, mangiando indegnamente le carni immolate di Lui, suggellando così la propria eterna condanna.

Oh ! quanti Giuda sono seminati nell'umanità, che si accostano alla S. Comunione con l'anima nera dell'odio, dell' impurità, del furto, dell' ira, della superbia credendosi al di sopra di tutti gli altri ecc. dimentichi che Gesù si umiliò in tutto il corso della sua vita, col nascere in una stalla fra immondi animali, col vivere poverissimamente, col baciare i piedi dei discepoli, financo dell'immondo Giuda e con la morte infame di croce, patibolo riservato solo ai malfattori.

Erano le ore 24 « In supremae nocte ceriae » ecc. Gesù in mezzo ad essi, ai discepoli, raccoglie tutte le forze dell' anima sua, prende il pane e lo benedice, alza gli occhi al cielo per dare ad intendere che con lui era i! Padre, indi li abbassa, si piega sul pane e vi pronunzia le immortali, inconsuete, sublimi parole:

« Hoc est Corpus meum ». « Questo è il mio corpo, prendete e mangiate affinché io rimanga in voi e voi in me ». Indi prende il calice dov' era il vino, vi compie lo stesso gesto, poi dice autorevolmente: « Prendete e bevete, è

il sangue del mio nuovo testamento che sarà sparso per la remissione dei peccati: fate questo in memoria di me ».


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Poi spezzetta il pane, si ciba prima Lui, indi passa un pezzo per ciascuno ai dodici. Parimenti fa del vino, dando così a mangiare la sua carne, e a bere il suo sangue come aveva predetto.

Un po' di riflessione:

Dunque una sola frase ci fa tenere un Dio-Uomo in mezzo a noi nella Santa Eucarestia e dentro di noi quando lo riceviamo nella S. Comunione. E chi è Gesù Cristo, se non il Verbo incarnato nel seno della Vergine, come abbiamo già visto? Verbo cioè Parola. Ascoltiamo S. Giovanni: « In principio era il Verbo ed il Verbo era presso Dio ed in principio era Dio ». Stando a questa categorica affermazione, lo scetticismo ateo non ha proprio ragione di esistere perché noi abbiamo Dio nella parola, e siccome non siamo fatti di solo spirito per poter penetrare in questa Parola e vedere Dio faccia a faccia, ma abbiamo il corpo che costituisce un ponte fra la Divinità e l' umanità, ecco che Gesù Cristo si servì degli accidenti del pane e del vino per rendersi accessibile, palpabile, rimanendo in essi vivo, vero, corpo, sangue, anima e divinità che vedremo in paradiso, se l'avremo meritato col crederlo e coll' ubbidienza alla sua dottrina e alla sua santa legge.

« Misterium fidei » - ci dice la Chiesa -. Ed è proprio vero che sono cose da guardarsi con l' occhio della fede, tanto sono grandi in se stesse e tanto è piccolo il nostro comprendonio. Però se si pensa ai frutti dell' Eucarestia e alle grandiose conseguenze, la fede si renderà più esplicita e più robusta perché a Dio niente è impossibile, tranne il peccato.


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MISTICA DIMORA

La sorgente del suo ardente amore per l' umanità si era esaurita, non restava che l'Olocausto finale. Lo scopo lo aveva raggiunto di rimanere con noi fino alla consumazione de i secoli.

E dove? E come avrebbe potuto perpetuare se stesso, se non avesse creata una dimora degna di Lui ? E come avrebbe potuto far sussistere questa dimora, se non avesse stabilito i competenti Ministri?

Ecco che nella stessa « suprema notte » in virtù delle mistiche parole, dal suo cuore Immacolato e lacerante scaturisce l' Eucarestia, la Chiesa Cattolica, il Sacerdozio cattolico e la santa Messa che ci doveva ricordare quotidianamente il sacrificio della Croce, sebbene incruento.

Ecco perché aveva detto: « Fate questo in memoria di me ». Istituzioni, annesse e connesse tra di loro che non potranno mai disgiungersi perché l'uno da la linfa all'altro.

« Io sono la vite » disse un giorno, « Voi siete i tralci ». I tralci sono i sacerdoti cattolici fondati da Lui, i quali, nutrendosi del mistico vino della sua vite, trasmettono ai fedeli il sacramento Eucaristico donando e ridonando la grazia santificante prodotta dallo stesso sacramento, e nell'unica Chiesa Cattolica-Apostolica-Romana.

E assurdo quindi, volersi credere salvi fuori della Chiesa Cattolica. E l'unica che possiede Cristo Dio, è l' unica che fa i santi, è l' unica che sussiste e sussisterà contro tutti i marosi, contro tutte le bufere che furono, che sono e che saranno, perché è la rocca forte di Pietro fondata dalle parole di Cristo in virtù ed in forza della stessa Parola.

......E su questa pietra fonderò la mia Chiesa e le

porte dell' inferno non prevarranno contro di essa ».

Adoriamo perciò questo Dio di bontà e di amore sot-

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to i mistici veli Eucaristici. Se non possiamo comprenderlo, perché troppo profondo, fidiamoci al pensiero dei grandi, che, pur sapendone più di noi, piegavano la fronte come la piegò Dante quando disse: « State contenti umana gente alquia che se potuto aveste saper tutto mestier non era partorir Maria ».

ORE STRAZIANTI

La cena era terminata. Tutto era compiuto. Gesù aveva fatto cenno al tradimento additando il traditore, il quale spudoratamente si schermì: « Son forse io Maestro?» « Tu lo dici ». Queste parole lo colpirono come un fulmine e si cacciò via nell' orto degli Ulivi. Gesù prende con sé i più cari, i più intimi: Pietro, Giacomo e Giovanni e si avvia nell' orto, s'inginocchia sotto un albero di ulivo e si mette a pregare. Aveva pregato i tre apostoli a volergli tenere compagnia con la preghiera, perché era troppo arduo il momento che doveva attraversare. Invano ! si addormentarono. Come in una scena cinematografica, così davanti alla mente di Gesù passarono ad uno ad uno i quadri della sua amarissima passione. Era tanto il peso sull' animo suo; era tanta l' oppressione del Suo Cuore, al pensiero che l' umanità si sarebbe macchiata del più grande delitto, che si sarebbe presentata a Dio intrisa del sangue del Figlio di Lui, che sentì le vene come stringersi a guisa di spugna da bagnarli tutto il corpo di un sudore di sangue. A questi pensieri si aggiunge quello della morte straziante che doveva fare e che il Sangue suo per molti sarebbe stato sparso invano. In questo mentre si presenta l'Angelo con il calice e lo invita a bere. Cosa deve

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bere se ormai l'anima sua è satura di amarezza da sentirsi scoppiare il Cuore ?

« Quello che devi fare fallo presto » disse a Giuda. « E' giunta la mia ora ». Ora funesta!... Ora tremenda!... La lotta fra la vita e la morte la ingaggiò anche lui, lo spettro dell'agonia lo tormentava! Era uomo. Si era fatto uomo e come tutti gli uomini doveva affrontare gli strazi dell' agonia e la legge della morte.

E' assurdo, ed è eresia voler credere che Gesù fisicamente non soffrì solo perché era Dio.

No, assolutamente no. Egli era Dio, ma dopo la Cena, la sua Divinità non la fece più prevalere in Lui, quasi la restituì al Padre, ed Egli, come il più vile dei malfattori, fu bistrattato dalla furia spietata della carnefice plebaglia. Accetta il calice dalle mani dell'Angelo, lo eleva al cielo, e pieno di angoscia dice: « Padre, se è possibile allontana da me questo calice. E' troppo amaro ». « Peraltro si faccia la Tua volontà, non la mia ». « Fiat voluntas Tua ! »

Come poteva il Padre esaudirlo se ancora una volta con il suo « Fiat » aveva firmata da sé l' ultima condanna? Il Padre chiude le orecchie e non lo ascolta, ed Egli beve il calice fino all' ultima goccia. Forse il Padre non lo ama più da essere divenuto insensibile? No. Tutto fa per amore sviscerato verso l' umanità e vuole che il Figlio versi il Sangue fino all' ultima goccia pur di redimerla e di salvarla.

La prima ora di agonia nell' orto era già passata. Erano le due di notte. Gesù si alza, va dai suoi discepoli e li trova addormentati. « Come? Io a soffrire e voi non avete potuto vegliare un' ora sola con me? » « Vegliate, e pregate affinché non cadiate nella tentazione, Satana rugge come un leone intorno a voi e cerca di sedurvi ».



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E si allontana quanto un altro tiro di sasso, raggiunge lo stesso albero e si mette a pregare. Passa così con uno strazio maggiore un' altra ora.

Di nuovo si alza, va dai suoi discepoli ancora addormentati.

« Dormite pure; ormai non ho più bisogno di voi, sono già nelle mani dei peccatori ».

IL BACIO TRADITORE

Nel frattempo, con occhi ribollenti di fuoco, pervaso fin nelle midolla dello spirito di Satana, sbuca Giuda, si avventa addosso e lo saluta: « Ave Maestro » e lo bacia sulla guancia. Gesù si volta, lo fissa negli occhi, nello stesso modo che lo aveva fissato nell' ultima cena e risponde: « Amico a che fine sei venuto? con un bacio tradisci il Figliuolo dell' uomo? »

TI bacio! L' espressione più bella dell'affetto che dovrebbe elevare i sentimenti alle più alte sfere, diventa l'assassino di Gesù e l' assassino delle anime facendole cadere nell'impudicizia. Giuda non si era ancora staccato da Gesù, ed ecco che una folla turbolenta e smarrita nell' oscurità, con fiaccole accese si addossa a Gesù per catturarlo, ma Gesù ancora una volta mostra la sua potenza, ed essi caddero a terra tramortiti.

« Siete venuti con spade e bastoni quasi fossi un delinquente; quando poco fa, io ero in mezzo a voi, perché non mi avete preso? .« Ego sum » Alzatevi. Andiamo. Non avreste nessun potere su di me se non vi fosse dato dall' alto ».

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A Giuda viene consegnata la borsa ma egli la rigetta e quelli la respingono perché era prezzo di sangue. Era maledetta.

Giuda viene preso dal rimorso che gli lacera il cuore, lo stritola, lo schiaccia, diventa insopportabile a se stesso, tanto si vede losco e obbrobrioso che fugge lontano, nello stesso orto, in preda alla più atroce disperazione, si lega ad una fune e s' impicca ad un albero.

E' la sorte di tutti i peccatori che non fanno ricorso a Dio per chiedergli perdono.

Dove sta il corpo di Giuda? Non si sa. Io penso che Satana se l' avrà inghiottito, per rigettarlo anima e corpo nell' inferno.

AVANTI AI TRIBUNALI

I manigoldi, per timore che Gesù potesse scappare, lo legano da malfattore e lo conducono al tribunale di Anna, il quale, non volendolo condannare da solo, lo manda a Pilato Governatore di Gerusalemme. Pilato non vuole assumere la responsabilità perché non trova in Lui nessun reato. E' innocente. L'unica colpa è che si era chiamato Figlio di Dio, come effettivamente era. Non aveva fatto altro che testimoniare la verità.

Benedetta verità. Come suona male alle orecchie dei falsari, che cercano in mille modi d'infangarla, ingannando la propria coscienza con le più nere calunnie. Pilato lo manda da Erode.

Povero Gesù, così puro, così innocente, di tribunale in tribunale.

Erode era re. Un lussurioso di prima categoria. Appe-

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na vede Gesù ne gongola di gioia satanica perché viene soddisfatto nel desiderio di vedere questo uomo famoso che aveva sovvertito i popoli e che lui non vedeva l' ora di toglierlo davanti ai piedi perché la dottrina del Cristo cozzava molto con le diaboliche teorie di lui. Con beffa e irrisione gli fece mille sciocche, domande, ma Gesù taceva « Jesus autem tacebat ». Non lo degna d'una sola parola, tanto era il puzzo della superbia e dell' impudicizia che lo nauseava. Erode indispettito ed insoddisfatto per non averlo sentito parlare, lo deride e, in segno di scherno, gli fa delle smorfie sul viso, lo sputa financo come fosse un cencio e sbellica dalle risa chiamandolo pazzo. Lo fa vestire di bianco e lo rimanda a Pilato. Pilato si sente gravemente imbarazzato anche perché la moglie gli aveva detto di non ingerirsi nelle cose di quell' uomo perché ella lo aveva sognato, era innocente, era un giusto. Quindi l' anima di lui era in tumulto. Non sapeva dove aggrapparsi se al consiglio della moglie o alla paura di perdere l'amicizia di Cesare il quale, in qualità d'imperatore, gli sarebbe stato utile nella sua carriera politica. Dei due pensieri fa prevalere il secondo, tanto per una restrizione di idee, lo condanna alla flagellazione.

FLAGELLI E SPINE

Gesù viene portato giù nell' atrio del pretorio, viene spogliato nudo, legato ad una colonna poco più alta di mezzo metro, i manigoldi si armano di funi e di cuoi con punte acuminate di ferro, ed inferociti a più non posso, gli fanno una scarica di colpi da ridurlo tutto una piaga, con-

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trariamente alle legge romana, la quale non permetteva più di quaranta colpi, mentre per Gesù furono infinite le battiture. Quando furono esauriti, non avendo più la forza di battere, inventarono un nuovo genere di supplizio: formarono una corona intrecciata di acutissime e lunghe spine e a forza di colpi di canne e di bastoni gliela conficcarono sulla fronte da penetrargli nel cervello e lo insultavano deridendolo: « Ave re dei Giudei » .

Povero Gesù ! Muto come un agnello si lascia di nuovo trascinare davanti a Pilato il quale credendo di aver saziata la brama deicida del popolaccio, lo mostra dalla loggia dicendo: «Ecco l' uomo come avete ridotto il vostro Re; Che ve ne pare?» Ed essi a squarciagola: « Sia Crocifisso, morte a Lui, vita a Barabba.

Chi era Barabba? L' assassino più diffamato di quell' anno nientemeno preferito a Cristo.

« Se ci liberi Cristo ― gridavano ancora ― non sarai amico di Cesare ». E il vile, il timido, pur riconoscendolo innocente, si lava le mani e lo abbandona alla carneficina, e come ultimo attestato della sua supremazia, per un maggiore insulto, ironicamente scrive un cartello da infiggere sulla Croce con le sigle: « Gesù Nazareno Re dei Giudei » .

Oh ! pusillanime e crudele Pilato ! per un' amicizia tanto effimera di Cesare, perdi la grazia del tuo Dio. I secoli passeranno ma tu non avrai mai pace. Il tuo nome di bocca in bocca, in ogni minuto del giorno e della notte, resterà il marchio più nero nella storia, il nome più nefando [* discutibile] nel Credo cristiano: « Patì sotto Ponzio Pilato, fu crocifisso, morto e sepolto » .

Indi gli fecero notare che non aveva scritto bene. Doveva scrivere « Gesù si è fatto re » ma Egli rispose: « Ciò che ho scritto ho scritto » . Da ciò si rileva, che la scrittura con-




* Giudizio forse un po' troppo severo, poi questo nome potrebbe essere stato scelto come riferimento temporale.


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tiene una legge irrevocabile a cui nessuno deve sottrarsi. In questo caso è la legge del dolore che s' impone a ciascuno di noi, e tutti, grandi e piccoli, nobili e plebei, ricchi e poveri, vogliamo o non vogliamo dobbiamo abbracciare la croce e portarla come Gesù fino al monte Calvario, cioè fino all'estremo anelito della nostra vita.

Quale sublime attestazione aveva fatto Pilato a Gesù con quell' ironico cartello ! Chi altro all' infuori di Gesù può essere il Re del cielo e della terra, delle menti e dei cuori, che sin da principio regna, trionfa e signoreggia nelle anime pure, nelle anime innamorate di Lui? Egli è il re d' amore, il re di pace, re di mansuetudine.

Eppure lo fecero re di ludibrio con una corona di acutissime e pungentissime spine senza che egli emettesse un lamento, una sola parola in propria difesa.

Che vergogna per noi ! Si giunge financo all' omicidio, si giunge a distruggere l'intero patrimonio alla giustizia per non saper tollerare una sola parola ingiuriosa o di offesa.

LA CONDANNA

La carnefice masnada era pronta. I macellai di Gesù erano saturi di odio fino alla gola, armati di tutto punto. Ormai Pilato aveva dato loro ampia facoltà, lo aveva abbandonato nelle loro mani, potevano fare quel che volevano. I discepoli per paura di essere coinvolti nel processo, erano fuggiti via; era rimasto nel cortile solo Pietro a riscaldarsi presso un braciere il quale per essere stato riconosciuto da una fantesca come amico di Cristo, smentisce con giuramento, rinnegandolo per ben tre volte,

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dimenticando che Gesù lo aveva messo a capo dell' intero mondo cristiano. Però non cadde nella disperazione come Giuda. Al canto del gallo preannunziato da Gesù si ravvide, pianse amaramente ed ottenne il perdono.

Dalla loggia di Pilato. Gesù fu portato fuori del palazzo. E' condannato a morte.

Gli mettono addosso una clamide rossa, gli legano una fune alla cinta, gli preparano una rozzissima e pesante croce, molto più lunga della sua persona, gliela mettono addosso e a forza di staffilate via per il monte.

LA VIA DOLOROSA

Era esausto. Aveva digiunato quaranta giorni. Aveva perduto tanto sangue nella flagellazione ! A tutti i dileggi e a tutte le ferite, si aggiunge la via irta e tortuosa; ecco che le forze gli vengono meno e cade la prima volta. A forza di colpi, si alza e riprende il cammino.

Il cuore della mamma era in tumulto. Essa non si dava pace, voleva vedere il Figlio, non resisteva più per il dolore e l'ansietà. Le informazioni che attingeva di qua e di là erano gravi. Finalmente vede arrivare Pietro il quale, in dirottissimo pianto, si butta ai suoi piedi e implorando da Lei perdono, le annunzia la ferale notizia. E' questa la spada predettale da Simeone?

Sì, o Madre, muoviti, altrimenti non farai in tempo a vederlo vivo. Questa è solo la punta della spada: essa ti sarà conficcata tutta intera nel cuore e te lo squarcerà. In compagnia di Giovanni, di Maria di Magdala la peccatrice e di Maria di Cleofa si avvia. S' incontrano alla quarta stazione della « Via Crucis ».

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Maria guardò negli occhi profondi e quasi vitrei del Figlio e il Figlio togliendosi un grumo di sangue dagli occhi, guardò gli occhi profondi e lacrimosi della madre. Si scambiarono gli sguardi. Si parlarono cuore a cuore. Cosa si dissero? ogni mamma può immaginarlo. Il cammino prosegue. Un' altra breve sosta si ha dalla presenza d'una compassionevole donna chiamata Veronica la quale vedendo il volto di Gesù tutto sputacchiato, impolverato ed insanguinato, prende un panno di lino pulito, bianco e glielo va ad asciugare con tanta compassione.

Si arriva così alla sesta stazione.

I giudei temendo che Gesù finisse per la strada, senza potersi godere più lo spettacolo finale, ad un uomo che si ritirava dalla campagna, di nome Simone il Cireneo obbligarono a prendere la Croce. L'uomo si rifiutò perché era stanco, ma poi, o perché ebbe paura delle botte, o perché ebbe compassione di Gesù, finì col cedere, però per breve durata. Gesù nel riprendere la croce, la trovò ancora più pesante, sia perché le forze le perdeva sempre più, sia perché la via si faceva sempre più irta e più brutta. Così non resistendo, cadde la seconda volta. Come una bestia da macello lo fanno rialzare. A via di percosse e di funi si giunge all' ottava stazione dove s'incontra con un gruppo di pie donne piangenti. Le guarda e dice loro: « Non piangete sopra di me, ma sopra di voi e dei figli vostri » cioè, sui peccati passati, presenti e futuri i quali mi hanno ridotto in questo stato. Si cammina ancora un poco e cade più gravemente ancora per la terza ed ultima volta; la mamma segue col cuore straziato il barbaro ed inumano pellegrinaggio.

Si giunge finalmente alla cima del Monte. Gli strappano di dosso la veste. Le carni erano state squarciate, le ferite erano vive ed aperte, il Sangue che da esse scorre-

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va, aveva fatto in modo che la veste fosse attaccata fino alle ossa e, siccome il sangue subito si coagula, la veste era diventata tutt' una con la carne. Immaginarsi che violenza dovettero usare quelle belve per potergliela strappare, le carni a brandelli erano attaccate alla veste, oltre agli spasimi che gli produssero con la rimozione della corona di spine.

Gli tolgono di dosso la croce, la quale, per essere stata molto lunga ― fatta apposta per farla primeggiare sul monte e per farla emergere sulle altre due, ed anche perché la via era tutta in salita, si rendeva impossibile portarla sospesa, la portava trascinando ― rozza e pesante com' era, lo strofinio gli produsse una piaga nascosta alla spalla profonda tre dita che gli rosicchiò financo l'osso.

Era tanto lo spasimo di questa piaga ― ebbe a dire a S. Bernardo ― che sarebbe bastata da sola a dargli la morte. Perciò volle che fosse onorata con tre Pater, Ave e Gloria ogni giorno.

OLOCAUSTO FINALE

I giudei prendono la croce, la mettono orizzontalmente a terra, vi fanno tre fori alla meno peggio, prendono Gesù, lo stendono sopra e a colpi di martello gli trafiggono le mani o meglio i polsi, come si vede nella Sacra Sindone. Il polso è più spesso della mano, per cui è maggiore il dolore, ma è più resistente. Essi pensarono alla resistenza non curandosi del dolore.

Per la ragione che abbiamo detto, e perché i nervi si erano contorti, rattrappiti, il secondo polso non arrivava all' altro foro. Che pensano? Legano al polso una fune,

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e tanto tirano e stirano con forza diabolica, che giungono a configgerlo nel foro. Parimenti fanno dei piedi, anzi peggio. Li mettono uno sull' altro, vi puntano il robustissimo chiodo e a furia di colpi infernali, traforano anche i piedi.

« Gesù è confitto in croce ».

Perché o Gesù, con tanti supplizi non sei ancora morto?

Perché non risparmi ulteriori spasimi al cuore della mamma Tua?

Per Gesù devono trascorrere ancora tre ore di atrocissima agonia in cui deve dare l' ultimo attestato alla regalità del suo amore e della sua divinità. I carnefici salgono sulle scale, innalzano il Crocifisso fino ad una rilevante altezza, poi con tutta la forza dei loro muscoli lo fanno cadere di piombo nella buca sulla cima del monte. A destra ed a sinistra, sulla croce due ladri, due malfattori, due capi banditi, però legati con funi; solo Gesù pendeva da tre grossi infami chiodi.

Essi rappresentano le tre età del mondo. L' epoca avanti Cristo, l' epoca durante Cristo, l' epoca dopo Cristo. Tutte e tre dovevano recargli una sofferenza inaudita. La prima col dilagare del paganesimo, la seconda col dargli la morte e la morte di Croce, terza con la persecuzione alla sua sposa: la Chiesa.

STABAT MATER

La croce fu innalzata. Maria ai piedi di essa, « stabat » « senza respiro e voce mentre pendeva in Croce il diletto Figlio ».

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Perché non vieni adesso a guardarla, o incredulo protestante, tu che non la consideri, la disprezzi, la metti alla stregua delle altre donne? Se fosse stata come le altre mamme, sarebbe morta dal primo strazio veduto sul Figlio. Chi è quella mamma che assiste all' operazione mentre il chirurgo opera sul figlio di lei Solo Maria « stabat » perché lei sola era il miracolo vivente, Lei sola era la compiacenza del Padre, la benedetta fra tutte le donne. E per tre benedette ore ritta, senza nessun appoggio, impietrita, all' amarissima agonia del Figlio assisté come nessuna mamma al mondo. Era una statua o era un corpo umano? Il sangue le si agghiacciò nelle vene. Sette spade le trapassarono il cuore, una corona di spine glielo circondò, un nodo le stringeva la gola senza poter dare sfogo nemmeno al pianto, e lì in piedi, con due sole lacrime che le rigavano continuamente gli occhi stava in attesa di sorbire l'ultimo anelito del moribondo Figlio con la testa in alto e lo sguardo sempre fisso in Lui. « A chi ti paragonerò ? a chi ti assomiglierò o Vergine, figlia di Sionne? « Profondo come il mare è il tuo dolore, immensa come l' oceano è la tua afflizione » così aveva pianto il Profeta, e Geremia ancora: « O voi tutti che passate per via, venite; vedete se vi è dolore simile al dolor mio ».

LE SETTE PAROLE

Finalmente Gesù apre la bocca. Quella bocca santissima che era stata chiusa davanti ad Erode; che non si era discolpata durante tutto il processo; che non si era aperta in difesa nel ricevere gli sputi, gli schiaffi, le beffe,

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le derisioni, le percosse, i dileggi, i martiri, si apre sull'albero della croce e dice: « Padre perdona loro perché non sanno quel che si fanno ».

Come?... Perdonare quei carnefici spietati? Quando mai la storia di quaranta secoli aveva registrata una simile frase? Follia di amore degna solo di un Dio!

L'amore giunge all'apice della profondità e della grandezza, quando la persona che ama da la vita per la persona amata; giunge all' apice della perfezione e della santità, quando si manifesta col perdono.

Ai suoi lati erano stati messi in croce due malviventi: quello di sinistra senza guardarlo in faccia, lo insultava: « Se sei veramente Dio scendi dalla croce, salva te e salva noi ». Quello di destra lo riprese: « Taci, noi meritiamo questa morte, ma lui è innocente » e rivolto lo sguardo a Gesù lo invoca: « Signore ricordati di me quando sarai giunto nel tuo regno». E Gesù a lui: «In verità in verità ti dico, oggi stesso sarai con me in Paradiso ».

Non è questo uno spettacolo commovente e raccapricciante insieme ?

Tutti e due vicino a Gesù: il primo, un superbo, lo insulta e si danna. Il secondo riconosce di essere colpevole, si umilia, prega e si salva. Che te ne pare o peccatore? Questi due sono il tuo ritratto. Sta a te la scelta dell'imitazione come il primo o come il secondo. Cerca di imitare il secondo, però sii prudente, non aspettare l' ultimo momento, quel momento che nessuno sa quando deve venire e ti potresti trovare ingannato.

Poi Gesù fu preso da una forte sete: « Sitio » fu la terza parola. Era rimasto svenato, le risorse naturali in Lui erano finite, effettivamente aveva sete; ma voleva alludere ad un'altra sete, sete di amore, sete di riconoscenza, sete di abbandono in Lui; al contrario invece, gli

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viene offerto una spugna imbevuta di fiele e di aceto, simbolo di tanti altri futuri peccati che sarebbero passati in seguito di sotto ai suoi occhi. Egli la respinse senza neppure avvicinarla alle labbra.

ludi abbassa gli occhi e guarda la mamma insieme a Giovanni. Apre la bocca per la quarta volta e rivolto a Lei: « Donna » le dice « Ecco tuo figlio »; si rivolge a Giovanni: « Ecco tua Madre ».

E perché quest' altra spina al Cuore di Lei se proprio in punto di morte vengono sulle labbra le espressioni più tenere, ad essa sola dev' essere sostituito col nome di « donna » il dolce appellativo di mamma? E poi ad una mamma così singolare da un figlio così Santo?

E' un mistero anche questo.

Se Gesù si comportò così aveva le sue ragioni. Primo, perché Lui, avendo abbracciato volontariamente quella morte, non aveva fatto altro che vestirsi della livrea di peccatore, per cui si sentiva indegno di chiamarsi figlio di una mamma così pura e santa. Secondo, perché le affidava una nuova missione e voleva che i pensieri e gli affetti di Lei non fossero più concentrati in Lui, ma nel compito che doveva svolgere di Corredentrice del genere umano. Chiamandola « donna » Domina, la rendeva Signora di tutti i secoli e di tutte le generazioni.

Indi dicendo a Giovanni: « Ecco la mamma tua » la fregiava così di una doppia prerogativa, quella di signora e quella di madre, benché Giovanni, in quel momento, rappresentasse l' intera umanità, e Gesù essendo rimasto misticamente nella S. Eucarestia ella rimaneva sempre la Sua mamma e la mamma del genere umano per volontà espressa di Lui.

Siamo giunti alla quinta parola di Gesù: « Dio mio Dio mio, perché mi hai abbandonato? » Se si potesse espri-

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mere a parole questa metamorfosi straziante dell' anima che i teologi chiamano « aridità di spirito », si avrebbe la pagina più nera nella storia di un 'anima santa che ha conosciuto Dio, ha goduto le sue carezze sensibili, i suoi carismi, la sua visione intellettuale, la contemplazione perfetta come Gesù, e poi vedersi priva di un bene così inestimabile; è come in pieno meriggio, quando il sole emana la maggior forza di luce e di calore, un repentino addensarsi di nere nubi offusca quella luce lasciandoci nelle tenebre in balìa d' una spaventosa paura che fa tremare i più coraggiosi.

Da questo stato d'animo, scaturì il lamento di Gesù. E perché chiamarlo « Dio » e non Padre come l'aveva sempre chiamato ? Non era il « Figlio prediletto nel quale si era compiaciuto » denominato dal Padre stesso sulle rive del Giordano? Certissimo!... Ma Egli doveva sorbire il calice nei più minuti particolari, senza mancargli quest'altro genere di supplizio spirituale, anche l'anima doveva essere crocifissa col corpo e lo fu.

6a Parola: « Tutto è compiuto ».

7a Parola: « Padre, nelle tue mani raccomando lo spirito mio ».

Gesù è morto emettendo un gran grido !

La Chiesa ci fa dire: Adoramus Te Christe et benedicimus tibi, quia per sanctam crucem tuam redemisti mundum.

MORTE E RISURREZIONE

La croce fino allora malmenata, vilipesa perché letto d' infamia e d' ignominia, col corpo di Gesù elevata al-


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l' apogeo della gloria, vessillo d' ogni fedele, unica speranza di noi cristiani, arma sicura contro tutti gl' infernali nemici.

Dinanzi a sì doloroso e grandioso spettacolo, nessuno poteva rimanere indifferente. La potenza di Dio doveva manifestarsi ancora una volta.

Il creato si sconvolse, i cieli si squarciarono mandando lampi, tuoni, fulmini; la terra tremò d' un forte terremoto, una tempesta si scatenò tanto che furono così invasi di paura da picchiarsi il petto ed esclamare: « Veramente costui era Figlio di Dio! »

Erano le tre del pomeriggio. Si faceva sera ed occorreva che i cadaveri si ponessero nei sepolcri. La legge romana, ammetteva che si rompessero le gambe per accertarsi se erano morti. A Gesù invece, un soldato a nome Longino. sale a cavallo, prende una lancia e con forza impetuosa gli squarcia il cuore da cui zampillò sangue ed acqua che gli spruzzò sul viso. Accertato così dell'avvenuta morte, lo staccarono dalla Croce e lo misero in grembo all' addoloratissima ed afflittissima Madre. Indi nel Santo Sepolcro. « Santa Madre addolorata, fa che tutti i Tuoi dolori, siano impressi nei nostri cuori ».

Chi può dire i miracoli di conversione che Gesù operò dalla Croce? Non si parlava che di Lui, non si pensava che a Lui. Era stato riconosciuto come profeta, come Figlio di Dio. Nessuno poteva più dubitare. La più solenne e maggiore conferma, la diede tre giorni dopo, quando risuscitò, come aveva predetto, glorioso e trionfante per non mai più morire.

Stette ancora quaranta giorni sulla terra con la Sua Mamma e con i discepoli, poi alla presenza di essi, con festa e trionfo, su di una nube, salì al cielo. Nello stesso modo, in anima e corpo glorioso, nel giorno del giudizio uni-

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versale, verrà di nuovo per giudicare i vivi ed i morti cioè i giusti e i peccatori, facendoli risorgere come è risorto Lui per portarsi i buoni in Paradiso e confinare i cattivi all’ Inferno.

« Andate maledetti nel fuoco eterno ». « Non mi avete riconosciuto in vita, non vi riconoscerò in morte».

Nel vangelo di S. Matteo al capo XXIV sono inserite due profezie: una si verificò dopo la morte di Cristo con la distruzione di Gerusalemme, l' altra si verificherà quando Dio lo vorrà, nell' esecuzione del giudizio finale. Sappiamo con certezza che questo giudizio deve avvenire, perché è verità rivelata da Lui; il Vangelo ci dice come deve avvenire, nessuno però sa quando deve avvenire. Nostro dovere e nostra prudenza è di tenerci preparati, come si sta preparati con la valigia pronta quando si è vicino al treno in procinto di partire.

« Dieci giorni dopo l' Ascensione di Gesù al cielo, scese lo Spirito Santo sugli Apostoli nel Cenacolo dov' erano congregati con Maria Vergine in orazione ».

« Andate - disse Gesù - per il mondo intero, predicate il Vangelo ad ogni creatura, chi crederà sarà salvo, chi non crederà sarà condannato ».

Che mandato duro, arduo, impossibile. Dove potevano andare, cosa potevano dire questi rozzi, ignoranti, analfabeti pescatori? Ecco lo Spirito consolatore, che si posa in forma di lingua di fuoco su ciascuno di essi, e non solo riescono a varcare i più sperduti confini, ma a parlare la stessa lingua dei popoli dove si trovavano, da sbalordire quanti l' udivano.

Cosa aveva fatto lo Spirito Santo con la sua apparizione? Aveva aperto le loro menti ottuse; aveva infuso una nuova intelligenza con una robustissima memoria, da renderli atti ad interpretare bene e a ricordare chiaramente quanto

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Gesù aveva fatto ed aveva detto in loro presenza. Aveva riempito le loro anime di un amore santo e pieno di zelo da cui attinsero impulso e coraggio, da slanciarsi nei popoli più barbari per la diffusione del Vangelo, impavidi e noncuranti anche del più crudele martirio, tanto era forte il loro amore per Gesù.

Quattro di essi: Matteo, Marco, Luca e Giovanni, tutti e quattro compilarono il Vangelo, il libro più sacro ed infallibile che si trova da 20 secoli sulla terra, e tutti e quattro si trovarono concordi nel manifestare le verità rivelate da N. S. Gesù Cristo. Oracolo venuto fuori dalle stesse sue labbra divine.

RICHIAMO AL PECCATORE

Come puoi tu solo o peccatore, sottrarti ad una legge da cui non si sottraggono nemmeno le creature inanimate?

Cosa fa la terra col vorticoso giro intorno al sole [ * ], se non ubbidire ad una legge fisica stabilita così dal sommo Creatore? Cosa fanno le piante coi relativi frutti, se non ubbidire alla legge di natura, voluta per beneficio nostro da Dio?

L'intera vita di Cristo cos' è stata se non ubbidienza continua alla volontà del Padre Celeste? Egli poteva sottrarsi da tante sofferenze, ma non lo fece perché volle dare esempio a noi che è necessario portare la croce. Era Dio, e come tale sarebbe bastato un solo atto di volontà per redimere il mondo, invece versò tutto il Suo Sangue perché il dolore è una legge che s' impone a ciascun mortale.

Come vedi, sei tu solo o ateo materialista che ti sottrai




* Nelle sacre scritture non sembrerebbe risultare sostenuta l'ipotesi eliocentrica, anzi.. e questo ha causato gravi ingiustizie.



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alla legge della morale e dello spirito, tutto a detrimento dell' anima tua.

Se non ti ha commosso il penoso racconto di Cristo, ti scuota almeno la severa condotta del Padre. Tu hai sentito cosa fece alla morte del Figlio: fece tremare la terra e tutti gli elementi. Hai sentito l' abbandono che gli fece soffrire sulla croce. Hai sentito che il calice amaro nell'orto non lo ritirò da lui, pur avendolo pregato. Perché tanta rigidezza anche verso il Figlio suo? Perché, sebbene Gesù era innocente, si era volontariamente coperto della veste del peccatore, e come tale, non meritava di essere esaudito. E' il peccato che ci rende indegni di essere ascoltati da Dio, specie quando questo è pienamente deliberato.

Gesù fece come fa un padre di famiglia, il quale si spoglia di tutti i beni che possiede per pagare i debiti del figlio e il figlio a sua volta lo ammazza e lo uccide. Può questo figlio rientrare ancora nelle grazie del padre, se non si prostra ai suoi piedi piangendo amaramente e chiedendogli perdono ?

Oh! peccatori tutti, chiunque voi siate, atei, materialisti, protestanti, bestemmiatori, piegate la vostra cervice davanti a Dio, potete farlo finché avete vita, dopo la morte non ci sarà più nulla da fare: commovete il Cuore di Lui con un sincero pentimento; in nome del Divin Figlio ditegli col cuore e con la mente:

« Signore non guardate i grandi peccati nostri ma guardate Gesù alla Croce, le spine, le piaghe, i chiodi, la lancia e l'addolorata Madre Vostra ».

Se il tuo cuore è ancora duro, o peccatore, se sul tuo ciglio non senti spuntare una lacrima abbi ancora fede, ricorri a questa buona Mamma. Ella sola conserva « il testamento del Figliuolo moribondo, quando ci assegnava

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tutti per figli e la dichiarava Madre nostra, Madre dei peccatori ».

Così ebbe a dire Bartolo Longo, perché questa è la missione che ha esercitato dalla morte del Figlio.

Chi può dire che abbia fatto invano ricorso a Lei? Chi può dire d'averla pregata e di non essere stato esaudito ?

REGINA E MAMMA

Gesù La conservò ancora sulla terra per parecchi anni, dopo la sua gloriosa Ascensione al cielo. Al tempo stabilito da Lui, in un' estasi d'amore «passò da questa all'altra vita Assunta dagli Angeli in cielo». In anima e corpo. Come il Figlio, in anima e corpo entrò in Paradiso, così fu per la Madre.

Poteva Iddio rimanere indifferente dinanzi a sì sublime creatura? No certamente, allora la cinse d'una triplice corona di gloria sulla testa verginale con tre grandi titoli: «Figlia dell' Eterno Padre, Madre dell' Eterno Figlio e Sposa dell' Eterno Spirito Santo » e fra il giubilo e i canti degli Angeli e dei Santi la proclamò Regina del cielo e della terra. Regina degli Angeli, Imperatrice dell' universo. Può essere mai che un' angelica Donna tre volte santa ci scaccerà da sé? Andiamo a Lei, sia pure con un' Ave al giorno ed Essa ci esaudirà, perché è mamma.

Cosa fa la mamma in famiglia?

L' intermediaria tra il marito e i figli. I figli, a chi si rivolgono quando vogliono qualche cosa? Sempre a lei perché sanno che il cuore della mamma è più tenero di quello del babbo: è più propensa a volerli contentare.

Non l'abbiamo visto nelle nozze di Cana? Comandò

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sul figlio e l' acqua si cambiò in vino. Se per sfortuna quegli sposi non l' avessero invitata, che vergogna sarebbe stata: senza vino proprio nel colmo del banchetto? Gesù il miracolo non l' avrebbe fatto, perché non era ancora giunta l' ora sua.

Il seno della mamma è sempre pronto a stringere a sé i figli, anche se questi sono malati, storpiati, invalidi, anzi per loro sono le maggiori cure. Anche se sono snaturati e irriconoscenti è cuore di mamma e basta.

Tu sei il figlio irriconoscente e snaturato, o protestante, tu hai mutilato la storia, eliminando la più bella pagina con la sigla di Colei che è la scala di Giacobbe, per raggiungere il cielo. Tu, mettendola alla stregua d' una comune donna, l' hai calpestata e facendoti scudo della Bibbia, presumi di salvarti spacciandoti per adoratore dell' unico Dio ed interprete perfetto della Bibbia quando in effetti non conosci né Padre, né Madre, né Figlio.

Però ricordati che, se non ti ravvedi, Dio ti farà sentire la voce poderosa che fece sentire nell' Eden al serpente:

« Verrà una donna che ti calpesterà il capo col suo calcagno, e tu striscerai col ventre il suolo della terra».

A quale donna voleva alludere Dio, se non a Maria, la Madre del Figlio suo? E chi è quel figlio che non vuole che la propria madre sia rispettata, sia onorata? Se Gesù ha detto: « Tutto quello che avrete fatto al minimo dei miei poveri, lo avrete fatto a me », quanto più di un povero non vale la mamma sua?

E agli Apostoli: « Andate; se accoglieranno voi, accoglieranno me e la mia parola, se disprezzeranno voi, disprezzeranno me e la mia parola ».

Qual' è la sua parola se non il Vangelo? Se il Vangelo è Lui, possiamo da Lui escludere la mamma? E vuoi chiamarti evangelista? Vedi, come sei in errore?... E ne scopriremo ancora !



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LA STELLA PROFANATA

Dopo una così lampante ed inconfutabile verità, dove, o ateo, vuoi più rilegare la tua miscredenza? Sei veramente pazzo ?

Saresti giustificato se fossi pazzo o idiota. No. Tu sei Solo materialista che per giustificare la tua nefanda e depravata condotta ti appelli a delle subdole ragioni, ingannando la tua coscienza e quanti danno ascolto alle tue diaboliche menzogne. Niente meno, dove giungono le tue madornali menzogne: fino a voler scegliere i tuoi antenati nella scimmia? [* discutibile]

Cosa deplorevole, degradante e ributtante insieme, che fa disonore e vergogna ad ogni persona civile, specie nei tempi nostri, secolo di progresso e di civiltà. Come sfuggirai all' ira divina? Quale pretesto ti sarà valido? Nessuno. Nemmeno quello di essere un ignorante. Non sei ignorante, malizioso amico, sei scaltro ed intelligente.

Tu conosci tutto lo scibile umano. Dio ti ha dotato d'una capacità superiore a tanti altri, ma te ne servi per

calpestarlo.

Sei un navigante e conosci la profondità delle acque. Sei un pilota e conosci le vie aeree. Sei un pittore e te ne servi del pennello per dipingere figure oscene, sei scultore e non fai che statue nude e provocanti. Sei scrittore e non scrivi che romanzi gialli. Sei regista e non dai che spettacoli pornografici. Sei artista e non fai che scandalizzare continuamente il pubblico. Sei giunto alla follia di detronizzare la Madonna, di sfregiare la fulgida corona di stelle che le cinge la testa, e di dare il titolo di stella ad una lurida donna che si esibisce nuda sugli schermi. Forse nelle macellerie, è facile vedere una bestia uccisa, coperta col velo, per ragione d'igiene; ma quelle impudiche donne,




* I ritrovamenti fossili e l'esame del DNA sembrerebbero avvalorare questa ipotesi, dal momento che a livello genetico le somiglianze sono notevoli; poi la scimmia è una creatura simpatica e graziosa.

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nemmeno dell' igiene ne fanno conto e si vendono al vizio come carne da macello e come giocattoli da bancarelle.

E quanta innocenza assassinata !

Quanta gioventù d'ambo i sessi perduta nel fango, nella lussuria, nel turpiloquio!...

Mai come ai tempi nostri tanti suicidi, tanti omicidi, tante infedeltà coniugali e altre oscenità occulte da fare ribrezzo al solo pensarle.

Possibile che deve essersi perduto così il buon senso

e la ragione"!


Possibile che l'uomo deve essersi imbambolato tanto vicino alla donna?

Possibile che la donna deve avere un diabolico fascino da trascinare in perdizione una scia di uomini? E l' uomo babbeo, che si lascia prendere come un moscone nella rete del ragno, restando soffocato. Per giunta deve elevarla sul podio del suo cervello malato, e di lì passarla all' altezza delle scene con la qualifica di « Venere » e di « Stella ».

Si può dare un' aberrazione maggiore? Ecco il materialismo in che cosa consiste: nella corruzione del cuore. Si capisce che per quelli Dio non esiste; non lo sentono nelle loro anime. Sono tutto materia, niente spirito, niente ragione.

Se stelle dobbiamo chiamare quelle donne, le Agnese, le Cecilie, le Filomene, le Gorelli e un gran numero sterminato di vergini che hanno profumalo la terra, col versamento del loro sangue per difendere la purità, come le chiameremmo?

Come chiamerebbe Renzo Tramaglino la sua Lucia Mondella che passò una tragedia inaudita e lunga, nonché una notte di spasimo, nel castello dell' Innominato, pur di non cedere alle seduzioni di Don Rodrigo?

Petrarca, come chiamerebbe la sua Laura che lo seguì in tutto il pellegrinaggio del suo rimario? E Dante, alla


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sua Beatrice che lo guidò per tutto il paradiso, quale titolo darebbe, se non ci sono nomi di maggiore grandezza? Oh! se le vere stelle del firmamento potessero parlare e difendersi, manderebbero all' ergastolo chi si arbitra profanare e buttare nel fango il loro fulgido nome.

L' abbiamo visto chi è la vera, la fulgida, la singolare « Stella Mattutina » cantata dagli Angeli: la Vergine SS. La stella polare che guida al porto sicuro noi poveri naufraganti in questa valle di lacrime.

MONITO AI GENITORI

Se Gesù potesse venire di nuovo sulla terra, farebbe come fece coi profanatori del tempio che cacciò tutti via con i flagelli, rovesciando banchi e quanto dentro si trovava. Rovescerebbe pellicole, attori, artiste, bancarelle, giornali e riviste, quadri e fotografie e tutto quanto è messo al servizio di satana, a scopo deleterio e di rovina spirituale e morale della incauta umanità. Ma quello che più di ogni altro stringe il cuore, è la fanciullezza la quale si può chiamare perduta sin dalle viscere materne.

Vi siete resi conto, o genitori, del grande compito che incombe su di voi, per l'educazione dei vostri figli? Vigilate sui libri che leggono; sui compagni che trattano; sui films che vanno a vedere? Essi sono incauti, sono ignari, per essi tutto è bello ed attraente, specialmente certi fumetti e certe pellicole. E come si divertono ! e restano avvelenati nel sangue. E come prendono esempio dagli scandali che date voi stessi dagli atti, dai discorsi che fate in presenza loro. Ricordate che la responsabilità è tutta vostra, di cui


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renderete gran conto a Dio. La società di domani è basata su di loro. Se un edificio non si costruisce su solide fondamenta, è destinato a crollare.

Qual' è il fondamento che dovete dare ai vostri figliuoli? Ve lo dice Gesù: «Lasciate che i pargoli vengano a me ». « Guai a chi si permette scandalizzare uno solo di questi piccoli credenti in me, non ci sarà più remissione per lui; sarebbe meglio se con una macina da mulino, si buttasse in fondo al mare ».

Se è così severa la dottrina di Cristo, perché metterla in non cale? Se sono così frequenti le minacce sue, perché non decidersi una benedetta volta a piegare la fronte ed accettare la sua santa legge ? non è pesante; non è dura come si crede. Anzi ! « II mio giogo è soave ed il mio peso è leggero » - disse Gesù - tutto sta in un po' di buona volontà e di riflessione da parte nostra.


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Parte II

LA DIMORA DI GESÙ E IL PAPA

Quando Gesù volle sapere dagli Apostoli chi fosse Lui, Pietro si alzò per primo e disse: « Tu sei il Cristo il Figlio di Dio vivo » e Gesù in risposta: « Beato te Pietro che non te l' ha rivelato la carne e il sangue, ma il Padre mio che è nei cieli » e per questo ti dico: « Tu sei Pietro e su questa pietra fonderò la mia Chiesa e le porte dell' inferno non prevarranno contro di essa »

Ancora un colloquio e la fortezza di Pietro viene messa a prova da Gesù: « Pietro mi ami tu ?» - « Sì Signore, ti amo » - « E pasci i miei agnelli ».

Qualche minuto di sosta e la medesima domanda in tono più marcato: « Pietro mi ami tu? » ― « Signore lo sai che ti amo » ― « E pasci i miei agnelli ».

Ancora qualche minuto e con tono più forte ed imperioso: « Pietro mi ami tu ? ».

Pietro quasi turbato e sgomentato: - « Ma Signore te l' ho detto che ti amo » ― « E pasci le mie pecorelle ». Perché Gesù, scrutatore dei cuori, a cui nulla sfugge, tutto sa, vuole una triplice affermazione da Pietro da metterlo in imbarazzo, quasi da fargli pensare che Egli non lo crede? Perché troppo grande la responsabilità che gli affida, e vuole che la assuma con piena volontà. Come per tutti i contratti, non si può chiudere la scrittura senza la presenza dei testimoni e dell' autentica firma di

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essi, compresi i due contraenti; così la triplice domanda e risposta stipula il misterioso e divino contratto fra Cristo e Pietro. Cristo, per ben tre volte gli affida il gregge. Pietro per altrettante volte lo accetta con la solenne dichiarazione di amore. La scrittura è già compilata, è già chiusa dall' autentica firma dei due contraenti alla presenza dei discepoli che fanno da testimoni. Le labbra medesime divine di Gesù, dichiarano Pietro: « Capo dell' universo mondo ». Pastore supremo che regnerà per tutti i secoli.

« Pasci i miei agnelli », gli aveva detto Gesù, cioè consacra i miei Vescovi.

«Pasci i miei agnelli», ordina i miei sacerdoti. « Pasci le mie pecorelle », cioè guida le mie anime. E dove si formerà un sì grandioso ovile ? Dove si accamperà tutto questo gregge? Pietro, niente comprendeva di tutte, le allusioni di Gesù, sapeva di volergli bene e basta.

L'incrollabile fede di Pietro nel dichiararlo « Cristo Figlio di Dio vivo », Gesù stesso l'aveva trasformata in pietra, su cui doveva fondare il grandioso edifizio, contro il quale non sarebbe prevalsa nessuna potenza né terrestre, né infernale.

Nella notte della gran cena, prima che Cristo immolasse all' Eterno Padre la sua innocente e Divina Persona, dal Cuore Immacolato di Lui, con le sacrosante parole: « Questo è il mio Corpo, questo è il mio sangue » si forma la roccia di Pietro e vien fuori la Chiesa Cattolica, Apostolica, Romana. Essa è infallibile perché infallibile è Cristo che l' ha fondata; è incrollabile perché è la dimora dello stesso Cristo; come tale, la Scrittura la chiama la « mistica sposa dei cantici » cioè la sposa di Gesù.

Due sposi che si amano, possono mai allontanarsi ? L' uno deve seguire l' altro per diritto, per dovere, per legge d' amore.



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Dimodoché, chi vuoi trovare Gesù deve assolutamente entrare nella Chiesa Cattolica.

È assurdo volerlo trovare altrove. Come Dio, si può trovare dappertutto. Come Dio e Uomo, in Corpo, Sangue, Anima e Divinità si trova soltanto nell' Eucarestia e l' Eucarestia si trova nella Chiesa fondata da Lui.

ASSURDITÀ DEI PROTESTANTI

È mai possibile che un costruttore il quale si fabbrica una casa per conto proprio, con tutti i conforti e comodità, con ogni bellezza e raffinatezza d' arte, per cui ha rimesso tante fatiche per costruirla, vada ad abitare in una catapecchia formata da un manovale e per giunta di un suo nemico?

E' illusione per i protestanti ed altre sette, che le loro chiese possiedano Cristo. In tal caso Gesù si metterebbe in contraddizione con se stesso perché, mentre afferma di formare la sua Chiesa su Pietro, poi preferisce la dimora di Satana essendo stata fondata questa sul peccato.

Queste pecore smarrite, sganciate dall' ovile di Cristo, si arrogano il diritto di parlare di Dio e delle sue scritture, quando in effetti, essi non sono che fabbricatori di biglietti falsi. Quando il Discepolo chiese a Gesù che mostrasse loro il Padre, Gesù rispose: « Filippo, chi vede me, vede il Padre, Lui è in me ed io in Lui ».

Stando a questa affermazione, può essere mai che devono esistere due chiese: una tetra, oscura, insignificante per il Padre, e l' altra bella, piena di luce da formare il paradiso sulla terra per il Figlio?


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Come i fabbricatori di biglietti falsi usurpano l' effige e il titolo del sovrano per formare le loro monete; così questi falsari, si servono del nome santo di Dio e delle scritture per divulgare le loro peccaminose ed errate dottrine tirando in inganno l' incauta gente. Però come i primi scontano i malanni loro quando sono scoperti, così i secondi faranno i conti con la divina giustizia.

Non sentono il grido accorato di Gesù che dice: « Ho altre pecorelle che non sono del mio ovile, fate che anch' esse ritornino a me ».

Cosa vuoi dire ? Che tutta l' umanità forma un sol gregge che deve rifugiarsi nell' unico ovile sotto un unico pastore qual' è Pietro nella Chiesa di Cristo.

Non è vero, che, nell' entrare nelle nostre Chiese, si sente una vibrazione di amore, un' intima gioia, una viva speranza nel vedere la lampada accesa davanti a Gesù Sacramentato ? Come si può rimanere indifferenti, come ci si può allontanare per sempre da un asilo così pieno di pace, di serenità, di conforto? Se non ci fosse Gesù Ostia, non si proverebbe tutto questo misterioso effetto. Se non ci fosse la lampada accesa davanti a Lui, la Chiesa sarebbe come quella dei protestanti, un tetro sepolcro.

E non si prova lo stesso effetto, quando si ha la fortuna di trovarsi dinanzi alla bianca figura del Papa? Perché? È Lui il successore di Pietro, il dolce Cristo in terra. È da lui che dipende la Chiesa Cattolica Apostolica Romana.

LE CHIAVI DEL REGNO

Chi poteva assumere tanta responsabilità se non la roccia di Pietro? Chi poteva essere il piedistallo, il caposti-


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pile se non la candida figura del Papa? Egli solamente è il delegato da Cristo a si alto ministero. Egli è l'unico autorizzato a perdonare i peccati: « Darò a te le chiavi del regno dei cieli e ciò che scioglierai sulla terra, sarà sciolto nel cielo, ciò che legherai sulla terra sarà legato nel cielo ».

Più chiara di così, non poteva essere l' istituzione della Confessione, voluta e comandata da Cristo a Pietro, pronunziata dalle stesse Sue Divine labbra.

Eppure non c' è sacramento più perseguitato e calunniato, attribuito dagli ignoranti ad una invenzione dei Preti. Pietro sa di essere stato erede di un testamento, ma fin qui ne ignora il contenuto; ancora non conosce gli alti disegni di Dio su di lui, né dove lo chiama il destino.

Occorre che Gesù dica: « Se non me ne vado al Padre mio, non potrà venire a voi lo Spirito Consolatore ».

Gesù risuscitò da morte; dopo quaranta giorni salì al cielo e dieci giorni dopo, lo Spirito Consolatore scese nel cenacolo ove erano tutti gli apostoli congregati in orazione. Fu questa la prima chiesa, ove fu compiuto il grande miracolo della moltiplicazione delle lingue il giorno di Pentecoste. Lo Spirito Santo operò in essi una strepitosa trasformazione: da rozzi pescatori ed ignoranti divennero intelligenti ed eruditi a tal punto, da essere capiti da ognuno dei loro uditori nella propria lingua, essendo costoro di varie nazioni.

Da gretti e pusillanimi divennero impavidi ed eroi da affrontare financo il martirio. La loro memoria diventò cristallina, da ricordare per filo e per segno quanto aveva operato e detto Gesù. L'amore per Cristo era diventato in essi un fuoco, una sete incontenibile di anime.

« Andate per il mondo intero, predicate il Vangelo ad ogni creatura; chi crederà e sarà battezzato sarà salvo, chi non crederà sarà condannato ».


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Questo comando di Gesù, fu letteralmente eseguito, perché fu allora che Pietro comprese tutta l' importanza e la grandezza della sua missione. Illuminato così dallo Spirito Santo e pervaso da un ardente zelo, Pietro non esita punto a formare nuovi apostoli, Vescovi e ministri.

Li istruisce, li battezza, li forma al nuovo spirito cristiano, così egli diventa il tronco di quel gigantesco albero chiamato religione cattolica che spande i suoi rami per l'universo intero. La Chiesa, come candida colomba, spicca il volo dal cenacolo di Gerusalemme e forma il suo nido ove i seguaci di Pietro vengono accolti e ricevuti.

GESÙ AVEVA DETTO:

« Battezzate nel nome del Padre, del Figliuolo e dello Spirito Santo ».

« Chi accoglie voi, accoglie me, chi disprezza voi, disprezza me; allontanatevi da costoro, anzi scuotete la polvere dai vostri calzari ».

Gesù conosce quanto è immacolata la sua Chiesa e vuole che non sia contaminata neanche dalla polvere di quei malvagi pagani, i quali sono condannati alla impenitenza finale. Egli sa che con i disprezzatori della religione non c'è nulla da fare tanto è duro il loro cuore, tanto Satana è annidato in essi.

Egli non ignora i pericoli in cui vanno incontro i suoi discepoli. Egli sa che Satana deve esplodere e li previene con la più ferma garanzia del Paradiso.

« Non temete coloro che uccidono il corpo, abbiate paura di coloro che possono uccidere l' anima e mandarvi


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in perdizione ». « Beati i perseguitati per la giustizia perché di essi sarà il regno dei cieli ». Che cosa è la giustizia se non la testimonianza della verità?

LE PERSECUZIONI

Poteva mai darsi che una istituzione così grandiosa non dovesse suscitare nemici? Satana scosso dal suo nido, non poteva rimanere indifferente dinanzi ad una miriade di anime che la predicazione degli Apostoli aveva strappato al suo giogo e convertito al cristianesimo.

La Chiesa è la sposa di Gesù; e come tale, non poteva rimanere senza dolore, senza passione. Se Cristo morì per essa, essa per legittima conseguenza doveva morire per Lui. Però come Egli risuscitò dal sepolcro, glorioso e trionfante, così la Chiesa risuscitò dalle catacombe trionfando eternamente sui diabolici nemici.

Il sangue di Gesù, incagliato con la roccia di Pietro formarono le fondamenta. Il sangue dei martiri caduto sulla medesima pietra e mescolato col sangue di Cristo, formò le mura e la volta, da renderla incrollabile, ad onta di tutte le bufere che si sono scatenate e si scateneranno fino al termine dei secoli.

I martiri formano il più bell' ornamento di questa eccelsa « Sposa dei cantici ».


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LA CHIESA CATTOLICA È IN CONTINUO PIANTO

Essa piange per i figli trucidati, ma soffre più per i figli traviati. Se i primi li eleva all' onore degli altari, ai secondi tiene le braccia continuamente aperte, in attesa che si buttino nel seno di Lei.

Ma che?... La perfidia fu tale, che le fecero versare lacrime di sangue per ben tre secoli e ancora adesso non cessa di piangere, pur essendo passati 20 secoli dalla sua fondazione.

Furono 10 le persecuzioni che diabolicamente si scatenarono contro di lei, che accanitamente la minacciarono di morte. Ma essa non morì. Quale tortorella ferita nascosta sotto i fori del sasso, questa madre buona si rifugiava nei nascondigli, aprendo il grembo a tutti i figli: docili e ribelli. E i cristiani si moltiplicavano. La voce portentosa dei seguaci di Pietro era diventata la calamita che a fiumane attirava le anime semplici, malgrado l'oscurità e il silenzio dei tuguri.

Quando sembrava che Satana dormisse, proprio allora il suo odio si risvegliava di più.

Quegli ebrei che avevano dato i natali a Gesù e Gli avevano dato anche la morte, non furon paghi del Sangue innocente che era sceso su di loro e sui loro figli; vollero abbeverarsi anche del sangue dei suoi appartenenti.





S. STEFANO E LA BELVA UMANA


Ed ecco Stefano, giovane zelante, ordinato diacono e dedito alla cura dei poveri, trascinato fuori le mura di


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Gerusalemme. Affrontato da una calorosa discussione sulla fede, il popolo si riscaldò a tal punto da ucciderlo a colpi di pietra.

S. Stefano fu il primo martire del cristianesimo, a cui seguirono circa 18 milioni di anime trucidate con le più inaudite e feroci barbarie.

La belva umana chiamata Erode, non era ancora morta. Come gongolava di gioia nel vedere gli ebrei accanirsi contro i cristiani. Senza nessuno scrupolo fa tagliare la testa all' apostolo S. Giacomo Maggiore e fa legare in catene S. Pietro per ucciderlo per la prossima Pasqua.

Ma l'angelo del Signore lo liberò e le speranze della belva andarono fallite.

Intanto Gesù, nella sua imperscrutabile bontà, si sceglie i campioni anche nei suoi nemici più fieri.




S. PAOLO DI TARSO

La persecuzione di Gerusalemme parve alquanto assopita per la morte spaventosa del re Erode, per cui ci fu un po' di quiete.

Un giovane chiamato Paolo di Tarso di mente sagace, d'indole focosa ed intraprendente si reca in Gerusalemme per completare gli studi in legge. Egli era fiero persecutore dei cristiani, ma per la sua giovine età non poteva maneggiare armi. Aveva contribuito al martirio di S. Stefano soltanto col custodire le vesti dei carnefici, però per la sete di sangue non resistette e si fece dare l'autorizzazione di andare in Damasco per trascinare incatenati i cristiani a Gerusalemme.



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Nel percorrere la strada che porta alla città di Damasco, una luce abbagliante gli toglie la vista, lo getta a terra ed una voce fulminea lo riprende:

« Saulo, Saulo perché mi perseguiti ?» « Io sono Gesù Nazareno. E' duro per te ricalcitrare contro lo stimolo ».

Paolo, divenuto cieco, si fa condurre fino a Damasco dal discepolo Anania, da cui riceve il battesimo, riacquista la vista e si converte, divenendo così un ferventissimo cristiano, un apostolo di singolare perspicacia e dottrina; un faro ed un piedistallo della Chiesa Cattolica da sbalordire chiunque lo vedeva e sentiva. Interprete perfetto delle divine scritture, affrontava ovunque discussioni con ebrei di ogni genere, rendendosi superiore a tutti i dottori del suo tempo. Senza rispetto umano andava in tutte le contrade predicando il Cristo e operando miracoli a dismisura.


MARTIRIO DI S. PIETRO E S. PAOLO

Paolo divenne amico intimo di Pietro e tutti e due i Principi degli Apostoli, dopo lungo e faticosissimo apostolato ricevettero la palma del martirio sotto il carnefice Nerone.

Ambedue furono chiusi nel carcere Mamertino di Roma, a pie del Campidoglio. S. Pietro condannato alla crocifissione, S. Paolo alla decapitazione eseguita tre miglia lontano da Roma in un luogo detto Acque Salvie nell' anno 67. Pietro, dopo illuminata l'Asia, fece ritorno a Roma e sentendosi il peso degli anni, nomina per successore S. Clemente. Impartisce gli ordini, benedice i cristiani e si acco-



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miata da essi, uscendo di nottetempo fuori la città. Senonché, mentre cammina, incontra Gesù. Gli si prostra e gli domanda: «Domine, quo vadis » ? Signore, dove vai? E Gesù risponde: « Vado a Roma a farmi di nuovo crocifiggere ».

Pietro comprende, si volta indietro ed affronta il supplizio della croce nella piazza di Roma e, per rispetto al suo Maestro, non si sentì degno di morire con la testa in su, volle finire benedicendo Dio con la testa in giù.

NERONE

Intanto la prima persecuzione generale contro la Chiesa si è aperta.

Il popolo si solleva terribilmente per la morte degli Apostoli Pietro e Paolo e s'indegna amaramente contro Nerone.

Questo imperatore che la storia chiama « carnefice del genere umano » che diede in fiamme la città di Roma, solo per il piacere di vederla bruciare, inventa i più atroci supplizi contro i cristiani. Pietro e Paolo furono da lui dati a morte, sol perché avevano operati miracoli e conversioni nel palazzo imperiale.

Egli era di idee diametralmente opposte, voleva che i cristiani prevaricassero anziché convertirsi, ed invaso da rabbia li fa tutti perire atrocemente.

Molti, avviluppati in pelle di bestie feroci ed esposti ai cani affamati; altri, unti di pece, legati ai pali e bruciati vivi, da farli servire come fiaccole ai giuochi del circo durante la notte.


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PROFEZIA AVVERATA

Malgrado ciò, la Chiesa sotto le catacombe trionfava.

Gesù aveva detto: « Passeranno il cielo e la terra ma le mie parole non passeranno ».

Egli aveva predetto la distruzione di Gerusalemme, che della deicida città non sarebbe rimasta pietra su pietra e che anche il famoso tempio sarebbe andato in frantumi. Il popolo ebreo, maledetto da Dio, fu spettatore dell'ira divina. Terribili segni si ebbero nel firmamento, fra cui: una cometa che vomitava fiamme a guisa di fulmini e una stella a forma di spada puntata per un intero anno su Gerusalemme.

La Città fu circondata da un esercito romano comandato dal celebre guerriero Vespasiano ed indi dal figlio Tito, fu assediata a due miglia di distanza e furono chiuse tutte le uscite, per cui gran parte di giudei vi rimasero dentro.

Il commercio cessò, la fame ben presto si fece terribilmente sentire, tanto che gli uni agli altri strappavano di mano le cose più schifose per mangiarle.

Si racconta che una mamma, presa da una fame da lupo, fissò gli occhi sul proprio bimbo: « Sventurato, gli dice, a che farti vivere, per farti soffrire ? » così dicendo lo uccise, lo abbrustolì e lo mangiò fra l'orrore di chi l' era vicino.

Intanto Tito, impadronitosi d'una parte della città appiccò il fuoco alle porte del Tempio, un soldato romano vi gettò dentro un tizzone ardente e tutto il tempio fu distrutto in fiamme. I romani distrussero quanti caddero nelle loro mani, trucidandoli a sangue e a fuoco.

Nell' eccidio di Gerusalemme perirono un milione e centomila abitanti.

« II resto degli ebrei fu disperso per tutto il mondo

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ed andrà errante sino alle fine dei secoli, finché non riconoscerà per Dio Colui che ebbe crocifisso ».





SECONDA PERSECUZIONE

La seconda persecuzione fu sotto l' Imperatore Domiziano dall'anno 94 al 96. Essa infierì vasta e crudele, nell'Asia Minore e nella Siria. Vi perirono quasi tutti gli Apostoli con il Sommo Pontefice S. Cleto. Domiziano non risparmiò nemmeno i parenti, ne molti uomini illustri. L' Apostolo S. Giovanni fu condotto a Roma e immerso in una caldaia d'olio bollente, da cui ne uscì illeso, ma fu poi esiliato nell'isola di Patmos.

La terza persecuzione fu sotto l' Imperatore Traiano dal 98 al 117. Vi perirono molti cristiani fra cui S. Simeone, stretto parente di Gesù e S. Ignazio vescovo di Antiochia.

La quarta persecuzione fu un po' blanda, sotto Adriano Antonino e Lucio Vero dal 117 al 161. Fra i tanti cristiani martirizzati in questa fase, vi fu S. Policarpo Vescovo di Smirne, S. Sinforosa con sette figli, S. Telesforo Papa, S. Giustino, filosofo ed apologista della religione e S. Cecilia patrizia romana. Però questi due ultimi si trovarono sotto l' impero di Marco Aurelio il 177.

La quinta persecuzione fu dal 199 al 221 sotto Settimio Severo, e divampò feroce per tutto l'impero romano, specialmente in Egitto, nell' Africa e nella Gallia.

E' di quei tempi il martirio di S. Leonida, di S. Felicita e Perpetua a Cartagine e del Vescovo S. Ireneo a Lione ed altri cristiani.

La sesta persecuzione fu dal 222 al 235 sotto l'Im-



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peratore Caracalla, Eliogabalo ed Alessandro Severo. Il cristianesimo ebbe un po' di respiro. I fedeli potettero uscire all'aperto ed erigere santuari e templi, senonché, sotto Massimino (235-238) la persecuzione infierì, specie contro i Vescovi e il clero; distruggendo così le colonne, voleva annientare la Chiesa.

Furono vittime il Pontefice Ponziano, il diacono Ambrogio e molti altri.

La settima persecuzione fu una delle più terribili sotto l'Imperatore Decio dal 249 al 251. Costui voleva d' un colpo distruggere il cristianesimo, per cui obbligò tutti i cristiani a presentarsi avanti alle autorità locali e sacrificare agli dei con la pena di morte o dell' esilio per chi osasse esimersi.

Molti subirono il martirio fra cui S. Fabiano Papa, S. Agata Palermitana, S. Alessandro vescovo di Gerusalemme ed altri.

L' ottava persecuzione fu sotto Valeriano dal 257 al 260. Costui fu dapprima favorevole ai cristiani, ma poi, fallosi insinuare, emana un editto con cui impone ai Vescovi, al clero tulio di sacrificare agli dei. di non fare più riunioni sacre, di confiscare le catacombe ed infine con un secondo edito (258) condanna il clero alla decapitazione e ad altre pene a suo arbitrio.

Viene martirizzalo il Papa Sisto II, sei diaconi decapitati, S. Lorenzo arrostito vivo sulla graticola, S. Cipriano a Cartagine; S. Tarcisio il piccolo martire dell' Eucarestia e tanti altri.

La nona persecuzione fu sotto Pubblio Licinie Gallieno figlio di Valeriano. Costui pur essendo uomo di vizi, fu più mite con i cristiani; infatti restituì loro i cimiteri e i luoghi di adunanza confiscati dal padre.

Per 50 anni, la Chiesa respirò tranquillamente. Soltanto

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nel 275 l'Imperatore Aureliano pubblicò un nuovo editto di persecuzione contro i cristiani, però non ebbe una vera ed ampia esecuzione.

La decima persecuzione poi, compensò la nona. Fu così terribile e così lunga che fu chiamata « l' era dei martiri». Ebbe luogo, sotto l'Imperatore Diocleziano, il quale si lasciava influenzare dal genio malefico del genero Galerio, governatore d'Oriente. Costui spinse Diocleziano alle stragi più orrende. Verso chi professava la religione di Cristo, si usarono barbarie inaudite, i cristiani venivano sospesi col capo all' ingiù e soffocati a fuoco lento o arrostiti sulle graticole, o attanagliati, o squarciati con rottami taglienti, o straziati con seghe e ruote dentate, o immersi nel piombo liquido, o dati in pasto alle fiere ed ai leoni.





MARTIRI SENZA NUMERO

I martiri non si contavano più, anche tra gli stessi soldati dell' impero, ove era penetrato il soffio cristiano. La legione Tebea: dieci mila soldati vennero passati a fil di spada per non aver voluto sacrificare agli dei prima della battaglia contro i cristiani del Vallese (Cantone della Svizzera sul Rodano). In questa persecuzione, vi furono martiri in ogni regione, in ogni città. Si ricordano i più noti: S. Agnese e S. Sebastiano romani. S. Agnese decapitata, S. Sebastiano legato ad un albero frecciato vivo. S. Lucia, S. Pancrazio, S. Giorgio, S. Biagio, S. Gennaro di Benevento venerato a Napoli nella cui Cattedrale si conserva il capo e il sangue del martire che si liquefa nell'ampolla il dì dell'anniversario del suo martirio.

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Galerio, satanico e feroce, imprigionava e trascinava a morte tutti senza eccezione di sorta, senza neanche interrogarli, senza distinzione di sesso e di età; accendeva roghi e a mucchi i cristiani venivano buttati vivi nelle fiamme; altri poi con macigni al collo, erano tuffati in mare. Insomma, non era risparmiato nessuno ai più orrendi supplizi. Le prigioni erano piene zeppe. I giudici seduti aizzavano a sacrificare agli dei e, vedendo l' ostilità dei cristiani, inventavano sempre più nuove crudeltà.


FEROCIA INAUDITA


Le chiese furono spogliate e molte arse mentre erano piene di fedeli. L' odio dei pagani era giunto a tal punto, che i cristiani venivano odiati e scacciati da ogni posto, finanche dalle pubbliche piazze.

I successori di Pietro, intanto, continuavano a risiedere a Roma, capitale del mondo intero. Essi si nascondevano nelle catacombe ove celebravano i misteri, finché non erano scoperti.

Le catacombe erano delle lunghissime ed interminabili cave sotterranee; dei veri labirinti ove i cristiani approfittavano per nascondersi e riunirsi per i riti religiosi: ivi sono sepolti anche i martiri sebbene non tutti.

La fede di quei primi cristiani, era così edificante; l' amore verso Gesù Eucarestia era così fervente, che essi andavano incontro al martirio come un mondano va incontro ai piaceri.


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IL SANTO VERSO LA LUCE


Nel 305 Diocleziano e il collaboratore Massimiano abdicarono, lasciando l'impero a Costanzo Clero e a Galerio.

A Costanzo Cloro, morto nel 306 successe il figlio Costantino per volere d'una parte delle milizie imperiali, mentre l' altra parte acclamava l' imperatore Massenzio figlio di Massimiano.

Tra Costantino e Massenzio ci fu una grande divergenza d'idee politiche e religiose. Costantino proteggeva i cristiani, Massenzio i pagani. Una grande battaglia doveva decidere dalla supremazia dell' uno sull' altro e quindi del cristianesimo sul paganesimo.

Qualche giorno prima, Costantino e i suoi soldati, all' ora del tramonto ebbero una meravigliosa visione. Videro in cielo una luce con in mezzo una croce e le parole:

« In hoc signo vinces ».

La notte seguente Costantino ha un' altra visione. Gesù gli dice di porre in testa alle sue schiere il labarum, cioè uno stendardo con sopra la croce e il monogramma di « Cristo e pace ». Costantino così fece. Poscia, muovendo contro Massenzio, lo disfece definitivamente il 28 ottobre 312, presso il Ponte Milvio, in vista di Roma.

Massenzio scomparve nelle acque del Tevere e Costantino entrò nella Città eterna accolto con grande gioia dai cristiani e dagli stessi pagani, i quali erano stanchi di Massenzio. L'anno dopo, nel gennaio 313, Costantino Imperatore d' Occidente e Licinio uno dei Cesari d' Oriente, riunitisi a Milano, pubblicarono il famoso editto che accordava ai cristiani piena libertà di culto e vietava ogni persecuzione.

D'allora in poi, la chiesa ebbe il suo pieno sviluppo e il sangue dei martiri fu il seme rigeneratore d'un immenso stuolo di santi.


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Chi è il Santo? E' colui che chiude le orecchie alle lusinghe e alle seduzioni di questo mondo e le apre alla voce di Gesù il quale dice: « Chi vuoi venire dietro di me, prenda la sua croce e mi segua ». « Se il granello di seme buttato nel terreno non muore, non può rinascere a nuova vita ». « Chi perde la vita per me la ritroverà ».

Questo hanno fatto i martiri, divenendo la gemma più preziosa della Chiesa Cattolica, la perla del Cuore di Cristo.

Finita l' era dei martiri, sboccia l' era dei Monaci. Il seme rigeneratore dei martiri, aveva infuso in molte anime una sete ardente di perfezione. Ed ecco gli Anacoreti, gli eremiti che si ritirano in luoghi solitari, nella stretta osservanza del Vangelo, praticando digiuni, penitenze e macerando le loro carni con cilicio ed altre volontarie torture.

Furono aperti molti monasteri maschili e femminili, per cui la Chiesa allargava sempre più i suoi rami.





UN ALTRO DOLORE - IL PROTESTANTESIMO

Verso la metà del quindicesimo secolo, a questa Madre buona le attendeva un altro dolore che l'avrebbe fatta piangere imperituramente a lacrime di sangue.

Come all'epoca della strage degli Innocenti venivano strappati i bimbi dalle braccia delle mamme per essere trucidati, così molti figli furono strappati dal grembo della



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Chiesa Cattolica dal protestantesimo e condotti in un'altra, inventata da un diabolico frate che altro non è che un baratro di morte.

Come fra i discepoli di Gesù ci fu un Giuda traditore per l'ingordigia del danaro, così nel convento agostiniano si trovò un frate apostata che per un innato spirito di ribellione tradì la sposa di Cristo, strappandole anime con una nuova e satanica dottrina.




MARTIN LUTERO

Chi fu costui ?

Un figlio di poverissimi minatori della Germania, a nome Martin Lutero, nato il 1483.

Egli, da madre natura aveva ereditato assieme all' intelligenza un carattere libidinoso e ribelle per cui dai genitori veniva spesse volte battuto a sangue. Era d' una superbia inaudita; pur essendo di basso volgo, tutti credeva inferiori a lui. Per soffocare gl' impulsi di questo carattere, volle entrare nel convento agostiniano ove divenne sacerdote, si laureò in filosofia ed ottenne la cattedra all' Università di Wittemberg.

I papi Giulio II e Leone X per l'edificazione della basilica Vaticana, avevano invitato i fedeli di tutto il mondo a contribuire con un obolo secondo le proprie forze, accordando le indulgenze a chi si sarebbe confessato e comunicato. L'indulgenza venne predicata in tutte le province e i fedeli fecero a gara nel contribuire per onorare il principe degli Apostoli S. Pietro.

Lutero invidioso ed indispettito, perché l' Arcivescovo

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di Magonza, aveva incaricato un frate domenicano a predicare le indulgenze in quella provincia, scrisse un libretto contro di esse con 95 tesi e l'affisse alla porta della chiesa, ove predicava il domenicano, aggiungendovi orribili ingiurie ed imprecazioni.

Fu questa la prima scintilla del protestantesimo che si diffuse in tutta la Germania e nelle nazioni limitrofe dell' Europa settentrionale.

Lutero, venuto a Roma per alcuni affari del suo ordine, trovò tutto brutto: l'Italia, gli Italiani ignoranti, i preti eretici. I capolavori che arricchivano Roma sotto il pontificato di Leone X, altro non erano che grossolanità ed ignoranza. Insomma le sue opinioni temerarie furono presto divulgate nella sua patria. E, non solo inveì contro le indulgenze, parlò contro tutti i dogmi della Chiesa cattolica, contro il Papa, contro la confessione, contro il culto dei santi, contro il Purgatorio, contro la verginità di Maria SS., contro i voti monastici cioè: povertà, ubbidienza e castità. Inventò e scrisse una nuova dottrina con il diabolico motto: «Pecca fortemente ma credi fermamente ».

Satana, si era talmente impossessato di lui, che dalle parole passò ai fatti.

Depose l' abito monacale e si unì scandalosamente con una suora strappata dal convento a nome Caterina Bora.

GLI ERRORI DI LUTERO

Con la pretesa « riforma » di un nuovo vangelo lusingavano i nobili col desiderio dei beni ecclesiastici,


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ingannavano il popolo inesperto con la speranza d una vita migliore, così volarono rapidamente non solo nella Germania, ma nella Danimarca, nella Norvegia, nell' Islanda, nella Svezia, nella Polonia, nell' Ungheria e nella Transilvania seducendo un numero immenso di anime le quali si divisero in numerosissime sette. Oggi si contano 250 milioni di protestanti.

Le Università di Parigi e di altre nazioni condannarono la dottrina di Lutero dopo averla esaminata.

Leone X lo richiamò per confutare le eresie concedendogli 60 giorni di tempo per potersi ritrattare. Ma invano! Lutero, non solo si rifiutò, ma lanciò e pubblicò libelli contro il Papa, i vescovi e i preti. Leone X, vedendo la ribelle ostinatezza, lo colpì con la scomunica inviandogli una bolla, che a sua volta Lutero bruciò in pubblico sulla piazza di Wittemberg infischiandosi del Papa e di ogni punizione.

Nel castello di questa città intraprese la prima traduzione della Bibbia, interpretandola e modificandola a suo modo, secondo l'inclinazione delle sue passioni.

Il vangelo luterano servì a giustificare la ribellione, il brigantaggio e la vita più scandalosa per cui fece comodo a molti di abbracciarlo, meno che ai sovrani i quali si sentivano minacciati nei loro averi.

L'imperatore Carlo V temendo di mettere a repentaglio la corona e la vita e stanco di combattere contro gli eretici, nel 1555 concedette libertà di culto ai luterani.

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ENRICO VIII

Così la riforma di Lutero si estende e trova subito eco nel più ingiusto, vile e sanguinario dei tiranni: Enrico VIII d' Inghilterra. Costui costringe il popolo con la legge, con la spada e con la forca ad accettare il credo luterano in odio contro il papato e vien fuori la chiesa anglicana.

Il popolo pur sapendo che feccia era Enrico VIII aderisce per timore della morte.

Tanto per conoscerlo un poco: egli era un lussurioso di prima categoria, oltre che un tiranno. In meno di 10 anni prese 6 mogli, quattro delle quali furono ripudiate e condannate a morte. Chiese al Papa Clemente VII la facoltà di divorziare dalla sua legittima consorte la regina Caterina D' Aragona, per sposare la di lei dama d'onore Anna Bolena. Il Papa giustamente si rifiutò, perché la richiesta era contro il Vangelo di Cristo. Ma non essendogli stato concesso, si fece proclamare dal parlamento Capo della Chiesa inglese e divorziò prepotentemente sposando Anna Bolena che fece decapitare 4 anni dopo per unirsi a Giovanna Sefmnour.

Il Papa lo scomunicò, ed Enrico VIII non ebbe più limiti nella tirannia. Perseguitò con supplizi, esili e confische di beni tutti coloro che si rifiutarono di riconoscere in lui la suprema autorità ecclesiastica.

I martiri dell' inquisizione anglicana furono più di 70.000 fra cui il gran cancelliere del regno Tommaso Moro, il quale non si piegò alle minacce del suo re, volle rimanere fedele alla fede e alla Chiesa Cattolica.

A Lutero si unì Calvino nel diffondere eresie, nonché altri eretici, per cui il protestantesimo, non solo prese piede, ma infierì terribilmente contro la Chiesa.


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IL CONCILIO DI TRENTO

A tamponare tanta marea di errori ci volle un concilio ecumenico che fu convocato dal Papa Paolo III a Trento città del Tirolo italiano. Esso durò 18 anni, perché fu parecchie volte interrotto dalla pestilenza e dalle guerre.

Fu chiamato Concilio Tridentino e fu aperto da Paolo III nell' anno 1545. Fu in questa città che vi convennero da tutte le parti del mondo Cattolico i più insigni personaggi ecclesiastici. Furono invitati anche i protestanti per discutere sulle loro teorie, ma non si presentarono perché di solito le tenebre fuggono la luce. Essi erano consapevoli della verità, per cui nessuno di loro si presentò per sostenere la menzogna.

Il concilio di Trento fu concluso sotto il Pontificato di Pio IV nell’ anno 1563 per cura dell' infaticabile S. Carlo Borromeo. Esso si chiuse alla presenza di 255 illustri personaggi della Chiesa universale e tutti unanimi condannarono le eresie, gli errori, le diaboliche invenzioni di Lutero, Calvino e poi di Zuiglio ecc. ecc.

Furono emanati molti decreti dogmatici sopra la grazia, i sacramenti, il purgatorio, le indulgenze e molte altre verità della fede.

La Santa Sede, a fine d'impedire errate interpretazioni, istituì la Congregazione del S. Concilio Tridentino, composta dai più insigni cardinali e prelati affinché veglino a mantenere inviolabili i canoni e i decreti, pronti a far fronte in caso di controversia.

Così Satana rimase e rimarrà schiacciato dalla frase di Cristo: « A porta inferi non prevalebunt ».

Il protestantesimo quindi è sintetizzato solamente nella apostasia di un frate e nella protezione di qualche principe in odio al Papa, tutti insudiciati di peccati.


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LA CHIESA PROTESTANTE


Quale attrattiva può avere la chiesa protestante, vantandosi di contare ancora, un gran numero di ciechi? Essa, più che Chiesa cristiana, potrebbe chiamarsi un labirinto perché non ha un credo, non ha una fede. Infatti quante sono le sette, tante sono le opinioni, tutte discordi una dall' altra, come una catena spezzata a cui manca l'anello di congiunzione. E' un corpo senza testa, è un carro senza guida.

Essa non ha una storia all' infuori di questa pagina nera e ributtante. Non ha per capo che un frate sfratato. Non ha un santo che la decori e la onori, non ha mai avuto un genio come un Michelangelo o un Raffaello che abbia scolpito un Lutero o dipinto il volto di Caterina Bora.

La scultura, l' architettura, la pittura sono parto di geni figli della Chiesa Cattolica. Perché, o protestante non ti rendi conto dalla storia e non ti metti sul retto binario prima che ti colpisca l'ira divina?

Sii tu anglicano, evangelista, qualunque nome tu abbia non troverai la salvezza se non nella navicella di Pietro. Riflettici bene !




LA RIVOLUZIONE FRANCESE

Dopo il Concilio di Trento, furono fondati molti monasteri d' ambo i sessi e nella Chiesa fiorirono molti santi e perfetti cristiani. Come la Vergine resta ritta ai piedi della croce su cui pende il Figlio Gesù, così la Chie-

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sa Cattolica, quale quercia annosa non crolla ad onta di tutte le bufere. Un altro uragano impetuoso e travolgente si abbattè su di essa, sotto il nome di « Rivoluzione Francese ».

Satana aveva lemme lemme lavorato, finché la Francia non cadesse nella mollezza e nella corruzione. L' ira scatenata da questo spirito maligno contro la religione fu pari a quella dei primi anni dopo Cristo e non solo si confinò nella Francia, ma ebbe ripercussione in tutta l' Europa.

Più di 95.000 furono i cittadini caduti sotto la mannaia, una immensa carneficina umana d' ogni ceto, d' ogni sesso e condizione, rei soltanto di essersi mantenuti fedeli al re e al cattolicesimo. A migliaia e migliaia caddero i religiosi e le religiose strappate ai loro conventi. Chiese, Cattedrali e monasteri distrutti e saccheggiati, atterrati monumenti di gran valore, proibito il libero culto, massacrati tutti i sacerdoti. Sotto l'ironico pretesto della « Fratellanza―libertà―uguaglianza » trionfava l' anarchia e la tirannia prepotente degli antichi feudali.

Quando la « Rivoluzione » sazia di sangue, esausta per le stragi cadeva per sempre, la Francia, poco a poco si rimetteva dalle rovine sofferte e la religione stentatamente risorgeva dall' abisso d'incredulità in cui i rivoluzionari l' avevano precipitata. La fine di questo eccidio avvenne verso l'anno 1794.

Star qui ad elencare la sequela dei dolori della Madre Chiesa fino all' epoca nostra, credo sia superfluo, perché tutti conosciamo le conseguenze della rivoluzione, dalla Francia alla Russia di Stalin, dalla Russia bolscevica alla cattolica Spagna ove si fece un'altra strage inaudita, scatenata dal comunismo.

E' la sorte di quei popoli che sonnecchiano, che non

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vigilano con fervore nella fede cattolica. E' la sorte che spetterà a quei popoli se non voltano faccia al comunismo e non cambiano rotta verso più miti consigli.





IL SACERDOTE E LA RELIGIONE

Abbiamo visto la Chiesa Cattolica come un mistico piano, completo di tutti i tasti. Infatti, è essa la depositarla di tutto il patrimonio che concerne la civiltà dei popoli, che racchiude e compendia la vita spirituale d' ogni cristiano. La religione di Cristo è una musica melodiosa che sorpassa le sfere celesti e raggiunge l'udito divino e lo muove a pietà dei miseri mortali. Però se mancasse il sacerdote, avremmo una musica senza strumenti.

Verdi, Mascagni, Rossini ecc. furono autori, ma ebbero bisogno degli strumenti per mettere in esecuzione e tramandare attraverso essi fino a noi la loro musica.

Gesù, Sommo Sacerdote, volle arricchire la Chiesa di tutti i tesori e volle che la chiave di essi fosse l'autentica persona consacrata appartenente alla gerarchia di Pietro.

I tesori principali della Chiesa sono i Sacramenti. Chi avrebbe potuto somministrarli se non ci fossero stati i Vescovi e i Sacerdoti ? E se non ci fossero stati i Sacramenti non saremmo stati come tante bestie privi di ordine morale, di carità fraterna, di civiltà cristiana?

Per valutare l'importanza di questa eletta creatura, chiamata da Dio singolarmente per il bene delle anime, bisognerebbe recarsi, sia pure col pensiero, in quelle contrade lontane ove non è ancora giunto il Missionario.


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Le cronache di tutti i tempi ne parlano e fanno rabbrividire anche i cuori più crudeli tanto è pessima e bestiale la vita che conduce quella gente.

ad assolvere né altri all' infuori del sacerdote cattolico, l'unico autorizzato da Cristo di sciogliere e di legare.






È NECESSARIO IL SACERDOTE?

Se tutti siamo utili l' uno all' altro, il sacerdote si rende di assoluta necessità perché raffigura la persona stessa di Cristo. Dalla culla alla tomba, noi abbiamo bisogno di Dio, e Dio si rivela attraverso il suo ministro. Dio esiste con la Sua grazia nei Sacramenti che il Sacerdote impartisce cominciando dalla culla col Battesimo, continuando durante tutta la vita con gli altri Sacramenti, ed infine, non ci lascia che sul letto di morte quando ci avrà accompagnati sulla soglia dell' eternità con l' Estrema Unzione.

Gesù se ne sta nel santo tabernacolo, come un sovrano in attesa dei suoi sudditi, ma quando è necessario come Viatico è il Sacerdote che lo porta al letto dell'infermo e con le preghiere, la benedizione e l'assoluzione dei peccati, il moribondo riceve forza e coraggio ad affrontare gli strazi dell' agonia e gli spasimi della morte.

« Beati mortui qui in Domino moriuntur ». Se quegli infelici che non muoiono nel bacio del Signore potessero parlare, direbbero che la più grande disgrazia della vita è quella di morire senza il Sacramento della Confessione. E' assurdo credere alle teorie dei protestanti i quali dicono che basta confessarsi vicino al muro perché Dio ascolta dappertutto. Il muro non alza la mano



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TI SEI RESO CONTO O LETTORE ?

Chi è e che cosa fa il sacerdote cattolico?

Egli è la dignità più alta nel rango sociale.

Non ci sono principi, né sovrani, né imperatori che possono neanche lontanamente somigliare a lui. Egli è un altro Cristo, perché ogni giorno sull'altare, servendosi delle mistiche parole, crea lo stesso Cristo; se non ci fosse lui, non ci sarebbe nemmeno Cristo-Eucarestia e noi non avremmo la vita dello spirito.

Nel sacerdote non bisogna guardare D. Tizio, D. Caio, D. Sempronio; bisogna guardarlo sull' altare e nel confessionale, ove è profusa una vita intera di grande sacrificio ed abnegazione.

Chi è quell'individuo che senza compenso alcuno, resterebbe inchiodalo in un confessionale per lunghissime ore del giorno e forse anche della notte in tempo di affollamento, ad ascoltare tante miserie e brutture che non gli interessano punto? Può farlo solo il chiamato da Dio a sì alto ministero. E' la grazia della vocazione che conferisce a lui tanta forza e pazienza. Quante volte sono vittime di lunghe malattie per la vita sedentaria e priva di aria. Quante volte sono anche vittime di occhi loschi, di maldicenza e di calunnie, senza che si possano nemmeno giustificare perché il sigillo sacramentale è inviolabile e santo.

Se la Confessione non fosse stata istituita da Cristo

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e comandata da Lui, nessuno si sarebbe sottoposto ad accettarla, perché è il vero martirio dell'anima e del corpo del sacerdote. E poi i falsi cristiani dicono che è invenzione dei preti, per sapere i fatti degli altri. Si può mai dire una calunnia più grande di questa?

Se così fosse, si esimerebbero da questo obbligo il Papa e gli stessi preti, mentre .sono loro i primi a confessarsi.

Però non si calunnia il prete, ma si calunnia lo Spirito Santo a cui si darà gran conto.

Quanto fango si lancia contro quella veste sacra; di quanta ingratitudine viene ripagato !

CONDOTTA EDIFICANTE

Si è mai vista una classe di preti o di frati scioperare ? Eppure la loro tangenda giornaliera è la più meschina di tutte le classi sociali. Si è mai visto uno di questi ribellarsi e reclamare in pubblico i loro diritti come fanno tutti gli altri?

Basterebbe questa sola linea di condotta per essere rispettabili e degni di ogni venerazione.

Ma... si sente dire: io non vado in Chiesa perii tale prete, non mi confesso perché non credo più.

Il tale frate, il tale prete hanno commesso cattive azioni.

Se il prete è annesso alla Chiesa è perché è solo un ministro e non un autore. Ci saremmo potuti lamentare, se avessimo visto peccare Gesù, autore della Chiesa e della Confessione. Starebbe bene, se i sudditi di una regi-

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na si allontanassero dal palazzo reale, sol perché hanno visto peccare una dama d'onore? Sarebbero sciocchi, perché non ha nulla a che fare la dama con la regina, e poi perderebbero la grazia sovrana e tutti i benefizi che si godono abitando nel palazzo reale.

I CONTI CON DIO

In quanto alla Confessione, non è mica detto che bisogna andare da quel D. Tizio, di cui non si ha più stima; ce ne sono tanti da poter scegliere, pur di adempiere al dovere di coscienza.

Se ci esimiamo dai doveri impostici dalla religione, il gran conto lo dobbiamo fare solamente con Dio, né possiamo giustificarci davanti al Giudice supremo coll' attenuante di essere stati scandalizzati dal prete.

Il prete, a sua volta, darà anch' egli il gran conto, perché è maggiormente responsabile avendo detto Gesù: « A chi più è dato più sarà richiesto ».

E poi, perché affilare la lingua a guisa di spada contro tutta la classe, contro la religione e la chiesa stessa, solo per il peccato di qualche singolo prete o frate? E perché essere così ingiusti da guardare la pagliuzza dell' occhio altrui, quando c' è da togliere la trave dall' occhio proprio? Insomma per il mondano tutto è lecito, per il prete tutto sembra peccato. Come tale, quell' essere di cui molti Santi baciavano le orme, che apporta tanto bene alla società, viene guardato come una bestia rara come se fosse un disonore avvicinarlo. E il prete sopporta senza vendicarsi, senza desistere dal suo ministero offrendo tutto al Divino Maestro.

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D' altronde, il prete non è un figlio della Vergine Immacolata o di una S. Elisabetta, la quale, ebbe il figlio S. Giovanni, santificato nel seno di lei dal sesto mese di gravidanza dalla presenza della Madonna e di Gesù. Bensì è un figlio di Adamo, come tutti gli altri. Egli è nato come tutti dal peccato originale e da genitori comuni; per giunta, si trova in questo mondo corrotto e corruttore, per cui bisogna compatirlo e non linciarlo. Il sacro che gli è stato unto nelle mani e sulla testa, gli ha impresso un carattere indelebile e divino degno solo del nostro rispetto, della nostra riverenza, del nostro amore. Sono tanti i motivi che devono indurci ad amare i sacerdoti e a pregare per essi, più che per noi stessi, come essi obbligatoriamente pregano per tutti noi nel Santo Sacrificio della Messa.

Se il sacro e la veste talare conferiscono loro la forza nelle lotte della vita, non li escludono dal combattimento continuo contro i tre nemici: mondo, demonio e carne; anzi sono proprio essi presi di mira da Satana perché stanno vicino a Dio e a contatto continuo con le anime.



MI SCUSI IL SACERDOTE

Ecco perché il sacerdote non deve mai determinarsi a tale stato, senza sentirsi veramente chiamato. E' alla grazia della vocazione, che è legato il sacrificio intero di tutta la sua vita. Quei sacerdoti che si fanno tali, non perché chiamati da Dio ma per tutt' altro motivo, sono quelli che diventano lo scandalo della società e che con la loro condotta allontanano le anime da Dio. Il sacer-


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dote deve sforzarsi d'imitare il Divin Maestro, affinché non gli venga detto: « Medice cura te ipsum ».

Egli deve essere paziente, tollerante con il suo popolo, se vuole riscuotere rispetto e stima. Dev' essere giusto ed imparziale con tutti, perché tutti sono figli della medesima Madre Chiesa e lui prende nome di Capo e Padre spirituale. Dev' essere solerte nella cura delle anime e zelante per il culto, specie verso Gesù Sacramentato.

IL RISPETTO UMANO

E' questa un' altra spina che punge il cuore della nostra Madre Chiesa. E' la piaga che affligge l' umanità credente, specie nell'alta borghesia. Questi tali, credono di essere assolti mediante qualche beneficenza, credono di aver adempiuto a tutti i doveri cristiani solo per qualche opera buona che è capitato loro di fare. Hanno vergogna di andare in Chiesa, di dire le preghiere, financo di farsi il segno della croce, per paura che il mondo li critichi e li derida.

Ne volete meschinità più grande di questa ? E per questa paura, non sono pochi quelli che non sanno dire una Ave Maria, non sanno farsi la croce perché non l'hanno mai fatta. E' infinita la schiera di quelli che muoiono in disgrazia di Dio, pur credendo alle verità della fede, perché Gesù ha detto: « Chi si vergognerà di me davanti agli uomini, io mi vergognerò di lui davanti al Padre mio ».

Chi, perorerà la causa di tutti noi davanti al Giudice Supremo, se non il Sangue sparso di Gesù benedetto? Ma se questo Sangue sparso fino all' ultima stilla per la sal-


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vezza di ogni anima, non è stato tenuto in nessuna considerazione, come si può pretendere che Esso ci salvi? E' già gran cosa l'avere i beni materiali, quando non si è degni nemmeno dell' aria che si respira.

IL MONDO

Vediamo un po' chi è questo mondo il quale incute tanta paura da farci aprire le porte dell' inferno con le proprie mani.

Il mondo si divide in cinque continenti: l' Europa, l' Asia, l' Africa, l'America, l'Oceania. Di queste cinque parti, noi apparteniamo solo all' Europa, dell' Europa apparteniamo solo ad una nazione che è l' Italia. Dell' Italia apparteniamo ad una sola regione, della regione apparteniamo all' angolo di un solo paese o città. Tutto sommato, il mondo che fa spavento, si confina a qualche vicino di casa il quale, se ha la testa quadra e la coscienza a posto, dovrebbe ammirare ed imitare; se è un miscredente, può darsi che si ravveda, si converta e segua l' esempio; se è un idiota, non vale la pena nemmeno a fargli le spese col ridergli in faccia.

Insomma, chiunque essi siano, bisogna ripetere col poeta: « Non ti curar di loro ma guarda e passa » .

E poi, perché guardare a questi meschini, e non ai grandi geni della letteratura e dell' arte, i quali hanno decorato la chiesa di tutti i tempi ed in tutte le circostanze? Perdersi dietro queste beghe, significa essere schiavi ed insensati.

Il rispetto umano è una schiavitù che non fa onore

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ad un uomo libero; egli si rende abbietto e pusillanime, incapace non solo di entrare in chiesa, ma di avvicinare anche le persone religiose perché crede che tutti stanno col fucile spianato alle spalle, con la lingua aguzzata e con la beffa pronta per colpirlo. Si giunge nientemeno alla vigliaccheria di lasciare il morto sulla soglia della Chiesa, restarsene fuori per tutto il tempo delle esequie, pur di non entrarvi, per indi riaccodarsi al corteo funebre fino al cimitero. La Chiesa è la nostra Madre e come tale deve essere onorata. Gesù è Dio ed è nostro Padre, e come tale deve essere adorato. Che direbbero quei genitori i cui figli si tengono lontani senza andare mai a trovarli in casa propria? Certo questi figli, meritano essere diseredati. Dio, nella sua infinita bontà, se pretende che gli si pensi almeno al mattino e alla sera, non pretende che si vada in chiesa tutti i giorni; però esige che si vada tutte le domeniche e le feste comandate per ascoltare la S. Messa e per adorarlo, sotto pena di peccato mortale per chi si esime.

PIETRA DI SCANDALO

II rispetto umano, è eziandio pietra di scandalo.

Quale autorità possono esercitare quei genitori sui figli, se essi per primi mancano ai principali doveri? Quale rispetto possono riscuotere se non sanno dare buon esempio ?

Quei padroni, quei datori di lavoro, quale stima possono esigere dai dipendenti con un procedimento così irregolare e pieno di pecche? E' scandalo tutto questo, di cui non sfuggiranno alla punizione di Dio. Sono essi i responsabili dell' ignoranza religiosa dei figli e dei dipendenti,

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perché mancando l'istruzione religiosa, manca l'amore e il timore di Dio. Si vergognano di entrare in chiesa, di usare le pratiche di pietà. Perché non si vergognano di praticare i posti proibiti, i luoghi clandestini, le case dalle persiane chiuse?... Anzi, non solo li bazzicano ma se ne fanno un vanto e trascinano altri nell' orgia infernale. Quelle signore le quali senza nessun rossore, passano le nottate intere nei giuochi della canasta, della briscola ecc., si vergognano di entrare in chiesa, mentre spudoratamente degradano la loro dignità, giocandosi l' anima e fior di quattrini. Conosco alcune signore che durante tutta la notte giungevano a perdere le centinaia di migliaia di lire e i mariti e i figli a dormire nel letto di casa propria. Codesti cristiani solo di nome, credono di salvarsi sol perché non mancano di fede cattolica. E' un; illusione ! E' una chimera !

LE DIECI VERGINI

II vangelo ci prospetta una parabola: « Furono invitate a nozze dieci vergini, cinque savie e cinque stolte. Le savie riempirono anzitempo le loro lucerne di olio e si presentarono nel tempio in attesa dell' arrivo degli sposi. Le stolte si presentarono anch' esse, senonché, s' accorsero di non avere olio nelle lucerne e uscirono tutte e cinque per procurarselo. Sfortunatamente, mentre loro erano fuori, gli sposi entrarono e la porta del tempio si chiuse senza più aprirsi.

Le ragazze stolte ritornarono e, non senza un grande dolore, videro le porte chiuse; bussarono ripetutamente ma invano! Reclamarono il diritto di entrare, perché erano



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state invitate, ma non ci fu grazia per loro. Lo sposo di dentro disse una sola frase: « Nescio vos ». Andate, perché non vi conosco, e nel pianto e nella disperazione andarono via ».

Sarà questa la sorte che capiterà a ciascun individuo, se non penserà di procurarsi in vita l'olio delle buone opere di cui porterà ripiena l' anima, quando sarà invitato dallo Sposo Celeste, ad irrevocabilmente lasciare questa patria terrena.

UN' ALTRA PENA

Un' altra pena della nostra Madre Chiesa è il vedere una marea di cristiani che si onorano del nome di fedeli praticanti, quando in effetti sono dei veri pagani, idolatri della propria persona. Costoro si conoscono dall'atteggiamento, vanno pomposamente ed indecentemente vestiti, entrano in chiesa con una spavalderia e sfrontatezza, senza nessuna riverenza e devozione, con capo scoperto, si mettono a sedere, anche cavalcioni, con cicaleccio e con lo specchio nella borsetta aperta come se veramente fossero in un teatro. Non è escluso che sono molte, quelle che così si presentano anche dietro il confessionale e il confessore non se ne accorge, o finge di non accorgersi per non dare dispiacere.

Povero Gesù, come vieni trattato male ! Si va in casa di una persona di riguardo con tanto rispetto e silenzio ! Si viene da Te con tanta irriverenza e leggerezza come se fossi al disotto degli uomini comuni.

Vi sono altri poi, che si esimono di andare in chiesa perché dicono di essere tormentati da numerosi pensieri e distrazioni; tanto vale, dicono essi, dirsi un rosario in


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casa propria, senza perdere tempo, quando non si può stare col pensiero concentrato in Dio.

E' errato questo concetto. Il Signore guarda l'intenzione e non le distrazioni quando non sono volontarie. Si sa che il demonio la sa lunga, e non lascia in pace l'anima nemmeno al momento che si accosta alla S. Comunione, anzi, proprio allora, accentua i pensieri per farla cadere in peccato, tanto è l'odio che egli ha verso l' Eucarestia, perché è proprio la Comunione che strappa le anime a lui.

Un Santo racconta di aver visto il demonio una volta gironzolare intorno alla balaustra mentre si porgeva la Comunione ai fedeli: chiestogli il perché, Satana rispose: « Io mi faccio il giro per tutte le anime in procinto di comunicarsi, scopro le loro tendenze ed ivi mi fermo con tanti e svariati pensieri, a secondo l'inclinazione del momento; ci sono molte anime che mi danno ascolto ed io resto contento ».

Il santo lo minacciò ed ebbe la soddisfazione di vedere quei fedeli pieni di santo fervore.

E poi, tutte le opere, tutti i lavori non diventano perfetti se non dopo un lungo esercizio praticato gradatamente.


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Parte III





LA SCIENZA DIVINA DIO - SATANA - L'UOMO


Abbiamo visto da vicino Gesù Cristo, la Vergine e la Chiesa: adesso retrocediamo e apriamo la Bibbia almeno per un poco.

Chi è Dio? Il catechismo ci risponde: «E' un purissimo spirito. E' l' Essere perfettissimo, Creatore e Signore del cielo e della terra ». Il Credo aggiungeva più tardi: « Visibilium omnium et invisibilium » ossia, delle cose che si vedono e delle cose che non si vedono.

Dimodoché Egli, essendo il Creatore di tutte le cose, di conseguenza, ne è il Padrone; e siccome in queste cose siamo inclusi anche noi, è il Signore e Padrone anche nostro. Può il servo sottrarsi agli ordini del suo padrone? No; se lo fa, servendosi della libertà che gli da il padrone, va a finire nella fame e nella miseria.

Così non possiamo sottrarci noi ai comandamenti di Dio.

Avendo Dio Creato dal nulla tutto, vuoi dire che non c' è altri prima di Lui. E' lui solo che sta nel principio. Ma Lui non ha principio e non avendo principio, non ha nemmeno fine, quindi è Eterno, è infinito, è immortale.

L' uomo può stare secoli e secoli per trovare i confini di questa eternità, non li troverà mai. Essa è una Imperatrice immortale, sulla cui fronte porta scritto due sole parole: sempre, ― mai ― sempre regnerò, mai tramonterò.

Ora, Dio, essendo eterno e perfettissimo, è bellezza,

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beatitudine e felicità per essenza ; beatitudine e felicità che volle rendere comunicativa.

GLI ANGELI

A chi poteva renderla comunicativa se non c' erano altri all' infuori di Lui? Allora crea una miriade di puri spiriti col nome di angeli, belli e perfetti quasi come Lui. Li divise in nove cori, dando a ciascuno di essi un mandato ed un nome appropriato.

I Troni, le Dominazioni, i Principati, le Potestà, i Cherubini, i Serafini, gli Angeli, e gli Arcangeli. Tutti nel venire alla luce, compresero la luce e, pieni di amore, di riverenza e di rispetto, consci della loro inferiorità, si prostrarono in adorazione, facendo corona intorno al Trono di Lui. Questo è il Paradiso, luogo d'interminabile felicità perché è il regno di Dio, ove si gode senza interruzione la sua beatifica visione.

Fra tutti questi angeli ne creò uno, il più bello e il più intelligente di tutti, gli pose nome « Lucifero » da luce, e lo pose a capo di una schiera. Dio li aveva creati liberi perché non voleva la schiavitù di nessuno. Esige sì amore, ma un amore spontaneo, di affetto e di riconoscenza.

LUCIFERO

In un momento Dio si mise a pensare al Suo Divin Figliuolo Gesù Cristo. Lucifero scruta il pensiero di Lui.

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Come? - dice fra sé -: lo, il più bello, il più intelligente di tutti gli angeli, non basta che sia piegato avanti a Lui, devo piegarmi anche avanti al Figlio? «Non ser-viam » ! Così, pieno di orgoglio e di superbia, invaghito di sé, trasmette il pensiero ai suoi compagni, i quali si associano a lui e architettano un trono sulle nubi ove Lucifero doveva fare da Dio e i suoi satelliti dovevano adorarlo. Il diabolico piano fu repentinamente intuito dagli angeli buoni, i quali si ribellarono. Si scatena così una grande guerra in ciclo ; a capo di tutti, si mise S. Michele Arcangelo, il quale, avventatesi su Lucifero, lo pesta sotto i piedi, impugna una spada e grida: « Quis ut Deus? » Chi è come Dio? Immantinente Iddio scatena tutta la sua ira e nella sua infinita giustizia, con un solo « fiat » crea F inferno, una voragine di fuoco grande ed eterna quanto lui, e vi fa piombare dentro Satana con tutta la sua schiera cambiandogli il nome e le sembianze. Da Lucifero a Satana, da angelo a demonio. La bellezza si trasformò in mostro orribile, nero al difuori, di fuoco al didentro, perché è così il suo regno, tenebre e fuoco : brucia, carbonizza ma non consuma.

Materialmente assunse la figura di rettile, di serpente, perché solo così poteva rendersi più visibile agli uomini, altrimenti non si sarebbe potuto presentare, tanto era orribile e spaventoso.

La Madonna, in una delle apparizioni a S. Brigida ebbe a dire : « Se il mondo vedesse la bellezza di Dio, non resisterebbe, tanto è lo splendore che emana da Lui. Se poi vedesse la bruttezza del diavolo, crollerebbe e gli uomini morirebbero tutti dal terrore e dallo spavento ». Con tutto il rispetto per Giovanni Papini, ma non doveva mai denigrare la sua penna con l' eresia, che « il diavolo si sarebbe potuto redimere ». E che è Dio : uno

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zimbello, un burattino che cambia parola ad ogni cambiar di vento ?

Se eterno è Lui, autore del bene, eterno è il diavolo, autore del male. Tutto ciò non è frutto della mia fantasia o esagerazione, ma è storia autentica: apritela e constaterete voi stessi.

LA CREAZIONE

Dopo la caduta degli spiriti ribelli, nel Paradiso tornò la calma. Gli angeli tornarono al loro posto di adorazione, circondando il trono di Dio, immersi nel più delizioso e sconfinato amore verso di Lui.

L' espulsione dal suo regno degli angeli ribelli, aveva fatto accentuare in Lui il desiderio di creare altre creature capaci di godere la sua felicità e così pensa all'umanità futura. Dove collocarla? Subito in Paradiso? No! Allora pensa di creare il mondo e tutto crea dal nulla con un solo fiat.

« Fiat lux » - disse - e la luce fu fatta. Creò il sole e lo chiamò astro del giorno. Creò la luna, le stelle e li chiamò astri della notte. Divise le tenebre dalla luce e diede nome giorno e notte.

Indi creò le acque, le radunò, e mise nome mare. Poi creò un altro blocco: Monti, miniere, valli, colline, fiumi e ruscelli e mise nome terra. Indi creò le piante di ogni specie di frutta. Poi creò gli animali due per ogni specie, gli uccelli nell'aria, i pesci nel mare ed un'altra infinità di bestie che vediamo e che non vediamo sulla terra, tanto sono microscopici. Avendoli creati maschi e femmine, diede



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ad essi stessi il mandato della prolificazione, avendo infuso in entrambi il medesimo istinto. Così completò la natura con i suoi tre regni: - Minerale - Vegetale - Animale.

Quanto stette per far venire su tutte queste cose ? La Scrittura ci dice: « Egli disse e tutto fu fatto ». Però dice ancora: « Occupò lo spazio di cinque giorni ». Dio osservò che tutto era bello e se ne compiacque. Che pensa? Al sesto ed ultimo giorno del suo lavoro, gli balena un' idea; senza esitare la eseguisce e dice: « Facciamo l'uomo a nostra immagine e somiglianza». Che mai l'avesse detto. Della creazione si compiacque, dell' uomo si pentì.

Riflettiamo un po'. Dio disse: «Facciamo». Se la Scrittura testé ci ha detto: «Egli», termine singolare, ora ci dice: « facciamo » termine plurale. Allora Dio non è solo. E' in compagnia di altri! Chi può competere con Lui? Chi può stare alla sua altezza? Non altri che uno come Lui, non altrimenti che il suo Divin Figliuolo, il quale procede da Lui: allora ha ragione S. Giovanni di dire: « In principio era Verbo ed il Verbo era presso Dio, ed in principio era Dio, con Lui tutto fu fatto, senza di Lui nulla si fece. Egli era la luce che venne nel mondo ma nel mondo erano le tenebre e le tenebre non conobbero la luce », ecc.

Ateo. Chi sono le tenebre? Sei proprio tu. Dove stanno? Nel tuo intelletto. Avvicinati alla luce e vedrai anche tu.

Con la parola ― facciamo ― il Padre viene ancora una volta a confermare l'esistenza in Lui della seconda persona qual' è Gesù Cristo. Ma le Persone Divine sono tre, ci dice il catechismo.

Sì, la terza Persona è lo Spirito Santo il quale procede dal Padre e dal Figlio e formano la Triade Sacrosanta.

E' tanta la connessione tra di Loro, è tanta la fusione

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l' uno nell' altro che formano un solo Ente; un solo « Altissimo » un solo Dio in tre distinte Persone: Padre, Figliuolo e Spirito Santo. Perfettamente uguali, della stessa natura, della stessa sapienza, della stessa bontà e divinità.

Mi spiego con un esempio:

Noi prendiamo l' acqua, lo zucchero e l' alcool, li mescoliamo ed otteniamo un solo liquido coll' aggettivo liquore, l' aggettivo a sua volta sta nel sostantivo, difatti se vogliamo scindere le tre materie l' una dall' altra, non abbiamo più l'aggettivo che è il liquore. Pure a volerlo fare è impossibile, tanta è la fusione, tanta è l' assimilazione fra i tre elementi. Noi possiamo dividere il liquore in diversi recipienti, ma, sia pure una goccia, è sempre lo stesso liquore. Questa goccia di liquore, è Cristo in ogni piccola Ostia nella S. Eucarestia, è Gesù-Verbo nel seno della Vergine.

Quando noi svuotiamo il recipiente, resta imbevuto di quella sostanza, di quel profumo; così rimase imbevuto il seno della Vergine della sostanza e del profumo del Figlio, ragione per cui, andò anima e corpo in Paradiso perché faceva parte della divinità. E' tutta qui la forza e la potenza della Vergine, requisiti che le infondono una ardente brama di voler salvare il peccatore purché questi faccia ricorso a Lei.

Continuiamo nella Bibbia.

L' UOMO

« E prese il fango della terra e formò l' uomo, soffiò nelle narici l' alito di vita e il corpo divenne persona vivente ».



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Se aveva creato tante belle creature, specie il firmamento di sì incantevole bellezza, se aveva creato il mondo intero col solo fiat, perché per l' uomo tanto lavoro, tanta importanza da convocare direi quasi un consulto nel crearlo?

« Facciamo », perché Dio creava solo l' uomo a sua immagine e somiglianza. « Soffiò nelle narici l'alito di vita»: allora è questa l'anima, il soffio di Dio? Certissimo. Se non avesse soffiato l' alito di vita, il corpo non sarebbe stato persona vivente, sarebbe rimasto fango della terra; con l' alito di vita, quel fango divenne carne, sangue, ossa, nervi, ecc. Dunque, è tanto potente l'alito di Dio, da avere in un attimo questa formidabile trasformazione? Eppure è così! E che cosa è impossibile a Lui?

«A nostra immagine e somiglianza». Frase che non usò nemmeno quando creò gli angeli, pur essendo puri spiriti come Lui. Nientemeno eleva l' uomo a tanta dignità, da crearlo non solo simile a Lui, quanto della stessa immagine di Lui. Perché tutto questo? perché l' immagine dell' uomo sarebbe stata assunta più tardi dal suo Figlio Divino. Qui si spiega anche il plurale « nostra ». Lui non si esclude da quell'immagine.

Dunque, come somiglianza io resto a distanza da Lui col corpo. Una persona può somigliare a me, ma non è mai la mia persona; invece come immagine Lui resta in me, perché col suo soffio mi ha dato l' anima.

Ecco perché l' anima è immortale ed intangibile e deturpandola col peccato si fa grave offesa a Dio. E' come quando noi prestando un oggetto ad una persona, pretendiamo che sia restituito integro come l'abbiamo dato.

Voglio spiegarmi meglio:

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LO SPECCHIO

Io mi avvicino allo specchio, vedo la mia immagine; quanto più mi avvicino, meglio mi vedo; se lo specchio lo faccio in pezzi, in ciascun pezzo vedrò sempre la mia immagine; se lo vado a nascondere, peggio per me: potrei uscire col viso macchiato, coi capelli e i vestiti in disordine da farmi ridere alle spalle anche da chi non ha voglia di ridere, malgrado il rifiuto di guardarmi. Lo specchio non perde la sua proprietà di riflettere; è solo lui che ha il potere di riprodurre l'immagine delle persone e delle cose che si presentano davanti.

Lo specchio è Dio, l' immagine siamo noi che, vogliamo o no, non possiamo eliminarla, perché Egli è uno specchio tanto grande, che riempie di sé finanche il più piccolo atomo.

E allora, sarebbe meglio fare come le donne moderne che se lo portano nella borsetta dappertutto; appena scorgono una macchia o un' imperfezione sul viso, subito ricorrono ai ripari per piacere ai loro uomini.

Perché non dobbiamo piacere anche a Dio?

LA DONNA

Ancora la storia.

Dopo che Iddio vide questo capolavoro delle sue mani, nella persona di Adamo (nome imposto da Lui stesso), lo fece addormentare e disse fra sé: « Non mi piace vederlo solo, gli voglio dare una compagna perché condivida con lui gioia, riposo e felicità ».

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Così dicendo stacca una costola dalla parte del cuore di Adamo e forma la donna, dando un' anima anche ad essa.

Intendiamoci: perché dalla parte del cuore e non da altri posti? Dalla testa no, perché non deve la donna predominare sull' uomo; dai piedi nemmeno perché non deve essere sua schiava; e allora dalla parte del cuore e dalla stessa carne dell'uomo, non dal fango perché dev' essere amata, protetta e rispettata come parte integrale della sua stessa persona.

Adamo si svegliò, la guardò e ne tripudiò di gioia. « O Virago » disse, cioè « Signora », « tu sei carne della mia carne, sei ossa delle mie ossa ». La chiamò « Eva » ossia madre dei viventi. Qui si chiude il ciclo della creazione, a cui non si doveva aggiungere un altro apice perché era al completo.

FINE DELLA CREAZIONE

L' opera dei sei giorni era terminata.

Il settimo giorno Dio lo volle tutto per sé. Lo chiamò « domenica » da Domino (Signore), giorno di riposo perché Egli si riposò e di preghiera, perché l' uomo astenendosi dal lavoro ha agio di conoscerlo e di amarlo mediante la preghiera; ma purtroppo è il giorno più profanato tanto da potersi chiamare più festa del diavolo che festa del Signore.

Questo che brevemente abbiamo raccontato, è il mondo. Un globo sospeso nello spazio, appeso ad un sol filo, il - voglio - dell' Onnipotente; allo stesso filo è appesa


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una bilancia chiamata: giustizia e misericordia, peccati e virtù. Se l' amore e la riconoscenza che dobbiamo a Dio avrà più peso nella bilancia della misericordia, sarà bene per noi; se viceversa i peccati peseranno di più in quella della giustizia, il filo si spezzerà e lo stesso - voglio - farà cadere tutto nel - caos e nel nulla donde è stato tratto, restando però immortale solo l'anima.

Sta a noi equilibrare questa bilancia. Se non abbiamo la capacità di poggiarci a destra, almeno non ci abbandoniamo troppo alla sinistra e il Sangue preziosissimo di Gesù Cristo sparso per l' umanità, avrà compassione del mondo intero.

EVOLUZIONE

Dopo una storia così esauriente sull'esistenza di Dio e dell'anima, sull'uomo e la sua origine, come si può fare a persistere nella nera calunnia che Dio non esiste, che l'anima è un complesso di globuli rossi, che l'uomo è un rampollo della scimmia? Cosicché per te ateo, tutto è distrutto. Mi dici che i tempi hanno perfezionato la scimmia fino a farla diventare uomo, capace di quello che è. E perché non si è trasformata nell'uomo, evolvendosi e distruggendo le sue sembianze come è rimasta dello stesso rango quale Dio la creò assieme alle altre bestie ? [* discutibile] Se in natura è vero che nulla si perde, è pur vero che tutto si trasforma. Il seme che si butta nel terreno si trasforma in pianta, indi in frutta; ma il seme io non lo trovo più, è marcito. La scimmia o a chiunque bestia tu voglia alludere la provenienza dell' uomo, esiste ed esisterà sempre nella continuità della propria specie.



* Le varie fasi dell'evoluzione sia dell'uomo che della scimmia sono in gran parte state ricostruite da frammenti ossei anche se la ricerca in questo campo prosegue a piccoli passi.

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Se dall'uomo, che pure è stato creato bello e perfetto, vien fuori una generazione che tende sempre più al basso, cioè alla deficienza, alla delinquenza, alla deformità morale sotto tutti i punti di vista, come può da una bestia cretina da gabbia e da guinzaglio venir fuori una generazione della nostra elevatezza? [* discutibile]

Che Dio nel creare l' uomo, abbia voluto servirsi di una terra dove era stato qualche animale o vivo o morto, noi non lo sappiamo, né lo vogliamo sapere perché non ci importa. Sappiamo di essere sua fattura e basta. La statua acquista nome e valore dall' artista che l' ha composta e non dalla materia che è stata fatta. Anche la più brutta e fragile creta, nelle mani di un abile vasaio, può trasformarsi in un vaso prezioso da esporsi nei più grandi musei del mondo.





* Pregiudizi contro animali che hanno la propria dignità e spesso notevole intelligenza, ma non possono difendersi contro le violenze.



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Parte IV

IL PECCATO

Che cosa è il peccato ?

S. Tommaso dice: « È una trasgressione, una disubbidienza alla legge di Dio, una ribellione a Dio ». Esso nasce da Satana, come abbiamo visto; tutti, grandi e piccoli che siano, se sono deliberati, hanno per base la superbia perché per la superbia avvenne la caduta di Lucifero. E siccome ogni frutto ha il relativo sapore, così in ogni peccato è insito il motivo della superbia, altrimenti non si sarebbe chiamato disubbidienza e ribellione, fino al punto di perdere la visione di Dio. In questa malaugurata sorte caddero Adamo ed Eva.

Bisogna premettere che, quando Iddio punì Lucifero, gli tolse la bellezza ma non l'intelligenza. Come la libertà d'azione è insita in Lui, così è insita negli esseri che creò simili a Lui. Se gli avesse tolto l'intelligenza, Satana non sarebbe stato più conscio del male che fece e della pena inflittagli perii peccato commesso. E' l'intelletto che gli da la chiara visione della superbia e della ribellione al suo Creatore. È la conoscenza della grandezza e della bellezza di Dio e della sua gran lunga inferiorità a Lui, che gli produce un rimorso lacerante ed irreparabile, che lo stritola di collera e di rabbia nonché d'invidia verso le persone che amano Dio, mentre egli si è messo nella condizione volontaria di non poterlo più amare per tutta

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l' eternità, e allora cerca ad ogni costo di vendicarsi. In che modo ? Strappandogli le anime.

È invidioso di Dio perché viene amato ed adorato dalle anime, è invidioso delle anime perché godono di un bene che possedeva lui. Così nel tormento di un infocato rimorso, senza poter più alzare gli occhi al suo Signore, con la lingua di serpente ebbe a dire: Va bene; Tu mi scacci dal tuo paradiso; il regno che mi hai dato è un abisso di fuoco e di tenebre che mi separa per sempre da te, la copritura di serpente è così pesante che non mi permette neppure di alzare un po' gli occhi per godere un piccolo spiraglio della Tua luce. Però io mi farò strada nelle anime e tutte quelle che mi daranno ascolto le porterò nel mio regno e con me ti malediranno e ti bestemmieranno per tutta l' eternità. La risposta Dio la riserbò per poco più tardi nell' Eden. In tal modo Satana mise la volontà a servizio della più inaudita e diabolica malvagità, e l' intelligenza alla più raffinata scaltrezza ed astuzia.

Come un abile marinaio butta le reti per primo, dove sa di prendere più pesci e dopo il bottino, con l' esca va speculando di qua e di là, così egli conosce le tendenze delle anime e senza farsene accorgere vi tende le reti, le quali prendono nome dai sette vizi capitali: superbia, avarizia, lussuria, ira, gola, invidia ed accidia. Si mette in agguato finché non raggiunge la vittoria col farle cadere, se non in tutti i peccati, almeno in qualcuno, e siccome i peccati sono come le virtù uno tira l'altra, è quasi certo che, chi ne commette anche solo uno e non si rialza presto, cadrà in tutti gli altri. Del resto, ne basterebbe anche uno perché l'anima sia perduta. Come fa il diavolo ad usare tanta manovra ? È facile.

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ASTUZIA DI SATANA

Prima prende l'oggetto del peccato e lo presenta agli occhi, di lì lo passa al pensiero il quale lo considera. Satana ha già ottenuto la prima conquista nella curiosità, dal pensiero lo passa all' immaginazione, la quale se ne compiace e lo accarezza. È già la seconda conquista nel diletto; dall'immaginazione lo passa al cuore, ivi soffia e vi accende il desiderio di possedere l'oggetto. Satana ha già fatto la completa conquista nella volontà dell'individuo e, se anche costui non è riuscito ad effettuare l'azione esteriore, il peccato è già commesso perché disse Gesù: « È dal cuore che nascono i cattivi pensieri, gli adulteri, gli omicidi, i furti, i desideri cattivi ecc. ». Il maligno, prima di ottenere l' intento, ha contornato di miele l' oggetto, facendolo credere chissà che gran cosa. Questa è l' esca quando ha raggiunto lo scopo d' impossessarsi dell' anima, allora vi deposita la bava satanica; indi segue la disillusione, il rimorso per l'anima e il tripudio di Satana perché ha vinto.

Questo è il peccato nella sua autenticità.


ADAMO ED EVA

Ritorniamo alla Bibbia.

Quando Dio compì la creazione di Adamo ed Eva e li vide in piena coscienza, li benedì e disse loro: « Crescete e moltiplicate, tutto è per voi, tutti vi saranno soggetti gli uccelli dell'aria, i pesci del mare, gli animali tutti della terra ». Li collocò in un giardino di delizie

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chiamato Eden, ossia paradiso terrestre. Basta questa sola parola per comprendere la bellezza, la felicità, le dovizie di quel luogo. Però, - soggiunse - « servitevi di tutto, mangiate tutto, ma non toccate quel frutto (additandolo) altrimenti incontrerete la morte, morrete». Detto questo, Iddio scomparve.

Perché Dio non voleva che mangiassero quel frutto? perché sapeva che il serpente si era attorcigliato sotto quel tronco in agguato per la prima preda. Il contatto del serpe, aveva avvelenato l'albero fin nelle radici e i frutti non potevano essere che velenosi, nonostante la corteccia bella e rosea. Subito che Dio si allontanò, Eva si inoltrò nel giardino, si avvicinò all' albero e guardò il frutto. È bello disse fra sé, poi si mise a considerarlo. Il serpente approfittò di questa sosta e le disse: « Mangia, vedrai come è buono ». « No, - riprende Eva, - Dio l' ha proibito » . « Non gli dare ascolto ― continua il serpe ― se tu mangerai di quel frutto, diventerai simile a Lui ».

Maledetta superbia che ci vuoi far credere superiori a tutti, fino a voler competere con Dio. Eva disprezza il comando di Dio e accetta il suggerimento di Satana. Stac-

ca il frutto e lo mangia. Lo trova dolce e glielo porge ad Adamo il quale si rifiuta di accettarlo, ma poi finisce col mangiarlo cadendo anche lui. Maledetto momento ! Maledetto peccato !

Se Eva non si fosse fermata a guardare il frutto, non sarebbe caduta. I peccati che essa commise furono tre e tutti e tre gravissimi, basati sulla superbia. La disubbidienza a Dio, il colloquio con Satana, nemico acerrimo di Dio e la rovina dell' intera umanità da che il mondo è mondo sino a quando finirà di esserlo.

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IL COMANDO DI DIO E IL CASTIGO

Molti credono che l'umanità è nata per il peccato. No ! Quando Dio disse: « Crescete e moltiplicate » il peccato non era avvenuto. Quando egli li benedì, fu questo il comando che loro diede perché li aveva creati al completo. La differenza sta in questo: se prima il connubio era una emanazione dell' amore e della sensibilità a scopo prolifico, per ubbidire al comando di Dio, dopo il peccato la sensibilità divenne sensualità e nel cuore, occupato tutto intero dall'amore, vi subentrò la voluttà e la concupiscenza.

Iddio, a cui nulla sfugge, fu spettatore della colpa dei nostri disgraziati progenitori, e, senza tanto indugio, fece sentire la sua potente voce che echeggiò in tono minaccioso nell'Eden: «Adamo dove sei ?» Adamo non era più quello di prima, pieno di candore e d'innocenza; pronto alla voce del suo Signore, nudo, dovunque si trovava correva e gli andava incontro. Al posto dell' innocenza e del candore era subentrata la vergogna, il rossore e il rimorso. Aveva disobbedito e cercava di nascondersi per non farsi vedere. Ma il Signore ancora una volta: « Adamo Adamo, perché non rispondi »? « Eccomi Signore » coprendosi con foglie di fichi.

« Cos'hai fatto »? - « Niente Signore ». ― « Come niente, se hai mangiato il frutto proibito »? - « Me l' ha dato Eva ».

È la solita scusa di noi superbi in confessione, non vogliamo mai dire il mea culpa e addossiamo la colpa agli altri.

Fu chiamata Eva la quale, a sua volta, da la colpa al serpente.

« Giacché è così, sarete puniti. Il paradiso terrestre non è più per voi ».

« Tu uomo lavorerai la terra, e la terra non ti sarà

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propizia; sarà dura sotto i colpi della tua zappa e a stento riuscirai a ricavare il pane, bagnato col sudore della tua fronte ».

« Tu donna partorirai in grandi dolori, e tu serpente maledetto da me, striscerai sempre col ventre il suolo della terra. Però ricordati che se hai sedotta questa donna, io ne manderò un' altra che ti schiaccerà il capo sotto il suo calcagno ».

Dio scomparve senza farsi più vedere.

Chi era la donna a cui alludeva? Era la Vergine senza macchia originale, che avrebbe partorito «l'Agnello di Dio che cancella i peccati del mondo ».

È da questo peccato originale che derivano tutti gli altri. L'umanità decaduta non seppe più rialzarsi. Gesù venne sulla terra, lo cancellò col Battesimo, ma non poté distruggere le conseguenze di esso. La miseria, il dolore e la morte furono date in pena al peccato. E allora non si doveva morire? Può darsi di no. La morte spirituale certo non sarebbe avvenuta, perché era pieno lo stato di grazia comunicato da Dio alle due anime. La morte corporale poteva essere come quella della Madonna, un semplice passaggio da questa all' altra vita, senza i travagli e i tormenti che la precedono. Il mondo sarebbe stato un interminabile paradiso terrestre in cui tutti ci dovevamo amare, convergenti in un solo ideale: Dio. Purtroppo non fu così. I nostri progenitori curvi sotto il peso della punizione di Dio, ne ebbero subito a sperimentare gli effetti con la perdita del figlio Abele, la malvagità di Caino e la durezza della terra che riusciva a stento a produrre lo scarso fabbisogno.

La generazione si doveva produrre, per cui non poteva essere a meno di sposarsi i figli di Abele e quelli di Caino; si ebbe così una promisquità di sangue, un misto

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di bontà e di cattiveria. E siccome i figli di Caino, non solo ereditarono il sangue ribelle del padre, ma anche la maledizione nella frase minacciosa allorché Dio lo chiamò per rendergli conto del fratello ucciso: « II sangue di Abele chiede vendetta davanti a me », ecco che l' umanità è incline più al male che al bene.

DANTE E IL PECCATO

Quali sono gli effetti deleteri che il peccato produce sull'umanità?

Ascoltiamo Dante:

« Nel mezzo del cammin di nostra vita Mi ritrovai per una selva oscura, Che la diritta via era smarrita.

E quanto a dir qual era è cosa dura Esta selva, selvaggia e aspra e forte, Che nel pensier rinnova la paura » !

Qual è il mezzo del cammino della vita di Dante, se non la gioventù scapestrata che senza tanti scrupoli si inoltra nella selva oscura della passioni? Qual è la selva selvaggia aspra e forte, se non il sentiero irto e spinoso che apre il peccato, da render dura la via dritta dell'onestà? Qual è la permanente paura del pensiero, se non il disonore che s'incontra in società, il rimorso che segue ogni passo e il timore dell'eterna dannazione?

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BRUTTEZZA DEL PECCATO

Veniamo ai casi singoli:

Quando Leonardo da Vinci volle dipingere il Cenacolo, come tutti i pittori ebbe bisogno anch' egli di modelli. Non fece molta fatica nel dipingere i discepoli i quali come uomini rozzi e grossolani, se ne trovavano a portata di mano.

Il difficile venne quando arrivò la volta di Gesù. Dove trovare un volto così bello? Girò, girò tanto ma sempre invano. Una mattina si recò in chiesa chi sa potesse ivi essere appagato il suo desiderio. Finalmente trovò il soggetto che faceva per lui. Un giovine in ginocchio che pregava in atteggiamento mistico, devoto e raccolto. Si avvicinò, lo fece entrare in sacrestia e dipinse da quel viso il volto di Gesù.

Il difficile che ancor gli rimaneva, era trovare il volto di Giuda. Si mise di nuovo in giro ma invano. Ebbe l'ispirazione di entrare in una bettola, dove trovò alcuni giovani scalmanati, ubriachi che si acciuffavano bestemmiando perché non avevano diviso bene i conti; Leonardo ne vide uno che più degli altri si distingueva per collera e bruttezza. Lo chiamò in disparte, gli promise la giornata e dipinse il volto. Oh ! che sorpresa ! Cosa era avvenuto ? Quello stesso uomo che era servito per dipinge re il volto di Gesù, s'era ridotto a tale disgrazia spirituale da servire a distanza di poco tempo, per dipingere il volto di Giuda.

Questa è la metamorfosi del peccato. Ha ragione lo Spirito Santo di dire: « E' la bellezza del cuore che si riflette sul viso ».

Non sono i lineamenti più o meno fini, che danno la bellezza ad una persona; né la carnagione più o meno

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rosea, ma i sentimenti di cui è dotata l'anima danno l'espressione al viso. Perché i bambini piacciono tanto? perché sono innocenti; l' anima loro non è intaccata dalla malizia.

REQUISITI DEL PECCATO

II peccato, dice S. Tommaso d' Aquino, nella « Somma Teologica » deve avere tre requisiti per essere tale: Conoscenza - pieno consenso - materia grave.

Se io rubo una 1000 lire, so che è furto. Ecco la conoscenza, intanto la rubo. Ecco il pieno consenso, nella volontà deliberata che mi determina a prenderla. La 1000 lire è una cifra rilevante che può bastare alle spese attive di una famiglia in una giornata, specie se questa è meno abbiente. Ecco la materia grave.

Questo peccato è grave perché contiene tutti e tre i requisiti.

Se poi la 1000 lire io la rubo in chiesa, il peccato è di gran lunga superiore. È sacrilegio.

In un modo o nell'altro bisogna restituirla, direttamente o indirettamente, altrimenti non si viene perdonati e il pungolo del rimorso non si smorzerà mai. Ancora un esempio:

Se un uomo guarda una donna col desiderio in cuor suo di possederla, o viceversa la donna all' uomo, pur non potendo riuscire nell’ intento, ha già commesso peccato grave, perché conosce che quella donna non è sua, appartiene al marito o ai genitori; intanto ferma la perfida volontà su di essa, e dato che l'onore vale più di ogni altra cosa al mondo, ecco la materia grave, per cui disse Gesù: « Chi

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guarda in cuor suo una donna con fine disonesto, ha già commesso adulterio su di lei ».

Questo peccato, assume un gravissimo sacrilegio se si forma su una persona sacra, su un religioso se donna, su una suora se uomo.

Un altro esempio e basta: - Se io prendo a botte un mio pari, questo peccato contiene tutti e tre i requisiti perché Dio disse: « Non ammazzare »; specie poi se lo faccio a sangue freddo. Se invece prendo a botte un mio genitore, o peggio lo uccido, l'atto è tanto grave che merito una pena a vita. E' ciò che spetta anche al blasfemo il quale con la freccia della bestemmia ferisce gravemente direttamente il Cuore di Dio.

Quali sono gli attenuanti che giustificano ad es. un Percoco? Chi lo difende si rende complice anch'egli del triplice omicidio, e se i giudici si corrompono col dargli una pena inferiore all'ergastolo, sono complici anch'essi dei delitti di domani e responsabili del male di futuri elementi tarati che potrebbero derivare dallo sposarsi di un Percoco messo fuori dal carcere.

Se poi io oso malmenare un sacerdote, e non mi inginocchio davanti ad una autorità superiore per chiedere perdono con cuore veramente pentito, il peccato non è perdonabile.

Così è pure la calunnia: mentre resta sempre grave, cambia aspetto da persona a persona. Se calunnio un secolare, la macchia resta solo sulla reputazione del singolo individuo, al più può riflettersi e circoscriversi sulla famiglia di lui; mentre, se calunnio un sacerdote o una suora, la macchia ricade sul singolo e per riverbero sull'intera religione, e di conseguenza su Dio stesso, autore della religione.

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SORGENTE AVVELENATA

Sono sette i peccati che danno morte all'anima, per cui si chiamano mortali.

Abbiamo visto la superbia, sorgente avvelenata a sette zampilli a cui si abbeverano tutti quelli che vivono lontani da Dio e dalla sua Chiesa. Ci sono anche i falsi cristiani.

1) II primo zampillo, è quello che indurisce la cervice, non fa piegare davanti a Dio il ginocchio e non fa considerare pari il proprio fratello, disprezzandolo e sopraffacendolo.

2) II secondo zampillo è l'avarizia. L'abbiamo visto nella morte di Giuda, nell'atteggiamento di Caino e si vede nella parabola di Gesù « il ricco Epulone ». Molti attribuiscono ad avarizia il non spendere e spandere per proprio conto. Molte volte, questo è sinonimo di virtù, di mortificazione.

L' avaro è colui che si restringe nel proprio egoismo; che non si cura dei bisogni e delle necessità altrui; che lascia morir di fame e di freddo gli altri, mentre accumula soldi solo per impinguare il portafoglio, o riserbandolo unicamente per i propri bisogni.

Costui conosce la mostruosità del suo procedere e si scusa davanti agli altri dicendo che lo fa a scopo di beneficare i poveri dopo la sua morte. Quel che è peggio, è che con questa scusa cerca di attutire la voce della propria coscienza. Ma Dio non si lascia vincere da menzogne.

« La prima carità deve cominciare da me » disse San Francesco, cioè dalla propria famiglia.

3) II terzo zampillo è la lussuria. Di questo ci occuperemo più avanti.

4) II quarto è l'ira. Che mostro diventa l'iracondo! Una tempesta si scatena dalle viscere del suo cuore, vi

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brucia le fibre e come freccia infocata traspare anche dagli occhi. Guai a chi si trova davanti, allora bestemmie, vituperi, maltrattamenti, insulti di ogni specie, addirittura a guisa di bestie senza controllo e senza ragione.

Costoro hanno lo spudorato coraggio di chiamarsi nervosi, credendosi di essere così giustificati da Dio e dagli uomini.

5) II quinto zampillo è la gola.

Quanti debiti si fanno per soddisfare la gola. Quante volte per l'intemperanza si sono sciupati interi patrimoni. Quanti omicidi, suicidi avvengono per l' ubriachezza e nell' ubriachezza. Quante disonestà si commettono. E' forse l'unico peccato che attira dietro di sé l'incontinenza e la . lussuria.

6) II sesto zampillo è l'invidia. L'abbiamo visto in Caino, il quale giunse ad ammazzare il proprio fratello.

7) II settimo è l'accidia. E' quell'apatia, quell'indifferenza, la noncuranza di Dio, Chiesa, Messa, Sacramenti, religione tutto è niente per essi. Non esistono doveri festivi con l' ascoltare la S. Messa. Non esistono doveri Pasquali con il santo precetto; non esistono preghiere e forse nemmeno un segno di croce mattina e sera. Crescono e vivono a guisa di animali da mangiatoia. Così imparano anche i loro figli.

A questi sette mostri bisogna aggiungerne altri sei chiamati:



PECCATI CONTRO LO SPIRITO SANTO

Essi sono:

1) Disperazione della salute; 2) Presunzione di sal-

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varsi senza merito; 3) Impugnare la verità conosciuta; 4) Invidia della grazia altrui; 5) Ostinazione nei peccati; 6) Impenitenza finale.

Disse Gesù nel Vangelo: « Tutti i peccati saranno perdonati, ma non saranno perdonati quelli contro lo Spirito Santo ». Perché? Perché sono d'una tale malizia che Dio stesso, Conta infinita, ne resta nauseato e non sente più compassione per il peccatore. Sono peccati che colpiscono direttamente lo Spirito Santo al quale, è attribuita l' opera della santificazione delle anime. Chi si macchia di queste colpe, travisa il concetto; attribuisce a Satana quel che è di Dio ed a Dio quel che è di Satana. In altri termini, usurpa i diritti di Dio col toglierli la fiducia e porla nelle mani del nemico che è Satana.

COMMENTO

1) Disperazione della salute.

L'individuo che si suicida, muore disperato. Egli sa che Dio è sempre pronto con le braccia aperte per accogliere il peccatore. Egli sa inoltre che Cristo è morto per salvare la sua anima; perché quindi tronca il tempo, senza dargli agio di richiamarlo, di ammonirlo", affinché penetri un raggio della sua grazia?

Il suicida, se è in piena efficienza mentale, è senza dubbio un dannato. Qualunque siano i dolori, le circostanze, bisogna sempre sperare in Dio il quale in un attimo solo può cambiare eventi, persone e cose.


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2) Presunzione di salvarsi senza merito.

Costoro, affrontano un duello con Dio, lo sfidano dicendo: Io farò tutti i comodacci miei, ma tu mi salverai perché

sei buono, sei morto in croce per me. Meschini, non sanno che dice S. Paolo: « La fede senza le opere è morta? » Se la fede non è accompagnata dalle opere, meriti non ce ne sono, e a mani vuote, in Paradiso non si entra. Chi vuole raccogliere deve seminare a novembre e lavorare il campo fino a giugno per indi ottenere un buon raccolto. Il primo lavoro che deve fare è picchiarsi il petto davanti a Dio; indi opere di carità cristiana inerenti alla lede ed infine smetterla con i pretesti di non aver ammazzato nessuno; non aver rubato nessun portafoglio, quindi degno della salvezza eterna.

3) Impugnare la verità conosciuta.

Come fa male al Cuore di Dio sentirsi rinnegato, dopo tante prove di onnipotenza e di bontà. Come fa male alla persona del prossimo sentirsi coinvolto in una persistente calunnia, quando l'innocenza è una verità lampante!

4) Invidia della grazia altrui.

Questo peccato è come un cancro che rode senza farsi accorgere, esplode solo quando giunge agli eccessi, come Caino sull' innocente Abele. E' un parassita potente che divora nell'anima fin il più piccolo sentimento della carità cristiana. E' una gioia satanica che pervade l'invidioso, quando vede il proprio fratello vilipeso ed annientato. E dire che nessuno si rende conto di questo spaventoso mostro, nemmeno in confessione.

5) Ostinazione nei peccati.

6) Impenitenza finale.

Se per penitenza significa confessione, come può giungere questa grazia a colui che si ostina nei peccati, senza volerli confessare? La confessione non è quella dei protestanti, all'angolo del muro, ma ai piedi del Ministro di Dio perché Egli così vuole.

E' ovvio quindi, che lo Spirito Santo manifesti la Sua

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giustizia, col far passare queste anime, tanto colpevoli dal peccato all' inferno:

Non è tutta qui la malvagità umana.

Ci sono ancora altri quattro peccati che gridano vendetta avanti a Dio.

Essi sono: omicidio volontario; peccato impuro contro natura; oppressione dei poveri; defraudare la mercede agli operai.

1) L'omicida volontario, è colui che con piena deliberazione, con piena coscienza e volontà si suicida e uccide un altro, sia pure per un motivo di ragione, non ci sono attenuanti di sorta. Padrone della vita e della morte è solamente Iddio.

Quella mamma snaturata che volontariamente si abortisce, è colpevole di questo peccato. Il feto sia pure di un giorno, è stato creato da Dio ed ha diritto alla vita. E' un'anima che essa ha rubato a Dio. Noi non possiamo sapere quali disegni abbia potuto formulare Dio su quell'anima e quale destino le era riservato.

2) Peccato impuro contro natura.

A questo peccato è annesso il terzo dei vizi capitali: la lussuria e il sesto comandamento: non fornicare.

La puzza che produce una carogna putrefatta, è inferiore a quella che produce questo peccato, e tutto intorno a sé fa nausea e ribrezzo. E' la tazza avvelenata dei piaceri di Babilonia che viene sorbita fino all' ultima goccia. Colui che lo commette, è l'abiezione personificata, è inferiore alle bestie. Sì, perché c'è l'elefante che ragiona più di lui: essa ha il suo tempo stabilito per guardare il suo compagno; mentre per il lussurioso, non ci sono tempi né sciagure che lo frenino.

E' di qui che nasce la cronaca nera, gli scandali, gli infanticidi, le scissure matrimoniali. Sono questi mascherati

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rifiuti della società che impregnano l' aria di alito pestifero da provocare i tremendi castighi di Dio. E non fu per questo il diluvio universale e la distruzione di Sodoma e Gomorra? Quanti mali contagiosi sono diffusi nella società da riempire interi ospedali ! E' vergognoso e doloroso insieme, vedere delle coppie da per lutto, in atteggiamenti osceni. Cose che fanno arrossire il demonio stesso, il quale ebbe a dire ad un santo una volta:

« Se mi chiami bugiardo, non mi offendo; se mi chiami superbo, orgoglioso nemmeno perché sono tale, ma non mi chiamare impudico, altrimenti saresti bugiardo tu perché io non ho mai conosciuto donne ».

Daltronde, qual' è il motivo di voler seguire una via storta, piena di lacune e di fossati, ove sicuramente s'incontra la morte, se Dio ha dato una via giusta da seguire?

3) Oppressione dei poveri.

Sì, il povero oppresso e conculcato grida vendetta al

cospetto di Dio.

Se siamo tutti fratelli, dove sta la differenza tra il ricco e il povero? perché trattarlo da schiavo, conculcare i diritti di lui, imporgli la più spietata servitù? Solo perché non ha mezzi di difesa, e il ricco si chiama potente, ne vuoi fare del povero uno straccio da piedi.

4) Defraudare la mercede agli operai.

Questo peccato è molto diffuso nella classe superiore. Esso è il fratello gemello della avarizia. E' mostruoso lesinare la lira sul sudore dell'operaio e non retribuirlo adeguatamente del lavoro che ha fatto. Certamente, Dio che tutto vede, non benedice chi non retribuisce giustamente il lavoro. Le maledizioni segrete dell' operaio giungono fino a Lui ed abbiamo quindi un peccato che grida vendetta avanti a Dio.

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L'IGNORANZA

A tutta questa marea di male che scaturisce volontariamente dall'anima del peccatore, viene incontro S. Agostino rivolgendosi alle anime buone ma timide e scrupolose, dicendo:

« Si può peccare per tre motivi »:

«Per ignoranza, per sorpresa, per fragilità».

Se una persona mangia la carne il venerdì, senza ricordarsi di detto giorno, certo non fa peccato grave, perché, se c' è la materia grave, manca la conoscenza e la deliberata volontà: commette però peccato veniale perché avrebbe dovuto rendersene conto.

L'ignoranza inoltre è di tre specie:

L'ignoranza volontaria; l'ignoranza da idiotismo e l'ignoranza per mancanza di mezzi d'istruzione. Quella testé accennata esclude la prima e fa allusione alle due ultime.

L'ignoranza volontaria, è un peccato per se stesso grave, e tutti i peccati che derivano da detta ignoranza, trovano in essa la linfa, per cui li rende gravi come se fossero fatti con piena conoscenza.

I genitori devono dare ai figli l'istruzione catechistica e questi, a loro volta, divenuti grandi, devono completare da se stessi l'istruzione per non rendersi colpevoli davanti a Dio e alla società.

L'ignoranza volontaria ancora è fondata su due motivi:

1) Perché l'istruzione (luce dell'intelletto) farebbe conoscere il male dove c' è, e siccome iì peccatore è come quella persona che non vuole accendere la luce mentre ci sono gli ospiti, per non far vedere la casa sporca, e li trattiene nel semibuio, così egli si contenta della ignoranza pur di non essere scoperto dalla propria coscienza.

2) Siccome gli piace rimanere nel peccato, teme che

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l'istruzione gli produca un rimorso tale da farlo decidere ad allontanarsi da esso.

Quando una volta il piccolo Napoleone stando affacciato alla finestra col babbo, vide fuori alcuni monelli che giocavano sulla strada rotolandosi nel fango, rivolgendosi al padre gli disse: « Perché non vado anch'io a giocare con quelli?»«Non sono del tuo rango» rispose il padre. Più tardi Napoleone volontariamente s'infangò, tanto che ebbe a dire: « L' unico giorno felice della mia vita è stato quello della mia prima Comunione ».

Il secondo motivo cui accenna S. Agostino, è il peccato di sorpresa.

Cioè quando l'individuo viene preso alla sprovvista o con botte o con invettive; come improvvisamente viene colpito, così improvvisamente ritorce il colpo, come di una palla, quando si lancia sul muro dirimpetto, a breve distanza, per legge fisica, deve colpire il lanciatore ritornando indietro. La colpa è della palla che ha ferito o di chi l'ha messa in condizione di ferire? Il terzo è il peccato di fragilità.

Un albero bacato fin nelle radici, può mai essere robusto e forte da mantenere i frutti fino all'epoca della raccolta? Non solo sono scarsi e poco buoni, ma anche deboli, e soggetti ad una continua casca.

Tale è la sorte di noi miseri figli di Adamo. Rovinati dal peccato originale fin dal concepimento, siamo proclivi a cadere nei peccati attuali; ed affinché non potessimo abbandonarci alla sfiducia e rialzarci sempre con maggiore lena, Gesù ha voluto cadere anch'Egli tre volte sotto la croce e rialzarsi subito, attingendo da quel residuo di forze che gli erano rimaste impavidezza e coraggio. Gesù, conosceva la fragilità umana e non solo permise la triplice caduta alla sua divina Persona, ma ingiunse

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a Pietro di perdonare non sette volte, ma settanta volte sette, cioè tutte le volte che l'individuo cade e si rialza col chiedere perdono. Il perché Gesù sia caduto tre volte è un episodio ricco di significato, ma io noti mi soffermo perché voglio abbreviare.

S. Francesco di Sales dice che ebbe a lottare per ben 22 anni contro la passione della collera. Finalmente vinse da diventare quel gran santo che è.

I DUE COMANDAMENTI

Riepilogando. Quando a Gesù si presentarono per domandargli quali erano i comandamenti da osservare, Egli rispose loro: « Sono due. 1) Ama il Signore Dio tuo con tutto il tuo cuore, cori tutta la tua mente, con tutta la tua anima. 2) Ama il prossimo tuo come te stesso ».

Il primo non ammette offese fatte con piena deliberazione. E' molto difficile che un tale peccatore possa giungere al pentimento. Come è anche difficile ― dice S. Alfonso dei Liguori ― che un'anima la quale fermamente si propone di non offendere Dio, possa commettere peccato mortale, anzi dice: «E' umanamente impossibile». Siccome la volontà sta nel proponimento, se questo cessa, la volontà s'indebolisce e cade.

Il secondo comandamento ha due correnti: la positiva e la negativa. La positiva ci dice di fare agli altri quello che vogliamo sia fatto a noi. La negativa ci dice di non fare agli altri quello che vogliamo sia fatto a noi. Anzi io credo che, quasi tutta la responsabilità del cristiano sta precisamente in questo secondo comandamento. Difatti Gesù,

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quando parla del giudizio universale, dice che saranno messi i buoni alla destra ai quali sarà detto:

« Venite benedetti dal Padre mio perché avevo fame e mi deste da mangiare, avevo sete e mi deste da bere; ero nudo e mi vestiste; ero pellegrino e mi ricettaste ». Essi diranno: « Quando mai Signore è avvenuto questo? »

« Io risponderò: Tutto quello che avete fatto ai miei poveri, lo avete fatto a me ».

Indi mi volgerò alla sinistra e dirò: « Andate maledetti nel fuoco eterno preparato per Satana e per i suoi seguaci perché avevo fame e non mi deste da mangiare, avevo sete e non mi deste da bere, ero nudo e non mi vestiste, ero pellegrino e non mi ricettaste». I cattivi diranno: « Quando mai Signore, sei venuto da noi e ti abbiamo trattato così male? »

E io risponderò: « Tutto quello che non avete fatto al minimo dei miei fratelli non l'avete fatto a me ».

E se così è, non ha valore il primo comandamento? Altroché!...

Il motivo è questo.

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EPISODI EDIFICANTI

La carità verso il prossimo è una lama che rompe le catene dell' egoismo e dispone l'animo alla misericordia la quale, a sua volta, richiama la promessa di Gesù quando disse: « Beati i misericordiosi perché otterranno misericordia » E' un diritto che l'anima acquisisce, e Gesù, fedele alle sue promesse, concede un tale lume da renderla atta ad un sincero pentimento.

A tale proposito ricordo d'aver letto due episodi:


Una volta la Madonna, il Bambino Gesù e S. Giuseppe, si trovavano fuori casa. Sorpresi dalla notte, si rifugiarono in una caverna, nulla sapendo che era covo di malviventi. D'un tratto a notte alta, vi entrò una banda di ladri i quali si accingevano a metter le mani sulla Vergine. Il capitano di essi rimase talmente preso dalla bellezza della mamma e del Bambino che, con voce minacciosa rivolto a loro disse: « Pena la morte a chi torce un solo capello a questa donna ».

La Madonna, si compiacque tanto di questo atto di generosità che gli diede nelle braccia il Bambino, il quale al cuore gli parlò così: « Tu morirai al mio fianco sulla croce». Costui era Disma, il buon ladro. Infatti ad oltre trent'anni di distanza, egli ebbe il premio della compassione usata verso quei santi pellegrini. Morì alla destra di Gesù e andò diritto in Paradiso, senza affatto toccare il Purgatorio.

Il secondo episodio fu raccontato da S. Alfonso Maria dei Liguori.

Egli dice che una volta un Santo Eremita, dopo essere stato 40 anni in un deserto, lontano dal mondo, a far penitenza, gli venne il desiderio di voler sapere a che punto di perfezione si trovava. Gli apparve un angelo il quale lo supplicò a volersi recare in un paese vicino in cerca di un certo uomo chiamato Teodoro, da lui avrebbe appreso quanto desiderava. Il santo meravigliato, ubbidì prontamente e senza molta fatica si trovò vicino all' uomo indicato. Si buttò ai piedi, gli baciò le mani e lo pregò, in nome di Dio, a volergli dire che cosa aveva fatto di grande da potersi paragonare ai suoi quarantenni di digiuni e di penitenze nel deserto. L'uomo, pieno di confusione per sì immeritato rispetto lo sollevò da terra e si mise a raccontare la sua storia:

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«Che volete che vi dica Padre Santo? Sono un povero, non ho niente. Per guadagnarmi il pane faccio il burattino, il commediante, mi metto a braccetto con le donne, faccio il comico, insomma tutti faccio ridere con le mie buffonate. E' tutto qui».

L'Eremita non si persuase, e alle insistenze, se fosse lui veramente la persona indicata, e alla risposta che non c' erano in paese altri Teodoro, lo supplicò caldamente a volergli essere sincero. L'uomo frugando nella sua memoria, si ricordò e raccontò quanto segue: « Passeggiavo un giorno per le vie di campagna; d'un tratto mi raggiunse una dama con cui intavolai discorso. La poveretta piangendo, mi disse che si recava in città per darsi alla prostituzione finché non avesse guadagnato 200 lire per riscattare il marito il quale si trovava in carcere per debiti che non aveva potuto soddisfare. Io n' ebbi tanta compassione, la feci fermare, andai a casa, racimolai le 200 lire e gliele portai. La donna che fino allora era coperta da un velo nero per non farsi conoscere, si scoprì il viso e fra le lacrime mi baciò le mani, mi ringraziò e se ne andò a pagare i debiti del marito. Il viso era quello di una gran dama da far soggezione al solo vederla ».

L'Eremita lo ringraziò e andò via. S. Alfonso commenta: « La carità è una leva potente che solleva il peso delle colpe, scuote dal letargo in cui si giace e spezza i vincoli dell'amicizia fra l'anima e Satana che si sono contratti mediante il peccato » .

Concludendo: II peccato, è quel mostro che deforma l'anima cambiandola addirittura d'aspetto. Essa diventa, da immagine di Dio, immagine di demonio. La carità offusca questa turpe immagine, e ridona la primiera bellezza mediante il cambiamento della volontà dal male al bene.

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Parte V



L'INFERNO E GLI SPIRITI NOCIVI


« Per me si va nella città dolente Per me si va nell'eterno dolore Per me si va fra la perduta gente...

Perdete ogni speranza o voi ch'entrate». Credete che Dante nella sua allegoria non abbia detto un'indiscutibile verità?

Tutte le verità rivelate alla Santa Madre Chiesa sono un dogma di tede; questa dell'inferno la esige anche la ragione. Il peccato è un mostro e tale rende l'anima che lo commette. Si è mai visto un mostro comparire in pubblico o in compagnia, sia pure di un branco di bestie? Farebbe orrore e spavento. Il mostro ha un luogo appartato, in compagnia solo dei suoi pari.

Quale può essere questa città di eterno dolore, di ombre di morte, di tenebre e di fuoco, rifugio dei mostri, ossia di perduta gente, se non quell'inferno creato da Dio dopo il peccato di Lucifero ?

Che cos'è l'Inferno? Ci risponde il catechismo: «E' la privazione della vista di Dio, il fuoco eterno con ogni sorta di male senza alcun bene».

E' quell'abisso che separa eternamente da Dio e dalla società dei buoni, e le anime che disgraziatamente vi piombano dentro, non hanno più speranza di uscire, perché

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esso non possiede altro che la sola porta di entrata, la quale si chiude ermeticamente subito dopo il passaggio dell' anima dannata.

E' quel luogo menzionato tante volte da Gesù nel Vangelo, « ove sarà pianto e strider di denti ». Tutti i mali sono ivi radunati, nessuna briciola di bene che possa attutirli o mitigarli, e ciò per sempre, senza mai terminare.

Il Vangelo, parlandoci del ricco Epulone e del mendico Lazzaro, ci da una pallida idea di questo tormento il quale, aumenta sempre al pensiero che si sarebbe potuto evitare, mentre ci si trova dentro per una insulsa ed effimera soddisfazione.

Una eternità di pene pur di avere altri 40 anni di regno, gridò quella perfida regina d'Inghilterra. L' ottenne; gozzovigliò in mille turpitudini, ma i 40 anni che credeva non dovessero mai passare, terminarono invece prestissimo, ed essa piombò come una folgore nel destino da se stessa tracciato, lasciando dietro di sé un fetore inaudito nella pagina più nera della storia di quei tempi.

Se la perdita di una persona cara ci produce tanto sconforto e dolore che non si cancella per tutta la vita, quale non dovrebbe essere la rabbia e la disperazione per la perdita di un bene così infinitamente grande che è Dio e il suo Paradiso ?

Se si dovesse stare per delle ore intere sempre in una posizione, sia pure in un luogo di dovizie, che tormento non sarebbe perché si rende prepotente il bisogno di un cambiamento? Se una piccola fiamma tocca le nostre carni, ahimè che dolore ! che bruciore insopportabile, subito corriamo ai rimedi per liberarci. Che cosa non sarà il fuoco acceso dalla Giustizia Divina davanti a cui dice S. Agostino che il fuoco nostro non è che una semplice pittura?

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Eppure si finge di non voler credere per tener lontano il timore e lo spavento.

Interroghiamo la ragione:

Se il padre del Percoco fosse sopravissuto alla strage, avrebbe ancora ammesso in casa un sì mostruoso figlio? Sarebbe mai stato tanto pazzo da lasciargli l'eredità? Tale è la condizione del peccatore. Il bestemmiatore non fa altro che stilettare direttamente il Cuore di Dio. Percoco lo fece una volta, mentre il bestemmiatore lo fa tutte le volte che punta la sua lingua blasfema verso Dio, la Vergine, i santi e i morti.

Ditemi qual'è la condanna che menta costui? Inoltre occorre tener presente il divario che c' è fra la creatura e il Creatore, è come una goccia d'acqua dinanzi all' immenso mare, come un granello di sabbia dinanzi alla montagna. Se un padrone denunzia alla giustizia un servitore che gli ruba il portafoglio e lo scaccia completamente da sé, cosa non dovrebbe fare Iddio con lo scandaloso che gli ruba le anime, facendole cadere per colpa sua nel peccato ?

Avvicinatevi al Vesuvio in eruzione se vi è possibile, immaginate di caderci dentro, e avrete così un' idea di quello che sarà il destino del peccatore impenitente. E' un'illusione pensare alla misericordia di Dio, quando si è ostinati nella colpa.

La parabola del Figliol prodigo, va studiata e commentata. Gesù la disse a nostro conforto. Però notate: fu il Figlio il quale, vedendosi nella miseria, fece ricorso al padre, ma il padre non si mosse per primo. Lo desiderava, lo attendeva, ma sempre dal terrazzo della propria casa. Quando lo vide avvicinare, gli andò incontro; il figlio si buttò ai piedi, ed egli lo accolse a braccia aperte, facendogli gran festa.

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Questo fa Iddio continuamente col peccatore; gli va incontro con tanti mezzi, con ispirazioni, buone letture, predicatori, esempi di persone buone, financo col dolore, affinché possa ravvedersi.

LO SPIRITISMO

Se tu, ateo materialista non credi in Dio, non credi all' anima e te ne fai beffa di tutte le verità rivelate, perché poi sciupi nottate intere nelle tue sedute spiritistiche? Vuoi dire che credi nell'esistenza di esseri al disopra di te. Se credi a questi spiriti infernali perché non credi a tutto il resto ?

Se non credi all'anima, perché ti arbitri convocare gli spiriti con la diabolica pretesa di vedere lo spettro dei tuoi morti?

Non sei coerente. E come tale, sei un insensato. O credi e allora sii più cristiano, o non credi e lascia stare i poveri morti; anche il diavolo lascialo stare al suo posto, basta quanta compagnia gli tieni con una infinità di peccati che commetti.

I morti, non si possono mai vedere, li vedremo solo quando li avremo raggiunti nell' altra vita, oppure in sogno, se Dio lo permette.

Se essi sono morti in grazia, o in Paradiso o in Purgatorio stanno tanto uniti a Dio, che nessuna volontà umana li può staccare. Sono anime sante, che dipendono unicamente dalla Divina volontà. Dio non è uno zimbello da affidare un'anima alla curiosità di chicchessia.

Se sono morti dannati, stanno sotto il torchio della

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divina giustizia, quindi impossibilitati a prestarsi a tale prestigio.

Sono tanti gli effetti deleteri di questo gioco che, oltre a produrre forte esaltazione mentale da impazzire, causa anche la morte corporale.

Nella guerra mondiale 15-18, una giovane del mio paese, delirava per il marito il quale si trovava in guerra (erano sposati appena da qualche mese). L'infelice, ebbe la sfortunata idea di recarsi a Bari per consultare un indovino per sapere a quale punto si trovava il marito perché non riceveva corrispondenza da molto tempo.

Il disgraziato le promise che glielo avrebbe fatto vedere in uno specchio, a patto che lo avrebbe contentato in un turpe desiderio.

La donna si rifiutò perché era onesta. Il resto non si è mai potuto sapere. Il certo fu che, dopo qualche giorno di ritorno da Bari, si ammalò di una pazzia tanto sfrenata che nessuno poteva avvicinarla; dovettero legarla ai ferri del letto, senza poter mangiare, né bere e morì così dopo 20 giorni, fra atrocissime sofferenze. Un mese dopo, morirono anche la madre ed una sorella signorina, con le quali si era accompagnata per la lugubre vicenda. I morti, dovunque essi stiano, hanno bisogno di tranquillità e riposo. Non è lecito e non è giusto disturbarli, tanto meno poi con la bestemmia.

LA METEMPSICOSI


Un'altra assurda credenza, è quella della metempsicosi, ossia la trasmigrazione delle anime. [* discutibile]





* Vi sono diverse testimonianze in questo senso con ricordi di vite precedenti e prove su eventi determinati che alcuni giudicano attendibili.



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Questa inconcepibile opinione, distrugge il principio fondamentale e il fine che Iddio mise nella creazione dei due primi esseri, Adamo ed Eva. Quando Iddio disse loro: « Crescete e moltiplicate » non lo disse al solo scopo di popolare la terra, ma al fine precipuo di popolare il cielo di anime.

La trasmigrazione esclude quest'ultimo fine ed assegna un numero limitato di anime in un numero illimitato di corpi. Cosa che, addirittura è da escludersi dalla fede cristiana. Questi tali paragonano l'anima ad un uccello il quale, la notte dorme e il giorno svolazza di qua e di là, posandosi dove più si sente attratto. Per loro, l'anima lascia un corpo dopo la morte, poi si riposa, quando si sente disposta se ne va ad abitare in un altro corpo. Non è questo un ragionamento sballato?

Se ognuno di noi deve presentarsi al tribunale di Dio per rispondere delle proprie azioni, come può l'anima rispondere di un corpo abitato in passato e di un altro che abiterà in avvenire?

Un padre ha due figli: uno è medico, l'altro è spazzino; può mai pretendere il padre dallo spazzino il contributo che gli può dare il medico? Ognuno deve dare quel contributo che può, adeguato al proprio mestiere, alla propria capacità.

Gesù Cristo dice: « Se la tua mano o il tuo piede, o il tuo occhio peccano, troncali e buttali via, sarebbe meglio andare in Paradiso con una sola mano, un sol piede, un solo occhio, anziché andare all'inferno con due mani, due piedi e due occhi ».

Aveva motivo di parlare così Gesù se conosceva che l'anima poteva reintegrarsi in un altro corpo?

La stessa frase evangelica: « Molti sono i chiamati ma pochi gli eletti », che cosa conferma, se non la poca cor-

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rispondenza dei molti alla chiamata divina? Dove si rilegherebbe la responsabilità di ognuno, se l'anima non fosse l'assoluta padrona del corpo che l'abita? E dopo lasciato il corpo e raggiunto il destino che l'aspetta, chi le darà più il permesso di uscire? Non è in suo potere la libertà. Solo nel giorno del giudizio universale, alla risurrezione dei morti, ogni anima prenderà il corpo che gli è appartenuto in vita ed al comando imperioso di Dio si slancerà verso l'ultima meta, in Paradiso se entrambi anima e corpo hanno fatto opere buone, all'inferno se hanno fatto opere cattive.

A che cosa si vuoi attribuire tanta aberrazione se non ad infiltrazione di spiriti maligni nella fantasia dell' uomo, per allontanarlo dalla vera fede e di conseguenza da Dio? E l'incauto che si lascia prendere nella rete del ragno e continua a dare il posto di onore a Satana nel proprio cuore

GLI SPIRITI MALIGNI

Se si potesse conoscere il danno che arrecano all' umanità gli spiriti maligni, non si starebbe così lontani da Dio.

Quando Iddio scacciò dal Paradiso gli angeli ribelli, una parte di essi i meno colpevoli, rimasero sospesi nell'aria, sempre però al servizio di Satana, come gli angeli buoni al servizio di Dio.

Come un sovrano si serve dei sudditi per qualsiasi evenienza, così Dio si servì dell'Arcangelo S. Gabriele per l'annunzio alla Vergine, si servì di S. Michele per difenderlo da Lucifero, si servì di S. Raffaele per accompagnare Tobia e via dicendo.

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Anche Satana, sovrano del suo regno, si serve dei sudditi per tormentare noi poveri mortali, direttamente ed indirettamente. Direttamente con le tentazioni, però dietro le quinte attende l'anima al varco della morte per ingoiarla, ed indi vomitarla nell’ inferno; indirettamente col provocare tante sciagure.

Le tempeste, le folgori, i cicloni e tutti gli sconvolgimenti atmosferici sono prodotti dall'agitazione di questi spiriti maligni dietro il comando di Satana. Non può essere diversamente perché lui solo è l'autore del male.

Dio è bontà infinita e non può fare il male, né può volerlo. E allora Satana è superiore a Dio? No. Tutte le potenze infernali si piegano davanti a Dio, come tutte le potenze terrestri e celesti, ma però lo permette, perché vuole che ci ravvediamo.

Come la mamma mette spavento al bambino col fargli vedere la bacchetta e il bimbo corre a buttarsi nelle braccia di lei, così noi abbiamo bisogno anche della frusta, altrimenti ricalcitriamo e sonnecchiamo senza ricordarci mai di Dio.

Non è forse vero che, nella paura più che in altre circostanze, eleviamo il nostro grido di angoscia e di supplica verso il cielo? Chi può descrivere la pietà di questo Padre verso i figli? Egli sa in quanti pericoli possiamo trovarci, quante lotte abbiamo da affrontare, e quindi non ci lascia mai soli.

Fin dal primo istante che si viene al mondo ci affida ad un compagno inseparabile qual'è l'Angelo custode, il quale non ci lascia, se non dopo l'ultimo anelito, sul letto di morte per presentarci a Dio. Il demonio, che è la seconda potenza dopo Dio, vi pone il contropeso alla bilancia con un altro spirito maligno sì, ma innocuo fino all' uso della ragione, anzi possiede l'anima sin dal-

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l'utero materno sotto il nome di peccato originale, il quale viene cancellato mediante il Battesimo. Quei genitori che non si curano di battezzare presto i loro bimbi, sono gravemente responsabili davanti a Dio, perché hanno privato Dio di godere di quell'anima, hanno privato l'anima di godere di Dio. Perché? Cosa si perde ad adempiere presto questo dovere? Gli antichi non osavano baciare i bimbi se non dopo il battesimo, perché prima, essi dicevano, si baciava il demonio. Dopo che il bimbo viene liberato dal peccato originale, lo spirito immondo va via da lui. Però sta sempre in vedetta, pronto a ritornare al primo indizio dello sviluppo della ragione. E' d'allora che si formano due correnti, una che porta in alto, l'altra che tira in basso.

E' una lotta che ingaggiano l'Angelo di Dio e l'angelo ribelle

Se il bimbo ha ricevuto buon esempio, ha imparato a pregare, si è raccomandato mattina e sera all' angelo custode, si rende forte contro la prima corrente; se viceversa, il sopravvento lo prende, lo spirito maligno rende debole lo spirito buono e tira l'anima verso la seconda corrente e, siccome la prima facoltà a svilupparsi nei bimbi è la memoria, essi ricordano i cattivi esempi ricevuti, ed inclinano sin da principio verso il male, credendo che quella è la via da seguire.

Ecco perché Gesù disse: « Lasciate che i pargoli vengano a me » e minacciò terribilmente coloro i quali insidiano la loro innocenza con lo scandalo e con gli esempi cattivi.

E' facile riaversi un individuo dopo una paralisi infantile? Certamente no.

E' facile raddrizzare un pollone venuto storto dal, seno della terra ? Occorre un robusto puntello che lo

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mantenga. Ed ecco che come l'individuo si fa grande, lo spirito maligno s'ingigantisce intorno a lui e, se i genitori non pensano a fargli somministrare gli altri sacramenti quali la Cresima, la Penitenza e l'Eucarestia, finirà col rimanere addirittura vittima del maligno per tutta la vita.

Non vediamo le innumerevoli ossessioni citate nel Vangelo? E quanti ce n'erano prima di Cristo! Ci volle la potenza taumaturgica di Gesù per scacciarli via. La stessa potenza possiedono i sacramenti. Essi sono sette canali di grazia, scaturiti dal Cuore di Cristo, allo scopo di debellare le forze infernali e il nemico numero uno dell'intera umanità da cui derivano guerre, dolori, tragedie, rovesci ecc. Se ai tempi di Cristo le ossessioni erano visibili, adesso sono invisibili, ma non è escluso però che anche ai nostri tempi, vi è qualche caso, per cui si ricorre agli esorcismi.

Le ossessioni invisibili oggi, si può dire non sono terminate, non perché i sacramenti abbiano perduta la forza e il potere di debellare il nemico, ma perché nelle mani di lui si è data l'arma più potente, qual'è la sfrenatezza in tutte le manifestazioni e l'incontrollabilità in tutte le azioni.

La corsa sfrenata al piacere, al danaro, alla rivalità, agli onori, alla moda del nudismo, che altro è, se non una bramosia ossessionante?

Che cosa può fare Iddio dinanzi a tanto dilagare di male? Un miracolo? E dove sta scritto che Egli debba intervenire con forze soprannaturali, se ci ha dato mezzi tanto potenti di grazia per potercene avvalere ?

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Parte VI





LA PREGHIERA, SOSPIRO DELL'ANIMA


Che cosa è la preghiera ?

E' la elevazione dell' anima a Dio. E' un sospiro di amore verso Dio.

Essa è di due specie: vocale e mentale. Con la vocale siamo noi che parliamo a Dio, con la mentale è Dio che parla a noi.

Quando la preghiera è fatta bene, non da pappagallo, ma con riflessione e sentimento, le due formule vanno di pari passo, cioè la vocale e la mentale e si stabilisce così un colloquio fra l'anima e Dio, di cui quella che ne gode di più è l'anima.

Il maligno è invidioso di tutto questo e subito si frappone con le distrazioni. I più potenti nemici della preghiera sono le distrazioni. Se poi l'anima è molto infangata nel peccato, esse assumono un carattere mostruoso che si chiamano dissipazioni, mediante le quali è addirittura impossibile poter più pregare. E allora bisogna desistere dalla preghiera ? No. Contentarsi di brevissime giaculatorie, sia pure col chiamare solamente i nomi SS. di Gesù e Maria col proposito di lavarsi in una sincera confessione per indi mettersi subito a colloquio con Dio mediante la meditazione.

La preghiera è un telegrafo divino.

La meditazione è un telefono divino.

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Quando noi abbiamo urgente bisogno di una cosa importante e conosciamo un sovrano capace di favorirci, non esitiamo a supplicarlo, esponendo telegraficamente il nostro desiderio. Il sovrano a sua volta, se ci conosce e meritiamo, ci favorisce subito, altrimenti ci fa attendere finché non facciamo anche il secondo e talvolta il terzo telegramma.

Così dobbiamo fare noi nella preghiera. Nessuno è degno di mettersi a colloquio diretto con Dio: sarebbe troppa pretesa. E allora insistere nella preghiera finché da essa non vengano lumi tali, da inoltrarci nella meditazione. Una volta saliti su questo secondo scalino, bisogna essere attenti a non scivolare nella presunzione, altrimenti si cadrà da tutti e due e si troverà di nuovo sul nudo pavimento.

La preghiera è necessaria all'anima come il cibo è necessario al corpo.

Volete un' anima dannata sin da questa terra ? E' l'anima che non prega mai. Perché? ve lo spiego subito: La preghiera è luce nel buio. E' possibile camminare nel buio? No, si deve cadere per forza.

Gesù disse: « Io sono la luce del mondo, chi segue me non cammina nelle tenebre ».

La preghiera, abbiamo detto, è il telegrafo divino, il quale dispone a nostro favore la volontà del sovrano. Come facciamo a conoscere la sovrana volontà se l'intelletto è offuscato dalle tenebre? Come si fa ad ottenere la luce se non si tocca l'interruttore ?

L'interruttore è la preghiera, la quale rompe le tenebre e lascia passare la luce che è Cristo il quale, se vede l' anima ben disposta che lo ha invocato con tutta la forza della volontà, la preghiera diventa colloquio divino a mezzo della meditazione, e siccome, per la distanza che separa

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l'anima da Cristo, non è possibile vedersi di persona, si ascolta la voce reciproca, come fosse per telefono. E' nella meditazione che si conoscono i difetti, i peccati, i pericoli, insomma la via da seguire e quella da evitare. E' in essa che l'anima conosce la nullità di se stessa, si determina con maggior ragione e si abbandona in Dio, da cui solo può tutto sperare.

Se sono tante le grazie e i vantaggi che ne derivano cosa si perderebbe a dedicare almeno un quarto d'ora al giorno in una santa meditazione ? Gesù si compiace tanto, che fa camminare a passi di gigante l' anima così ben disposta. Egli stesso la sospinge al grado superiore della contemplazione facendole pregustare le dolcezze sensibili del suo Cuore, da cui si sprigiona una fiamma e la investe tanto che S. Paolo ebbe a dire: « Non sono più io che vivo, ma è Cristo che vive in me ».

PETITE ET ACCIPIETIS

Quando si presentarono a Gesù gli Apostoli gli chiesero in che modo dovevano pregare, ed Egli rispose: « Pregate così: Padre nostro che sei nei cieli, sia santificato il tuo nome, venga il tuo regno, sia fatta la tua volontà, come in cielo così in terra. Dacci oggi il nostro pane quotidiano e rimetti a noi i nostri debiti come noi li rimettiamo ai nostri debitori e non ci indurre in tentazione ma liberaci dal male. E così sia ».

Come ? Un Dio così buono, deve poi indurci Egli stesso nella tentazione? No. Siccome ci sono alcune tentazioni impossibili ad evitarsi, Egli vuole che facciamo ricorso a Lui con la preghiera, affinché non cadiamo in esse.

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Questa preghiera è la più sublime perché uscita dalle labbra stesse di Gesù, ed è la più efficace, a patto che venga recitata bene e alle condizioni richieste.

Gesù disse: « Cercate in primo luogo il regno di Dio e la sua giustizia; tutte le altre cose vi verranno date in sovrappiù ».

Questa è la prima condizione. La seconda è quella di perdonare le offese ricevute. Come possiamo ottenere il perdono da Dio se ci ostiniamo a non perdonare al nostro nemico? Col peccato, non diventiamo anche noi nemici di Dio? Eppure Egli ci perdona, malgrado la distanza enorme tra l'offeso e l'offensore.

E' assai confortante, ed apre il cuore alla più dolce speranza, quella pagina del Vangelo ove Gesù dice: « Cercate e troverete, bussate e vi sarà aperto, domandate ed otterrete ».

« Chi è fra voi quel padre, il cui figlio chiede un uovo e gli da uno scorpione, chiede un pane e gli da un sasso, chiede un pesce e gli da un serpe? Se voi cattivi come siete sapete dare buoni doni ai vostri figliuoli, quanto più il Padre Celeste non darà lo Spirito Santo a chi lo chiede ? » .

« Se un amico viene a voi di nottetempo a chiedervi un pane, voi non gli dareste ascolto per non incomodarvi; ma se l' amico insiste, vi alzereste e lo contentereste anche per non avere più la seccatura di sentirlo bussare ».

In che altro modo Gesù doveva esprimersi, per spronarci a far ricorso a Lui ? E sovente sentiamo dire: « Ho pregato e pregato e mai ho ottenuto nulla ».

Una volta si presentò a S. Sebastiano un idolatra a nome Cassiano. Costui desiderava una grazia. S. Sebastiano gliela promise, a patto che avesse rotto gli idoli che aveva in casa. Cassiano ubbidì, ma non pienamente. Conservò

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di nascosto un altro idolo perché gli piaceva tanto. La grazia non l'ottenne. Andò di nuovo al santo a lamentarsi perché niente aveva ottenuto, pur essendosi disfatto di quasi tutti gli idoli.

Il santo lo interrogò: « Li hai rotti proprio tutti? » L'uomo confuso rispose: « Uno solo ho lasciato, tanto non fa caso ». E il santo: « Se non li rompi tutti, anche il più piccolo, la grazia non l'avrai mai ».

Tale è la nostra condizione quando preghiamo e non otteniamo. Significa che in noi c' è qualche peccato o affezione disordinata che impedisce l'ingresso ai divini favori.




REQUISITI DELLA PREGHIERA

La preghiera per rispondere alle divine esigenze deve avere tre requisiti: dev' essere umile, fervorosa, costante.

L'umiltà è quella che piega la volontà di Dio a nostro favore e lo muove a compassione. Se alla nostra porta si presenta un povero per chiederci l' elemosina e ce la chiede con prepotenza, con voce alterata, noi certamente gli chiudiamo l'uscio in faccia e può aver voglia ad insistere.

Gesù lo dimostra chiaramente nella preghiera del Fariseo e del Pubblicano.

Molti sono quelli che pregano come il Fariseo: « Signore ti ringrazio che non mi hai fatto come gli altri uomini, non rubo, non ammazzo, pago quando c' è da pagare; non sono come il pubblicano il quale non ha coraggio di presentarsi davanti a Te ».

Meschino ! Non sai che tutti siamo debitori davanti a Dio? Chi può chiamarsi giusto, chi può chiamarsi perfetto dinanzi a sì alta Maestà ? E Gesù continua: « II Pubblicano

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si picchiava il petto nel cantuccio del tempio, dicendo: Signore abbi pietà di, me, sono peccatore ».

« In verità in verità vi dico, il Fariseo fu condannato e il Pubblicano fu salvo perché ottenne il perdono ».

La seconda condizione della preghiera è il fervore.

Se un bimbo chiede il pane alla mamma in una maniera slavata, la mamma s'accorge che non ha appetito e non glielo da perché potrebbe produrgli anche un' indigestione; se invece il bambino glielo chiede con le lacrime agli occhi, essa vede che effettivamente ne ha bisogno e, non solo gli da il pane, ma lo condisce anche con companatico.

La terza condizione richiesta, è la costanza.

Se un povero bussa alla porta e va subito via, senza aspettare che la padrona venga ad aprire, di chi è la colpa se non riceve l'elemosina? Comportandosi così, resta sempre nella miseria. Tali siamo noi, quando ci stanchiamo di pregare. Dio, come non ha limiti Lui, così non hanno limiti i suoi tempi. Non siamo noi che dobbiamo dire il come e il quando ci deve esaudire. Noi dobbiamo solo pregare perché lo ha detto Lui e basta.


«SINE INTERMISSIONE ORATE»


Dobbiamo pregare sempre e senza interruzione. Non è detto che bisogna stare sempre in Chiesa per pregare; purché non si manchi la domenica alla Messa, la preghiera si può fare dovunque; né si può stare continuamente con la corona in mano.

« Ora et labora ». La mente si può in ogni istante elevare a Dio. Un sospiro di amore si può dedicare a Lui in ogni secondo.

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« Credimi o donna, disse Gesù alla Samaritana, è venuta l' ora che adorerete Dio in ispirito e verità ». Cosa voleva dire e affermare con ciò se non la presenza di Dio in ogni luogo?

Gesù disse ancora: « Quando pregate non usate molte parole come i gentili i quali credono di essere esauditi mediante il molto parlare. Prima che voi esponiate i vostri bisogni, il Padre già sa di quello cui abbisognate. »

Se un fidanzato si reca a far visita alla fidanzala, e dedicasse tutto il tempo della visita alla lettura di un libro o di un giornale, certamente la donna, o viceversa, si offenderebbe, avrebbe tutto il motivo di pensare che non è vero amore. Il cuore, ha bisogno di espandersi e di comprendersi mediante gli intimi colloqui.

E' cosa buona aprire un libro di preghiera alla presenza di Dio; però, servirsi di esso, finché l'anima non si sente in grado di parlargli da sola a tu per tu. E' da questa intimità che nasce il fervore e la costanza, cioè il bisogno di voler stare sempre unita a Dio mediante la preghiera. E' questa la preghiera che ottiene ogni favore, perché non è altro che abbandono alla volontà divina. Il libro, insomma, non è che l'ascensore che ci porta fin su; quando siamo giunti nell' appartamento, bisogna chiuderlo e mettersi a disposizione del padrone di casa, ubbidirlo in lutto quello che ci comanda, soddisfarlo in tutto quello che desidera, pensando che Gesù disse: « Non chi dice Signore, Signore entrerà nel regno dei Cieli, ma chi fa la volontà del Padre mio che è nei Cieli ».

In altri termini, chi prega si salva, chi non prega si danna: così S. Alfonso. E' nella preghiera che si conosce la volontà di Dio. E' per la preghiera che si ha la forza di seguire la volontà di Dio.

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Parte VII





IL CROGIUOLO DIVINO: IL PURGATORIO


Che cosa è il Purgatorio ?

« E' il secondo regno, ove l'umano spirito si purga e di salire al ciel diventa degno ». Così Dante nella sua metafora.

Dante, aveva studiate le verità della fede, le aveva approfondite ed assimilate e, col genio della fantasia e della penna, le trasmise ai posteri.

Il Purgatorio è quella prigione indicata da Gesù, donde non si esce, se non dopo aver pagato l'ultimo spicciolo.

E' un dogma di fede che, al pari dell' Inferno trova le radici nella ragione.

E' un crogiuolo che purifica le anime, come l' oro viene purificato sul fuoco dall' ultima impurità, dall' ultima scoria. E' un luogo intermezzo, sospeso fra il cielo e la terra ove si soffre come dicono i Teologi « la pena del danno e la pena del senso ». La pena del danno è la privazione della vista di Dio, la pena del senso è il fuoco che, penetrando fin nelle più intime fibre, deve purgare le anime dalle più lievi imperfezioni. Se il fuoco dell' inferno è acceso dalla Divina giustizia, il fuoco del Purgatorio è acceso dalla Divina misericordia., ma è sempre fuoco. La differenza, dice S. Agostino, sta in questo: l'Inferno è eterno, mentre il Purgatorio è temporaneo, ed è per tale motivo che il luogo è beato e le anime sono sante, perché sono certis-

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sime di andare presto o tardi in seno a Dio. Invocando le anime del Purgatorio, è come se si invocassero i Santi. E quante grazie otteniamo per mezzo di Esse. Quanti miracoli si sono verificati.

I protestanti annullano completamente questa dommatica verità, ma s'ingannano a partito. La donna quando fa il bucato mette i panni a bagno nella lisciva e tanto li strofina finché non riesce nel suo intento di averli candidi e puliti, anzi prima si usava la cenere bollente. Che peccato avevano fatto i panni da essere trattati in sì barbaro modo? Eppure la padrona, non si curava del loro logorio, pur di vederli puliti e freschi. Se questo lo esigiamo noi, perché non deve esigerlo Dio dalle anime le quali, devono stare per tutta una eternità dinanzi alla Sua Maestà, alla Sua infinita bellezza ?

Gesù dice nella parabola del convito: « Chi non ha la veste nuziale, non può partecipare al banchetto ».

Queste anime hanno la veste nuziale della grazia, però è macchiata e per ripristinare il candore, onde essere degne del convito, devono attraversare quel sentiero doloroso tracciato dalla giustizia e dalla misericordia insieme. Crediamo noi, che Dio nutra piacere per l'anima che soffre ? E' sempre Cuore di Padre.

Ha piacere la mamma di vedere il proprio figlio sotto le mani del chirurgo ? No certamente. E intanto, lo accompagna essa stessa in clinica, perché sa che dopo, vedrà nel figlio una salute perfetta.

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ASSILLANTE NOSTALGIA

L' anima sul letto di morte, ha visto la bellezza di Dio e vuole spiccare il volo verso di Lui, ma viene trattenuta. Siccome la memoria è la prima cellula del cervello a svilupparsi, così è l' ultima a spegnersi, essa ricorda che i peccati sono stati confessati sì, ed assolti dal confessore in quanto alla colpa, ma in quanto alla pena, restano da scontare; ricorda ancora quanti peccati veniali non confessati, quante imperfezioni volontarie che avrebbe potuto eliminare con l' acquisto delle indulgenze e non l' ha fatto per incuria. Quante opere di carità omesse ma che poteva fare benissimo. Tutti questi ricordi, appesantiscono le sue ali, e le permettono il volo non oltre il luogo assegnato per la sua purificazione. Intanto Iddio si ritira. Si è fatto vedere sul letto di morte e basta. Scomparso lui scompare la luce, ed ecco le povere anime che vivono nelle tenebre in una assillante nostalgia, con una brama inaudita di presto raggiungerlo senza poter far nulla da sole, senza poter abbreviare d' un solo minuto queste terribili sofferenze. Sono completamente esiliate, lontane dagli uomini, lontane da Dio, unica loro meta, unica loro aspirazione.

Una pallida idea, la possono avere i prigionieri di guerra che sono vissuti sotto le trincee. Alle povere anime, oltre questa pena del danno si aggiunge quella del senso che è il fuoco.




DOLCE E TRISTE RICORDO

Non così per le anime del Paradiso e nemmeno per quelle dell' Inferno.

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Quando muore il santo, la memoria di lui è scevra da ogni triste ricordo; si concentra in un solo pensiero, nella pienezza dell' amore che vuoi presto raggiungere per cui non vede l' ora che i legami del corpo vengano spezzati.

Dio a sua volta, brama anch' Egli stringere presto quest' anima nel suo amplesso per premiarla del bene fatto in vita. Ad essa, non compare al momento della morte ma già prima sul letto dell'agonia infondendole coraggio e forza per attraversare l'arduo e terribile momento, giunto il quale, dal Cuore di Dio parte un raggio, a guisa di calamita che punta su lei e l'attira, ed essa leggera come farfalla, si libra verso la luce e qual candida colomba, si posa nelle braccia dell' amato da cui riceve il potere e l' autorità di continuare a beneficare servendosi dei tesori di Lui per prodigare grazie e miracoli alla povera umanità.

Per l'anima dell'Inferno poi, il ricordo è la sua cappa di piombo dalla quale viene tirata giù con tutto il fardello dei peccati. Le ali di queste anime, sono state addirittura spezzate dal peso delle colpe senza nessuna speranza di ricupero.

LE CHIAVI D'ORO

Abbiamo detto che le povere anime del Purgatorio, per sé stesse non possono nulla, mentre noi possiamo tutto per loro. Possono paragonarsi ad un povero individuo caduto in un fosso il quale non ha scala per salire su e attende la mercé di un passante, chi si potesse commuoversi ai suoi lamenti ed aiutarlo.

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Una simbolica figura ce la da il Vangelo, nell' uomo paralitico. Stava fermo tutti gli anni sull' orlo della piscina probatica, però mancava chi gli desse una spinta per tuffarlo nell' acqua al passaggio dell' angelo; impotente per se stesso, vi rimase per 38 anni infermo, finché non lo presentarono a Gesù il quale miracolosamente lo guarì.

Iddio, ha dato a noi le chiavi di quel carcere tenebroso, affidandole ai nostri suffragi. Egli ha stabilito per ciascun' anima un limite di tempo, a secondo i demeriti presentati, con la condizionale che, se noi le raccomandiamo a Lui, il tempo dell'esilio viene abbreviato e le pene vengono alleggerite.

Del resto, non è anche così umanamente? Quante volte i detenuti in carcere godono dell' indulto !

Sono tanti i mezzi che abbiamo a disposizione per poterle aiutare: la preghiera, l'elemosina, l'ascoltare la S. Messa, l'acquisto delle indulgenze; ogni opera buona, sia pure piccola ha il suo valore, come l' offerta continua di noi stessi e del nostro lavoro, purché sia fatto con l' intenzione di suffragio. Al disopra di ogni cosa, resta la più eccellente: la celebrazione della S. Messa oltre che ascoltarla.

La Messa, ha un valore infinito perché è Cristo stesso che si offre all' Eterno Padre a favore di quelle anime. Il sangue Preziosissimo di Gesù, scende su di esse come lavacro, le purifica e abbrevia le pene.

A tale proposito mi fu raccontato un episodio: Ritornò dalla guerra un marito, dalla moglie creduto morto perché deportato in Russia, per cui non diede più notizie di sé. La moglie, ogni mese, a data fissa, faceva celebrare una Messa in suffragio di lui. Dopo molto tempo, l' uomo si presentò in casa con sorpresa e meraviglia di tutti. La moglie, per non mortificarlo, tutto raccontava fuorché questo fatto delle Messe; anch' egli raccontava le

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sue tristi avventure. C' era di buono, ebbe a dire, che ogni mese io passavo una giornata di tanta intima gioia che mi sentivo di stare in Paradiso. Era questo stato d' animo che mi faceva sopportare tutti i travagli della prigionia. La moglie svelò il segreto, e si trovarono le due date coincise. Era appunto il giorno in cui si celebrava la Messa per lui.

Con le anime del Purgatorio, nulla è perduto. Il bene che loro facciamo, ce lo ricompensano con le assidue preghiere che giorno e notte rivolgono a Dio per noi.

Esse sono vicino a noi, ci proteggono e ci aiutano, senza che noi le vediamo. Esse tutto vedono, tutto osservano. Sono snaturati coloro che non credono, non le suffragano e non hanno compassione nemmeno dei loro antenati i quali chissà quanti sacrifici hanno fatto per loro.

Gesù ritiene fatto a Lui il bene che si fa a quelle anime e abbonda le sue celesti benedizioni.

« Beati i misericordiosi perché otterranno misericordia » .

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Parte VIII





IL DOLORE E LA SUA ORIGINE

Chi è e che cosa è il dolore?

E' quel gigantesco fenomeno scaturito a malincuore nell' Eden dalle labbra di Dio, provocato dalla disubbidienza dei nostri progenitori Adamo ed Eva.

Egli è grande come la parola stessa che lo pronunciò, e per i dannati è eterno come è eterno Iddio.

Quando Adamo si svegliò e vide Eva, inneggiò ad essa: «Tu sei carne della mia carne e ossa delle mie ossa ».

Cosa era questo, se non il canto della piena felicità accanto alla compagna del suo cuore? Fino allora, il dolore non aveva fatto ingresso nel mondo.

Peccarono. Dio li richiamò e venne fuori la fatidica parola che ha crucciato l'umanità da che il mondo è mondo.

« Tu partorirai nel dolore disse alla donna. Tu lavorerai col sudore » disse all'uomo. Alla prima assegnava dolori fisici, al secondo dolori morali.

Questi due dolori, presero forma di croce e, non appena Dio finì di parlare, la croce aprì le braccia e strinse i due in un solo amplesso. Il sorriso finì, e dagli occhi di entrambi sgorgò il pianto, e il canto e il pianto formarono un solo dolore.

Ecco il retaggio della povera umanità.

La parola di Dio fu un arbusto. La condanna di Lui,

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fu un seme, da cui venne fuori un colossale cespuglio tutto spine, pochissime rose.

Se la sofferenza è insita nel suo stesso nome « dolore », come può produrre rose? Eppure dalla punta di qualche spina, spunta qualche rosa chiamata: Pazienza, rassegnazione, sottomissione alla volontà di Dio.

Quel colossale cespuglio, non ha la forza di mantenere sempre le spine attaccate al suo tronco, e come il cacciatore è pronto col fucile spianato per colpire la preda, così egli, come l'essere umano concepisce nell'utero materno, spicca una delle sue spine e gliela infigge senza più ritirarsela.

Avvicinate le gestanti, loro ve lo sapranno dire meglio di me. Avvicinate le puerpere, non sentirete che grida e pianti di neonati.

Si è mai visto un neonato ridere? Mai; si è sempre visto piangere.

Insomma, il dolore è il compagno più fedele della
vita che ci tiene compagnia dall' alba
al tramonto.''



LA DISILLUSIONE

La gioventù, specie la moderna, a prescindere la classe sofferente, guarda con occhio bieco il dolore. Lo considera un mostro, gli ride in faccia e gli volta le spalle dirigendosi per la via opposta.

Poverini, come fanno pietà!

I loro anni giovanili, promettono dovizie e piaceri e si sfrenano nei godimenti, abbandonandosi all' illusione che la vita è piena di contenti e di gioie.

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II dolore messo a bada ha taciuto, è rimasto in un cantuccio solitario, pronto a fare la sua comparsa al primo indizio della stanchezza. E che cosa non stanca in questo mondo ?

Anche le gioie più grandi, i piaceri più frementi, non hanno durala anzi, sono proprio quelli che hanno sapore di anormalità, che stancano più presto ed infondono amarezza.

Ben presto, il dolore disprezzato fino a poco tempo fa, in veste di mendicante e in cerca di rifugio, bussa alla porta del cuore prepotentemente e bisogna aprirgli: chi è?

La disillusione. Sola? No. Ha con sé una scia di malanni.

E' la gioventù balda, fiorente, capricciosa, ridotta in fondo ad un giaciglio, magari nell'angolo di un ospedale, in preda e sottoposta alla sferza causata dallo sbrigliamento degli stessi suoi vizi.

Adesso è il dolore che deride lei. Non importa. Egli è accovacciato in fondo al cuore, paziente si renderà l'amico inseparabile che l' accompagnerà sin oltre tomba. Dove va dopo la morte, in Purgatorio ? ivi l'accompagnerà e non la lascerà, se non sulla soglia del Paradiso. Se poi è stato trattato male, calpestato e ricalcitrato, a dispetto, pieno di sdegno l'accompagnerà sin nell' inferno ed ivi prenderà l'aspetto di mostro e diventerà l'eterna tortura.

L'INSEPARABILE AMICO

II dolore non ha preferenze di sorta; tutti per lui sono uguali: ricchi e poveri, dotti ed ignoranti, piccoli e grandi, nobili e plebei, buoni e cattivi.

Egli, rivestito dell' autorità della parola infallibile di

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Dio, stese da principio il dominio sui tempi e nello spazio, rendendosi padrone degli eventi e delle stagioni, il suo impero è una legge, che s'impone a tutti i mortali, non escluse le bestie, perché anche esse si trovano sotto la comune cappa del sole.

Girate il mondo in tutti i suoi cinque continenti, attraversate le sfere dal polo nord al polo sud, mettetevi nel foro di un sasso, ovunque andate, avrete di fronte sotto tutte le forme il dolore.

È un mistero di cui nessuno ha saputo darne la spiegazione.

Il poeta escogitava nella sua fantasia e, tanto per acquetarsi e per darsi un conforto ebbe a dire: «Quando riacqui sentii una voce, tu sei nato a portare la croce,

io piangendo la croce abbracciai che dal cielo assegnata mi fu, guardai, guardai: tutti portano la croce quaggiù ». Ecco perché i santi, intelligenti, sapevano di non potersi esimere dal dolore e gli facevano felice accoglienza. Essi lo accettavano come la persona più cara, gli davano la preferenza nel loro cuore ed egli diventava il sovrano,

il signore assoluto, fino al letto di morte e non oltre.

Chi ha saputo soffrire come i santi ? Essi soli, sono la copia, il ritratto di Cristo.

« Chi vuoi venire dietro di me, prenda la sua croce quotidiana e mi segua». Così disse Gesù.

E Lui, che peccato aveva fatto per essere assoggettato a sì crudele legge? Quale fu il suo nome? Il «Martire del Golgota ».

Eppure dalla lingua blasfema si sente dire: « Perché devono soffrire le bestie, perché devono soffrire gli innocenti? » Le bestie soffrono, perché è il padrone che per esse deve soffrire, altrimenti non ci sarebbe motivo di chiamarsi dolore morale.

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Gl'innocenti soffrono perché in essi devono soffrire i colpevoli. Chi dice che quegl'innocenti di oggi, non potranno essere i colpevoli di domani ? Dio è un orologio indefettibile. Egli misura il tempo e le cose di domani come quelle di oggi e di ieri. Egli sa quali sono gli elementi che daranno maggior gloria a Lui e maggiore benessere alla società.



RIMEDIO ED ESPIAZIONE

Del resto, Dio ha dato il rimedio per alleviare il dolore ed è la preghiera. Preghiamo e ci sentiremo confortati. Avviciniamoci ai sacramenti e saremo sostenuti da una grande forza da ripetere con S. Francesco: « E' tanto grande il bene che aspetto che ogni pena mi è diletto ». Prima dei tempi di Cristo, la croce era oggetto d'ignominia e di disprezzo; dopo è diventata il trofeo della vittoria; l'unico stendardo che adorna tutti gli altari del mondo. Del resto non è il dolore un mezzo di espiazione? Se Iddio lo permette è perché ci vuoi bene, un grande bene. Col dolore sofferto pazientemente, noi veniamo a scontare tante venialità che dovremmo scontare in Purgatorio. E cos' è più pesante: soffrire i più grandi dolori di questa terra o le tenebre e il fuoco dell'aldilà dove i minuti sembrano anni e gli anni secoli? Almeno qui abbiamo il conforto dei parenti e degli amici, abbiamo chi ci porge sia pure un sorso d'acqua, mentre lì, saremo soli, abbandonati come se mai avessimo avuto nessuno al mondo.

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DOLORE E BEATITUDINI

Gesù nella sua infinita bontà, trasformò il dolore in otto beatitudini:

« Beati i poveri di spirito, perché di essi è il regno dei cieli ».

Chi sono i poveri di spirito se non gli umili, gli abbandonati dalla fortuna, i privi di ogni mezzo che sanno affrontare ogni disagio in santa pace e pazienza?

« Beati i mansueti perché erediteranno la terra ».

Chi sono i mansueti se non coloro i quali sanno reprimere gl'impulsi della collera e dell'ira, producendosi una sofferenza interna da sentirsi qualche volta anche scoppiare il cuore?

E che cosa è la terra a loro promessa se non il Paradiso ?

« Beati coloro che piangono perché saranno consolati ».

Chi piange se non chi soffre? Abbiamo visto il dolore sotto il duplice aspetto fisico e morale, e beati noi se potessimo avere anche un pianto spirituale, cioè piangere i peccati come S. Pietro. Saremmo veramente santi.

« Beati i famelici e i sitibondi della giustizia perché saranno saziati ».

Chi sono costoro, se non quelli che aborrono la falsità e l'ipocrisia, di cui si veste il mondo per ingannare l'umanità?

« Beati i misericordiosi perché troveranno misericordia ».

Chi sono i misericordiosi se non quelli che aiutano il prossimo in senso spirituale, morale e materiale? Chi sono se non quelli che si privano anche del necessario come «l'obolo della vedova»?

« Beati i puri di cuore, perché vedranno Dio ».

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Chi sono questi angeli sulla terra se non coloro che, a forza di reprimere la concupiscenza e le passioni, giungono a farsi deridere dagli stessi impudichi compagni ? Ma nulla possono costoro, perché essi vedono Dio sin da questa terra. Lo sentono vivo, palpitante nel cuore, e ogni levata di scudo del loro nemico si ritorce contro di essi e restano schiacciati e vilipesi.

« Beati i pacifici perché saranno chiamati figli di Dio ».

Chi sono questi, se non coloro che si adoperano a conservare la pace prima in se stessi, a tenersi in pace con Dio e con la propria coscienza e poi col prossimo, evitando ogni dissidio, ogni rancore e facendo avvicinare quelli che per odio si tengono lontani ?

Finalmente: « Beati i perseguitati per la giustizia, perché di essi è il regno dei cieli».

Chi sono i perseguitati per la giustizia? Quelli che amano Dio, la verità, la pace, la vera libertà e tutte le virtù in genere, insomma i buoni, quelli che non sanno far male a nessuno.

Come si vede, il dolore non è più un personaggio da far spavento.

Da Gesù ha preso l'aspetto di beato, di santo. Come tale, benediciamolo e ringraziamo Iddio il quale ce lo permette, perché per mezzo di esso, evitiamo tanti peccati e solo per lui ci saranno aperte le porte dell' eterna beatitudine.

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Parte IX



L'AMORE

Quando a S. Giovanni si presentarono alcuni discepoli per chiedergli un consiglio egli rispose:

« Amatevi l' un l' altro », e i discepoli: « Sì Maestro diteci ancora ».

E lui: « Amatevi l' un l' altro » .

« Sì, diteci qualche altra cosa ».

« Amatevi l' un l' altro » .

Se fossero stati una giornata intera vicino al santo, avrebbero avuto sempre la medesima risposta.

E' dunque tanto importante questa parola « amore » ? Sì, al punto niente di meno, da attirare dal cielo sulla terra lo stesso Figliuol di Dio.

E che cos' è l'amore? Qual’ è la sua origine? Dov' è la sua sede ?

E' una scintilla di fuoco che parte dallo Spirito Santo, vi penetra nel cuore umano, disposto ad amare Dio, e lo riscalda.

Essa imprime due sigle « Dio, il prossimo ».

I filosofi dicono che noi abbiamo due cuori, uno di carne e uno di spirito. Il cuore di carne da la vita al corpo, il cuore di spirito da la vita all' anima dove ha sede l'amore; mancando l'amore, manca la vita.

Dal cuore di spirito, parte un sentimento che si deposita nella volontà di Dio, come l'ape parte dall'alveare

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e si deposita sul fiore dal quale succhia la linfa e la trasforma in miele, così quel sentimento, nutrito dalla linfa divina, ritorna dond' è partito apportandovi capacità e lena onde affrontare il duplice mandato cioè: l'amore di Dio e l'amore del prossimo.

La scintilla di fuoco partita dallo Spirito Santo, riscalda il cuore a tal punto da fargli sprigionare una fiamma, la quale ha un solo nome: «Carità» che tradotta vuoi dire: « Amore » .

Come la fiamma brucia intorno a sé ciò che trova e si diffonde sempre più, così l'amore distrugge ogni opposizione, sormonta ogni ostacolo, allarga le proprie vedute, e sulle ali del pensiero, si spinge fino al nonplusultra.

E che cosa non è lecito all'amore? In tutto si sacrifica. Di tutto si priva, anche delle gioie più pure, dei piaceri più leciti, delle soddisfazioni più legittime; dei bisogni più indispensabili pur di piacere all'amato. Esso varca i confini spingendosi nell' ignoto, non curandosi della salute e neanche della propria pelle. Nel sonno e nella veglia, nel lavoro e nel riposo, l'unico oggetto dei suoi pensieri è la persona amata.

E' tanta la comprensione e l'affinità tra l'essere che ama e la persona amata che si sa imitare anche la voce, i gesti, le parole. Non si vuoi parlare di altro che di essa sola, si vuole somigliare in tutto e tutto vuoi con essa condividere: gioie e dolori, amarezze e piaceri.

Non sono questi i santi?

S. Teresa voleva anche andare all'inferno, pur di essere certa di trovare ivi Gesù. Con Gesù certamente l'inferno si sarebbe cambiato in Paradiso.

L'amore è poesia, è canto, è musica, è martirio.

L'inneggiare alla Santa Eucaristia, che cosa fu per S. Tommaso se non un cantico d'amore?

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S. Francesco d' Assisi, col canto di « Frate Sole », a chi voleva cantare, se non all' Autore di tutte le creature per uno sviscerato amore che gli bruciava in cuore ?

S. Cecilia, col suono della sua arpa, cosa faceva se non attirare l'amore onde avere da Lui la forza di affrontare il martirio ? E tanti e tanti altri d'ogni genere e d' ogni categoria. Senza contare i martiri della pazienza e dell' abnegazione.





L'AMORE È DI DUE SPECIE

Sacro e profano.

Come tutte le medaglie hanno il loro rovescio così ha il suo rovescio anche l'amore.

L'amore sacro ha per rovescio l'amore umano.

L' amore profano ha per rovescio l' amore sensuale.

Abbiamo visto l'amore sacro come un fulmine che colpisce direttamente l'obiettivo dando la precedenza alla medesima volontà la quale, dopo essere stata investita dall' amore, vi pronunzia il suo consenso.

Mi spiego:

Il Vangelo ci dice che Gesù passando davanti ai discepoli cioè «a quei che volle », disse una parola: «Seguimi ».

Questo oltre ad essere un comando fu un raggio di sole che li abbagliò e li attrasse a sé, ed essi, senza conoscere chi era, donde veniva, cosa cercava, abbandonarono famiglia, reti, barca, tutto quello che avevano e lo seguirono.

Fu così potente l'attrazione di questo amore che eran

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giunti a un sì colossale cambiamento, senza rendersene affatto conto.

Dopo un po' di tempo interruppero il silenzio col domandargli: « E noi cos'avremo, che abbiamo lasciato tutto, abbiamo rinunziato a tutto per Te? »

E Gesù in risposta: « Avrete la vita eterna ».

Il rovescio di questa medaglia è l' amore umano che trova il riflesso nell' amore divino.

Datemi un cuore di madre e un cuore di apostolo ed io ve lo fondo insieme e ne ricavo uno solo di una grandezza inestimabile.

Cosa fa l'orefice quando fonde l'oro di prima qualità e il platino? Ricava un solo metallo, tanto prezioso che v' incastona il brillante. Non sono tanti brillanti, le anime acquistate da un S. Francesco Saverio nelle Indie e da tanti Apostoli del Vangelo nelle contrade più lontane del mondo? E che altro sono le anime acquistate da un S. Giovanni Bosco, da un B. Cottolengo ed altri? Nonché a dire la scia delle anime dietro il poverello di Assisi?

I sacerdoti, col battesimo, che altro fanno se non formare da tutte quelle anime una corona di perle nel grembo della Chiesa Cattolica? E tutte le anime da essi salvate a mezzo della confessione che altro sono, se non il frutto del loro amore per il prossimo ?


LA MARTIRE INCOMPRESA


Dove esiste nel mondo un altro essere che può paragonarsi al cuore di una mamma? Esso è un vaso di miele, pieno fino all' orlo e nel contempo è un vivaio di

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spine, di dolci spine!... Essa sola ha la forza e la capacità di perdere, il più delle volte, financo la vita per l'esistenza di un'altra vita.

I suoi pensieri, i suoi affetti, i suoi palpiti, le sue preoccupazioni sono concentrati in quel solo punto che si chiama amore materno, amore che diventa il suo crogiuolo dal momento che concepisce il figlio, fino alla tomba. Essa è la martire incompresa.

Eppure ci sono i figli snaturati, che non danno a bere altro, che calice avvelenato al cuore di questa singolare eroina.

Lessi una volta che un giovane volle darsi nella banda dei malviventi i quali lo rifiutarono essendo in molti. Egli dispiaciutissimo, tanto insisté che indusse quelli ad accettarlo a patto però che fosse stato capace di uccidere la propria mamma e portare loro il cuore. Lo sciagurato figlio ubbidì a puntino e scappando portando fra le mani il cuore della mamma, inciampò in un fosso e cadde. Da quel cuore partì una voce: « Figlio ti sei fatto male ? » lo sciagurato si alzò e continuò il suo cammino, senza dare ascolto alla voce. Ma giunto ivi i malandrini ebbero un tale orrore, un tale ribrezzo, che lo passarono a fil di spada perché quel che aveva fatto alla mamma, avrebbe potuto e saputo farlo anche a loro.

E la madre dei Gracchi non la ricordate ? Ad una vicina che le mostrava i propri gioielli e ne faceva gran pompa e sfoggio, essa, attende l'ora del ritorno dei due figli, se li stringe sotto le braccia e dice: « Ecco i miei gioielli ».

Questo è l' amore umano sincero, puro, disinteressato. A questo fa eco un altro amore ed è:

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L' AMICIZIA VERA

Lo Spirito Santo dice: « Qui invenit amicum, invenit tesaurum ».

E' facile trovare un tesoro? Così non è facile trovare un amico.

Eppure di tanto in tanto, si trovano i veri amici. Essi sono coloro che ci tengono compagnia nella sventura e nel dolore. Anzi si vedono più nelle circostanze dolorose anziché nelle gioie.

L' amicizia è un sentimento spontaneo di simpatia reciproca che scaturisce da due cuori. Il più delle volte si può chiamare la figlia di un caso.

Un qualsiasi evento, ha portato alla conoscenza due esseri e, siccome l'essere umano è per natura socievole, si è intavolato discorso da cui è nata la stima. Quando si scorge una certa somiglianza di vedute, una affinità di carattere, l'anima acquista fiducia e si apre alla confidenza. Di qui nasce la comprensione che, a sua volta, partorisce l'amicizia di cui i legami a volte sono tanto vivi, tanto forti che non si spezzano nemmeno con la morte, anche se sono divisi da lunga lontananza.

Questo amore non ha altro nome, che amore fraterno, nome che spesso viene profanato dagli stessi germani, acquista un valore inestimabile nel campo dell' amicizia perché mette due anime sullo stesso binario, sullo stesso livello di sentimenti.

« Un fratello aiutato da un altro fratello è come una città ben fortificata » disse S. Paolo. Questo santo, ha attraversato per intero la scala dell' amore dal frivolo al passionale, dall'umano all'ascetico. Egli ch'era giunto al terzo cielo, poteva dire benissimo: Dio mi basta; invece trova ausilio nel fratello.

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Dio molte volte, prova le anime e si nasconde e l' anima cade nell'oscurità dei pensieri e nell'incertezza del come comportarsi nelle varie vicende della vita. Ecco l' amico che si rende propizio con la parola del consiglio e dello schiarimento. Egli diventa un bastone di guida, una lucerna nel buio e l'anima una città fortificata.

Che forza possiamo avere da soli, se la nostra vita, dalla culla alla tomba non esercita che un continuo moto in questa valle di lacrime? possiamo avere solo l'esaurimento. Il sentiero è irto di spine, è seminato di erbe, è innaffiato dal pianto. Le spine ci pungono, l'erba col suo verde colore ci nutre di speranza che presto o tardi saremo fuori da sì tormentoso sentiero.

Quante volte la freddezza glaciale dei nostri familiari ci agghiaccia il cuore ! Quante volte la loro indifferenza per i bisogni anche impellenti, la loro ingratitudine, la loro noncuranza assoluta ci fa nutrire di quell'erba resa gelida dalla brina d'una notte di crudo inverno. E il pensiero vola all'amico e si riposa alla speranza che la parola di lui sarà il balsamo alle ferite del nostro cuore, lo sprone a riprendere l'arduo cammino.

E' dolce il pensare alla vera amicizia, è confortante. Essa è lenimento che alleggerisce i nostri affanni, le nostre ansietà, le nostre pene.

Quante volte siamo creduti dal mondo le persone più felici perché in noi c' è una certa parvenza che nasconde il dolore ! Quante volte siamo anche invidiati ! Se alzasse la testa quell' autore farebbe sentire la sua accorata voce: «Se a ciascun l'interno affanno, si leggesse in fronte scritto, quanti ornai invidia fanno meriterebbero sol pietà » .

Il vero amico, comprende questo stato d' animo, perché è stato messo a parte dell' interno affanno e compatisce

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e si associa al dolore, trova mille strategie per sollevarlo facendo giungere il suo amore fino all' eroismo.

Ecco perché lo Spirito Santo: « Chi trova un amico trova un tesoro ».

Il tesoro, se è in danaro, turba la nostra quiete, mentre l'amico ce la ridona. Se è in gioielli, ci gonfia di vanità e ci fa scoppiare dalla paura di perderli o che ci vengano rubati. Se è di beni stabili, oh ! quanti assilli, quante preoccupazioni. L'amico invece, non da questo peso. Non si vuoi chiamare quindi un vero tesoro?

Del resto anche Gesù ebbe le sue particolari amicizie.

GLI AMICI DI GESÙ

La casa di Betania, non fu la più frequentata da Gesù? Marta, Maria e Lazzaro, tre santi germani, strinsero una tale amicizia con Gesù che giunsero financo ai reciproci rimproveri.

Maria era quella a cui Gesù aveva scacciato sette demoni: era quella che si prese l' ardire in casa di Zaccheo, di baciare i piedi di Lui, di lavarglieli col pianto ed indi cospargerli con unguento prezioso.

Gesù le pronunziò la bella e taumaturga parola: « Ti sono perdonati molti peccati perché molto hai amato». O parola divina, tu sei la chiave d'oro che spezzi le catene dei peccati, ed apri le porte dell' eterna felicità. Gesù volle subito ricambiare l'amore generoso della Maddalena, e va a passare una giornata nella casa di Betania. Marta, appena vede il Maestro, gli fa amorosa e gentile accoglienza, ma poi lo lascia e si mette

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nelle faccende domestiche, probabilmente per preparargli un bel pranzo. Maria al contrario, si sedette vicino a Lui e pendeva dalle sue labbra divine. La sorella quasi irritata, prega il maestro di lasciarla libera per darle un aiuto. Ma Gesù la rimprovera: « Marta Marta, tu ti affanni e t'inquieti di troppe cose; Maria ha scelto la via migliore che non le sarà mai tolta, perché la più necessaria ». Adunque, ci vengon tolte le altre cose? Solo l'amore è quello che eternamente resta? Sì, proprio così.....

Che importa a Maria delle altre cose, sia pure inerenti, se lo scopo era quello di godersi la presenza dell'amato? Quando si giunge al pieno possesso dell'amore, si vuoi godere solo di esso. L'amore diventa cibo, riposo, ricreazione, diventa sollievo, anche se si sta a soffrire vicino alla persona amata, accanto ad essa tutto è paradiso, tutto è felicità. Le altre cose sono secondarie anzi, si considerano superflue perché di noia e di peso per non dire anche di nausea. Accanto alla persona amata, le ore sembrano minuti, i giorni sembrano ore. Non vogliamo essere turbati da nessuno, e se potessimo fermare tutti gli orologi, e a sua volta il tempo, lo faremmo volentieri perché, quello che ci turba è il pensiero di dover presto separarci da essa.

Marta, non comprende questa intensità di amore della sorella e se ne duole. Essa aveva sempre amato Dio con purità e serenità e viveva nello stesso livello di amore, per cui, non conosceva le grandi ascensioni che esso produce, né Gesù aveva trovato motivo in Lei di rivolgerle quegli sguardi profondi da schiantare il cuore. Maria invece che conosceva l'amore passionale perché l'aveva vissuto, fu penetrata dallo sguardo di Lui e fu completamente conquistata, per cui non le costò fatica l' ascesa alla contemplazione. Era rapita dall'amore di Gesù e voleva renderne altret-

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tanto per gratitudine, perché le aveva perdonati molti peccati.

L'amicizia dei quattro non finisce qui.

Gesù se ne era andato.

Dopo qualche tempo muore il fratello Lazzaro. Le due sorelle addoloratissime, lo mandano a chiamare per avere da Lui il miracolo della vita. Gesù indugia ad andare. Si presenta dopo quattro giorni facendosi preannunziare. Marta e Maria gli muovono incontro e lo rimproverano: « Se ti fossi trovato qui, o Signore, nostro fratello non sarebbe morto ».

E Gesù in risposta: « Se credete, Lazzaro risorgerà ». « E morto già da quattro giorni, già puzza ». « Io sono la risurrezione e la vita, abbiate fede, Lazzaro dorme. Andiamo ».

Tutti, assieme al Signore, si avviarono.

Giunti al sepolcro, Gesù si avvicina, guarda il cielo, freme e piange tanto ch' ebbero a dire: « Come l' amava » ! dall' amore di Gesù, parte la taumaturga parola: « Lazzaro vieni fuori » e Lazzaro vivo e vegeto come prima fu restituito alle sorelle fra lo stupore e sbigottimento di tutti.

O amore quanto sei sublime ! Tu sei il canto dei poeti, sei il sogno delle anime grandi, sei un favo di miele, sei la culla del cuore, il riposo dei pensieri. Anche tu peccatore inveterato, puoi fare ricorso come Marta e Maria, e Gesù non esiterà di pronunziare anche per te la parola di risurrezione e di vita, perché Egli ti ama, immensamente ti ama.

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L'AMORE PROFANO

L'amore, abbiamo detto è di due specie: sacro e profano.

Abbiamo visto l'amore sacro col rovescio della medaglia nell'amore umano, amore voluto da Dio, benedetto da Lui, perché lo esige la nostra natura, è un bisogno prepotente del nostro cuore.

A questo idillio divino, si contrappone l'amore profano. Abbiamo visto l'amore umano. E' fondato su una reciproca stima, nato da una vicendevole simpatia morale e spirituale, ed ha per fine la carità cristiana. L'amore profano invece è fondato su due motivi, o sull'interesse o sui sensi.

L'amicizia acquistata a fine di sfruttamento è deplorevole, è obbrobriosa, di qualunque specie sia. Può essere per motivo di danaro, come per soddisfazioni personali è sempre uno sfacciato egoismo. Intanto la persona in certo qual modo viene trattata bene, in quanto si presta nel rendere tutti i favori desiderati. Se per caso questa persona trovasi impossibilitata a favorire, apriti cielo ! Si diventa addirittura vittime di una scarica elettrica di maldicenze, di rampogne e qualche volta anche di calunnie. Insomma si diventa nemico. E poi questi tali, hanno la baldanza di fingersi amici, quando altro non sono che ipocriti. Sono i veri matematici, gli esatti calcolatori che mettono nella bilancia il favore che fanno e quello che ricevono. Guai, se non è uguale o di gran lunga superiore, la collera è pronta, il broncio s'impadronisce, la scissura è venuta. E per quanto tempo? Finché la vittima non si deciderà a chiedere scusa, sia pure con un mondo di

ragione.

Non è questo un amore mostruoso? L'amore vero è

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generoso sotto tutti i punti di vista, sa compenetrarsi nei bisogni degli altri, sa compatire; sa nascondere il proprio dispiacere; sa perdonare anche se viene ingiustamente offeso.

L' occhio clinico, comprende tutto questo e, senza farsi accorgere, si allontana per non compromettersi.


ANOMALIA DELL'AMORE

C'è un altro amore, che è molto meno colpevole, ma è pure una spada che ferisce il cuore amico. Sono quei tali, che vogliono essere compresi a forza di gesti e di occhiate, senza nessuna parola e manifestazioni che lascino trapelare i loro pensieri.

Nell' animo di costoro, pullula un sentimento che non si sa, se di benevolenza o di avversione, perché quegli atteggiamenti insoliti, rendono amara anche la conversazione.

Costoro io li definisco persone enigmatiche. Perché nascondersi dietro le quinte? Perché avvolgersi nei misteri, quando si sa che la persona che subisce può dispiacersi?

Significa provar piacere nel dolore altrui. Cosa si perde ad essere sinceri, chiari, nell'esternare quanto non è di gradimento alla nostra volontà, affinché la persona possa mettersi sul rettilineo? Possa conoscere qualche inavvertita mancanza arrecata e chiedere scusa ?

Certamente non si arriva a tanto, se non dopo una sentita e lunga amicizia.

Ed è modo questo di trattare l' amico ? E' un controsenso. La vera amicizia, richiede il cuore sulle labbra e

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il pensiero nelle mani, specie quando si conosce a fondo la persona amica, il suo grado di prudenza e di circospezione e il suo amore sincero, incapace di tradire. Come un dolce e benevolo sorriso ispira confidenza e fiducia, così questo comportamento ispira orgasmo e timore al punto di sentirsi spinti ad un completo allontanamento, cosa che non sempre si può fare, perché si è legati o da vincoli famigliari, o da vincoli spirituali, e allora bisogna rassegnarsi anche a quest'altra anomalia dell'amore e attendere il cambiamento degli eventi.

AMORE SENSUALE

II rovescio di questa medaglia, è l' amore sensuale. Anch'egli nasce per una reciproca simpatia, però basata sul piacere.

Uno sguardo furtivo ed imprudente, penetra l'anima ed occupa il pensiero. Non ha indugi; è un lampo. E' un ape che fugge agli ardori del sole e infigge il suo pungiglione al primo che incontra, da produrre una grave enfiagione che può arrecare anche la morte. Si piacciono?... E basta, sia pure che uno dei due è brutto come il debito, o moralmente deforme; non è bello quel che è bello, è bello quello che piace.

L'amore è già spuntato come un fungo velenoso preceduto da un fiore, su cui si è posata l' incauta farfalla succhiandone l' umore.

Il moscone si è ammantato di luce, le ha infiammato i pensieri, le ha svegliato i sensi e l'ha attratta come la calamita, facendola ronzare vertiginosamente intor-

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no a sé fino a stancarla, ed. essa ad occhi chiusi, si pone sulle sue braccia e si brucia le ali, finché non rimarrà completamente carbonizzata.

Non è questa la storia odierna vissuta dalle nostre ragazze ?

Non è questa la cronaca quotidiana che ci viene riportata da tutti i giornali e tutte le riviste ?

L'amore oggi, nel settore mondano, si può chiamare uno scorpione, il quale dovunque passa lascia la sua bava velenosa. Anche se di quatto fa capolino nei luoghi più sacri si nota la sua impronta. Egli vuoi toccare anche le persone più intangibili, mettendo a prova la loro fortezza. Non credo però che ce la spunta. Almeno credo.....

Penso che molti, si comportano come S. Tommaso d'Aquino, il quale una volta, fu assalito da una rea femmina la quale slanciatasi al collo, egli la inseguì con un tizzone acceso scacciandola come un demonio.

La Madonna, per questa vittoria ottenuta sui sensi, si compiacque tanto che gli offrì un cintolo, simbolo di perenne purità, portando il quale, si mantengono lontane le insidie e le tentazioni carnali. Il santo d'allora fu chiamato angelico e in tutta la vita fu preservato da ogni pensiero impuro.

Da quale spirito si viene mossi, quando si entra in Chiesa con quei trucchi e quelle scollacciature; con quella sfrontatezza da fare schifo, se non da una volontà di adescare anche i santi? Si può mai sentire trasporto per il Signore in quel modo così osceno ?

La Maddalena, S. Maria Egiziaca, S. Margherita da Cortona ed altre furono tali, però al contatto con Gesù cambiarono, mentre queste sfacciate, restan sempre tali e non c' è chi le possa convertire e bazzicano la Chiesa, illudendo se stesse e credendo d'illudere anche gli altri.

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Molti, anche persone pie, sono prese in questa rete, e sventuratamente cadono. L'amore in essi, è come un puledro indomito, come un cavallo sfrenato e sbrigliato che, inciampando nei cespi cade, si ferisce, spaventa e si ritira in buon ordine, vicino alla sua mangiatoia, in attesa che il padrone gli metta il capestro.

UN ANEDDOTO

Una volta mi fu raccontato che un giovine volle prendersi giuoco di alcune ragazze. Scrisse 18 lettere a 18 indirizzi con lo stesso tono, lo stesso appuntamento nel medesimo posto. All' ora stabilita egli si presentò sul posto, sicuro di non essere conosciuto perché erano lettere anonime. Le ragazze, tutte riunite come 18 farfallette, passeggiavano sullo spiazzale su e giù ognuna per proprio conto nascondendo il motivo, ritenendolo un invito singolare. Il buffone si godeva lo spettacolo senza affatto accennare alla propria persona. Intanto il tempo passava. Le ragazze s'impazientivano, l'amore aspettato mai si faceva vedere, sbuffi a destra e sinistra; giunsero finalmente ad avvicinarsi le prime. Cominciarono le confidenze e le meraviglie; per curiosità si avvicinarono anche le altre e fu svelato il segreto di tutte. La dichiarazione creduta personale e singolare, divenne plurale ed agghiacciante. L'amore accarezzato da una accesa fantasia, non fu che una bolla di sapone svanita appena spuntata senza farsi né toccare né vedere.

E le mamme dove sono ?

Non vedono il terreno infestato da lupi e perché

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abbandonano le pecore? Non vedono il tarlo che comincia a rodere il cervello delle loro figliuole, perché non pongono riparo col sorvegliarle senza essere troppo indulgenti, troppo larghi di maniche? Di qui gli omicidi, i suicidi, le malattie contagiose e tutta la marea del male di cui siamo spettatori grandi e piccoli senza eccezione di nessuno. L'unica parola che echeggia, specie sulle labbra della gioventù è questa: « Non ne posso più, sono stanca della vita, la sorte mi è nemica, devo finirla ». E ragazzi e giovanotti, ancora agli albori della vita, consumati nel bollore dei sensi, cadono nel baratro della disperazione e pongono fine ai loro giorni.

DEFORMITÀ DELL'AMORE

Un'altra deformità dell'amore profano, è quello eccessivo prodigato alle bestie. Le bestie sono creature di Dio, da Lui create per nostra utilità, come tale bisogna curarle e non lasciarle morire di fame e di freddo.

Basta fin qui. Il di più è peccato da render conto a Dio perché è amore disordinato: non è conforme la sua

legge.

Gesù disse: « Come il Padre ama me ed io amo voi, così tutti vi amerete come fratelli ». Nessuna allusione, in nessun rigo del Vangelo ha mai fatto alle bestie. Anzi alcune le ha create per nostro cibo, per cui l'ammazzarle costituisce una legge per esse [* discutibile]. Ha mai detto di ammazzare un uomo? anzi ha condannato chi al fratello dice « raca » cioè stolto, tanto è il rispetto e l' amore che si deve alla persona del prossimo. Da ciò dobbiamo rilevare la differenza enorme tra l'uomo e la bestia. Eppure si giunge all'aberra-





* Difficile pensare ad una legge così crudele per delle creature di Dio (e poi si potrebbe portare l'esempio di un famoso santo vegetariano che predicava anche agli animali).

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zione di farle dormire nel proprio letto, metterle sulla tavola quando si mangia; abbracciarle e baciarle in viso e financo sulle labbra senza tener conto neanche dell' igiene, non curandosi che il cane e il gatto hanno un'infinità di germi contagiosi che producono numerose malattie. Come volete chiamare costoro, equilibrati? Se i loro amici più intimi sono queste bestie, bisogna metterli al rango degli esaltati.

Quante volte si sente dire: «Non ho potuto andare a Messa perché il cagnolino abbaiava in mia assenza ».

Quante volte si priva il povero di un tozzo di pane per metterlo poi a sbriciolare nelle zampe del cane o del gatto !

Quante volte, non si fa una lira di beneficenza per comperare leccornie ad esse!

Lessi nella vita di S. Brigida che il marito, per essere stato troppo attaccato ai cavalli (si premette ch'era un principe santo) dopo morte fu condannato a 1000 anni di purgatorio. Egli apparve alla moglie, la pregò di vendere tutti i cavalli e dal ricavato fargli celebrare 1000 Messe, solo così poteva essere liberato da quelle terribili pene. La moglie eseguì a puntino, e dopo le apparve raggiante di luce ringraziandola.

Siamo noi dei santi forse da poter avere la sorte del principe Ulfone ? E perché cadere in quelle fiamme per sciocchezze da potersi evitare?





Aprite il Vangelo di S. Matteo al vers. 26 della donna Cananea; troverete Gesù che la rimprovera dicendo: « Non è lecito togliere il pane ai figli per darlo ai cani». S'intende bene, Gesù non voleva alludere né al vero pane, né al vero cane. Però la donna, piena di fede ed intelligente, ritorse la metafora alla realtà rispondendo che anche i cagnolini mangiano le briciole sotto la tavola dei loro padroni. Il posto, quindi delle bestie è sotto

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la tavola e non sopra. Così da che il mondo è mondo fra persone razionali. S. Francesco d'Assisi, stese la mano a frate lupo, solo per ammansirlo e per sfamarlo; dopo lo mandò nella tana. E dove esiste un'anima più tenera e più sensibile di questo Santo?

Gli esaltati odierni, giungono a fare panegirici al cane, congressi, collette, che sia pure per sfamarli è ammesso, ma per creargli un trofeo è indegno della civiltà cristiana. Fra poco lo vedremo forse sugli altari incensato come ai tempi del paganesimo... Non volete chiamare pagani costoro?... sono degni del nome di cristiani?...

IN SINTESI

L' amore per essere tale e vero, deve puntare su due obbiettivi: Dio e il prossimo. Amare il prossimo per amor di Dio, amare Dio nella persona del prossimo.

Vedere Dio nel prossimo specie se bisognoso, di qualunque specie sia questo bisogno. Vedere il prossimo in Dio perché così Egli comanda.

« Se non ami il prossimo che vedi come puoi amare Dio che non vedi?»: così S. Giacomo.

Coraggio ! Eliminiamo dal nostro cuore ogni odio e rancore; ogni superfluità ed anomalia e facciamo signoreggiare l'amore che Gesù in mille modi ha praticato e ci ha comandato . « Ama Iddio con tutto il tuo cuore, con tutta la tua anima, con tutta la tua mente e ama il prossimo tuo come te stesso ».

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Parte X



IL MATRIMONIO E LA SOCIETÀ


Un giorno a Gian Giacomo Rousseau si presentò un discepolo dicendogli: « Maestro ho deciso di prendere moglie » . ― Bravo ! e chi sposi ? ― « Una bella ragazza » . Zero ― « E' anche ricca » ― Zero ― « E' intelligente » ― Zero. ― II. giovine imbarazzato, si arrampica a un ultimo appellativo: « E' buona » ― Adesso scrivi uno avanti ai tre zeri e avrai mille.

Non aveva ragione Gian Giacomo Rousseau di considerare zero tutte le altre qualità se manca la bontà, la quale è roccia su cui si dovrebbe fondare un sì grandioso edificio ? E' vero che l'edificio non è formato di sole fondamenta, ci vogliono le mura e la volta; però questi, potrebbero essere anche sottili, mentre le fondamenta devono essere robuste e profonde, altrimenti l'edificio, sia pure leggero perché sottile, cade.

Innanzi tutto vediamo che cosa è il matrimonio. Esso è l'unione di due anime costituito e benedetto da Dio nell'Eden fin dalla creazione del mondo, a fine di dare anime a Dio e contributo alla società, elevato più tardi da Nostro Signore Gesù Cristo alla dignità di sacramento. Egli è l'edifizio testé accennato, costruito nella Chiesa Cattolica, sanzionato dai seguaci di Pietro e dai rispettivi testimoni, sigillato dal Sangue Preziosissimo di Cristo mediante la Santa Comunione e Confessione, per

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cui si rende infallibile ed infrangibile come Colui che l'ha istituito. Lo scudo contro di esso si leva acuminato e dai falsi cristiani si ode ai quattro venti il grido: «Divorzio divorzio ». Ma non lo tange. Lo scudo si ritorce su di essi e il grido « divorzio » resta in gola come un nodo che si stringe soffocando la voce. Perché, finché ci sarà una società di veri fedeli che rispettano la legge di Dio, il matrimonio sarà sempre santo. Finché ci sarà un sovrano veramente cristiano e unito al Papa, lo proteggerà e lo rispetterà come l'istituzione più sacra venuta dal cielo.

Il matrimonio è un' aiuola formata da due irresistibili volontà, unite tra loro per un solo ideale, per un omogeneo piacere.

Quell' aiuola diventa vivaio, diventa serra ove crescono nuove piante le quali, a loro volta, si diffondono nel mondo e formano la società. Esso è il piccolo mondo, da cui scaturisce il gran mondo con tutti i pregi e difetti, i vizi e le virtù.

Tutto ha origine nel matrimonio. Il campo umano e volitivo; la Chiesa stessa con tutti i membri che la compongono e gli stessi sacramenti.

Infatti il Battesimo, la Cresima, la Penitenza, l'Estrema unzione e l'Ordine sacro a chi si sarebbero somministrati se non ci fossero stati i nati dal matrimonio ?

La stessa Eucarestia non sarebbe neanche esistita. Appunto perché tutti gli esseri umani hanno origine da lui e questi esseri formano il mondo e la società presente e futura, è necessario che i due protagonisti siano perfettamente a posto, voglio dire sani di mente, di anima e di corpo, perché tutto si eredita, tutto viene trasmesso. « Ogni figlio al genitor somiglia ».

S. Francesco di Sales dice che per il matrimonio occorrono tre cose: « Tempo, orazione e consiglio ».

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Esso deve essere fondato sul reciproco amore, sulla reciproca comprensione, sulla reciproca simpatia morale ed anche fisica; quest'ultima non deve assolutamente mancare, altrimenti diventa un cibo indigesto per tutta la vita.

Quali risultati può dare un simile connubio? Infedeltà, irrequietezze, bestemmie.




CONOSCERSI BENE

Come si può avere amore e comprensione se il carattere non è affine? Si sa che i difetti ci sono in entrambi, ecco perché occorre un' affinità di carattere e di sentimenti per compatirsi vicendevolmente. Il compatimento è quello che rende perenne l'amore perché fa chiudere gli occhi alle mancanze, e fa aprire il cuore alla carità cristiana. Come si fa a poter conoscere i difetti se il cuore umano è un abisso, è un mistero? E poi, proprio quando si parla di matrimonio, ci si veste di una maschera tanto raffinata che si passa per galantuomini, per non dire per angeli, quando in effetti si è dei veri demoni. L'ipocrisia è tanto sottile che inganna l'occhio più clinico, la intelligenza, più perspicace.

Ecco perché S. Francesco di Sales mette per prima condizione il tempo.

Il cuore non si può scrutare; però le piccole cose svelano il carattere. Il tempo è quello che da agio alla manifestazione di tante piccole cose e il carattere viene alla superficie. E' un inganno dire che esso non fa parte dei sentimenti, quando si è in piena efficienza mentale. Dove si vuole rilegare il carattere se non alla natura spirituale dell' individuo ? Se il carattere è pessimo, vuoi dire che l'animo è tarato.

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AIUOLA E FIORI

Abbiamo detto che il matrimonio è un'aiuola, ove per comando divino e per legge naturale devono spuntare i rampolli. Come i fiori hanno bisogno di un paziente, solerte ed esperto giardiniere, altrimenti muoiono ai primo raggio del cocente sole e della gelida brina, così i rampolli, cioè i figli, dall'albore della vita, hanno bisogno di sana educazione morale e fisica, altrimenti avremo una società tarata sin dallo spuntare di essa.

I genitori, si rendono conto prima di mettere a stato i figli? E' su di essi che cade la prima responsabilità. Il matrimonio richiede il più serio ed accurato esame dì coscienza. Se non si confessa un peccato, la colpa è solamente personale e tale rimane; mentre sbagliando il matrimonio, le conseguenze sono fatali anche per le generazioni future.





LA MACCHINA IN CORSA

Dopo il « sì » reciproco pronunziato davanti all’ altare e ai testimoni, il matrimonio diventa una macchina in corsa, davanti a cui nessuno può fermarsi per arrestare il suo cammino, altrimenti viene da essa schiacciato.

Il mutuo consenso e la benedizione di Dio, infondono la grazia inerente ad adempiere gli ineluttabili doveri del

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proprio stato. Guai a chi si frappone ad essi per infrangere questo vincolo, o per anche lievemente menomare i diritti coniugali che sono di esclusiva proprietà e competenza dei due coniugi. Né congiunti, né parenti, né amici devono intervenire nell'intimità dei due, perché Gesù ha detto: « Non divida l'uomo quello che Dio ha congiunto ». Anzi il nono comandamento proibisce anche il desiderio della donna altrui.

Il nodo fra i due coniugi è così stretto, è così indissolubile che Cristo stesso li denominò due corpi una anima sola. L'uno assoluto padrone dell'altro, e così viceversa, tranne se da uno dei due vien chiesto il peccato, allora occorre il rifiuto assoluto perché l' anima è una e non più, e come tale bisogna consegnarla a Dio pura e casta come ce l'ha data.





IL FARO DELLA MACCHINA

Come la macchina ha bisogno dei fari per non precipitare nel buio, così il matrimonio sia nella scelta, sia nel corso del cammino ha bisogno della preghiera.

L' orazione è la seconda condizione richiesta da S. Francesco di Sales.

La preghiera è la luce che dirada le tenebre, è il faro che fa distinguere la via diritta da quella storta. La diritta da seguire, a costo di qualsiasi sacrificio, la storta da evitare a costo di qualsiasi dolore.

La donna, in ispecial modo, dinanzi a questo dilemma, o meglio estorsione resta perplessa, tentenna senza saper decidere a quale lato inclinare ed ecco la necessità del consiglio di persone sagge ed esperte che vengano in aiuto.

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S. Francesco di Sales dice ancora che il matrimonio richiede la castità come la richiede il celibato.

Dove sta scritto che, sol perché si è sposati bisogna sfrenarsi nei piaceri?




« SOBRI ESTOTE ET VIGILATE »

La sobrietà, come dovrebbe usarsi nel cibo per mantenersi in buona salute, così deve usarsi nelle altre funzioni per non macchiare l'anima e per mantenersi sullo stesso livello, finché Dio non spezzerà i loro vincoli con la morte. Gli eccessi non sono mai buoni, sfibrano, affievoliscono e qualche volta portano anche la morte. Quando l'appetito si sfrena, non si è paghi del cibo della propria casa e si va fuori per sbrigliare le passioni.

Vi meraviglia la parola castità nel matrimonio? Nessuna novità quando si pensa ad una miriade di santi coniugati. Potevano essere tali dopo la morte, se non fossero stati santi sin da questa vita?

S. Brigida, pur avendo otto figli meritò, in un' estasi la corona di verginità da S. Agnese. La verginità consiste nell'anima, cioè nel non accettare il peccato. L'anima sposata o non sposata può essere sempre vergine, pur di non aderire al peccato.

Viceversa, si può essere nubili o celibi ma di anima infangati nella concupiscenza e nella libidine. Costoro davanti agli uomini, hanno l' apparenza di vergini e di casti, mentre davanti a Dio sono dei mostri. Chi impedisce loro di affrontare il matrimonio ? Perché commettere peccati ? S. Paolo dice: « Bene fa una mamma che sposa una figlia,

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ma fa meglio chi non la sposa ». Comunque ripete, il matrimonio serve anche per attenuare la sensibilità corporea. « Chi non ha la forza di vivere com'è nato, il sacramento è da preferirsi al peccato.».

L'AUTISTA N. 1

Se i fanali sono indispensabili alla macchina per farle luce nella notte, la benzina e l'autista si rendono addirittura necessari, per non renderla inutile.

Come avrebbero fatto gli sposi delle nozze di Cana se non avessero invitato Gesù? Fu Lui che col compiere il miracolo del cambiamento dell'acqua in vino li salvò da un grande imbarazzo, che avrebbe terribilmente avvelenato quel fausto giorno. Il vino, è il simbolo della grazia che deve accompagnare il matrimonio dal momento che si combina fino al tramonto di esso; è la benzina che da efficienza alla macchina e la rende abile ad affrontare il cammino.

E l'autista? Dovrebbe essere Gesù, infallibile condottiero il quale deve guidare la famiglia per gli eterni destini. Egli è la roccia su cui deve costruirsi l'edifizio, altrimenti sarebbe proprio come dice Lui: « Una casa fondata sull' arena che al primo soffiar del vento cade ».

dannazione. Molte volte i genitori, egoisticamente, per liberarsi di una figlia o di un figlio li cedono alla prima occasione che si presenta, rendendosi così incoscientemente spettatori di drammi e forse di vere tragedie dei propri figli.

I genitori conosciuti tali, dovrebbero mettersi da parte, e lasciar prevalere la ragione dei due protagonisti, i quali una volta messo il piede in fallo, non è più possibile per loro ritornare indietro.

II legame è una pece liquefatta che fonde due materie a tal punto da non potersi staccare più.

E' utopia voler parlare di annullamento di matrimonio. Esso sarebbe nullo soltanto se mancasse qualche clausola che completi il regolamento. Cosa molto, ma molto difficile. Eppure oggi, si parla tanto di questo famoso annullamento.

E vero che i milioni fanno «l'Azzeccagarbugli» del Manzoni. I pretesti di non essere matrimonio consumato per impotenza fisica o altre bugie, mancanza di consenso di uno dei due o altre sciocchezze simili, prendono in inganno la Chiesa la quale, non potendo penetrare in certe intimità finisce col cedere ed accontentare. E così davanti a Dio? E la coscienza gode tranquillità? è serena? Non posso crederlo! perché la frase di Gesù è imperativa, è categorica: « Non divida l'uomo quello che Dio ha congiunto ». E davanti alla società quale figura ? Del resto, la divisione non è proibita, non è un disonore. Si può benissimo vivere da soli in uno stato di castità, senza ricorrere a tanti stratagemmi scandalosi. Attenzione, quindi, grande attenzione.

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IL PROBLEMA PIÙ IMPORTANTE


La scelta dello stato è il problema più importante della vita. Da essa dipende la salvezza eterna, o l'eterna

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Simpatia fisica, stima morale reciproca, affinità di sentimenti ed uguaglianza di religione.

Se manca la simpatia fisica, il connubio non ottiene gli effetti desiderati, perché fa nausea e non piacere.

Se manca la stima morale, subentra il disprezzo e l'allontanamento delle due anime, mentre dovrebbero essere fuse insieme.

Se manca l'affinità dei sentimenti diventa un vero martirio per tutta la vita.

Se poi si è di diversa religione, peggio che andar di notte, allora si è quasi sicuri della totale rovina.

E' più probabile che un frutto guasto marcisca una cesta intera, anziché un'intera cesta di frutti buoni, renda buono uno guasto.





ATTENTI ALLE INFORMAZIONI

Fare attenzione anche da chi si attingono informazioni, sempre da persone sicure e morigerate. Mai però fermarsi al primo interpellato perché potrebbe anche egli ingannarsi. Una volta furono chieste informazioni di un giovane ad un vecchio creduto leale. Il vecchio si espresse con gesti digitali sotto metafora dicendo: « Buono figlio » facendo scivolare tutt' e quattro le dita della mano, che significavano ladro. « Timorato di Dio » portando vicino alle labbra il pollice e l'indice il che voleva dire ubriaco. « Nessuno gli ha mai potuto rimproverare niente » protendendo il mignolo e l'indice in segno di corna.

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Questi gesti, furono fatti con tale velocità da rendersi invisibili.

Il padre della ragazza non poteva essere più soddisfatto di così; va a casa e racconta: - Buono figlio, timorato di Dio, nessuno può dirgli niente -. Il matrimonio si affretta, i due giovani si sposano. La maschera, di cui l'infelice si era coperto durante il fidanzamento, cadde dopo qualche giorno e venne fuori un bandito, un crapulone ed un effeminato lussurioso. Il vecchio rimproverato per la insincerità, si giustificò ripetendo i gesti e le parole, altrimenti su di lui sarebbe penata la morte per la vendetta del giovane.



I NEMICI DEL MATRIMONIO

II matrimonio, tiene anch' egli i suoi nemici intrinsechi ed estrinsechi.

I nemici intrinsechi sono: l'interesse, la gelosia, l'infedeltà. Guai a far basare il matrimonio sull'interesse, come mai si dovrebbe far basare sulla bellezza perché questa è la più grande vanità e sciocchezza. Eppure è per gli incauti motivo di fondamento.

La bellezza fisica, è come la rugiada estiva che cade al calar della notte e svanisce all' alba al primo apparire del sole. E' vero che oggi si rende duratura a forza di cosmetici. Essa è la dea che suscita il tumulto nel cuore e lo rende amaramente geloso. Con ciò non voglio dire che è da scartarsi, anzi bisogna cercarla, sia perché è un mezzo di attrazione fra i due coniugi, sia perché si tramanda alla prole. Mai però farla convergere come fine, altrimenti si può rimanere delusi.

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La bellezza dev' essere naturale per essere ereditata e per rispondere alle esigenze del cuore. La cosmetica porta turbamento nell' anima e disordine in famiglia. Turbamento, perché la vanità non è mai paga, vuole emergere in tutto e su tutti. Quante volte si cade in cattive azioni pur di soddisfare questo morboso desiderio di sentirsi dire belle.

Disordine in famiglia perché porta ad un dislivello finanziario, da privarla forse anche delle più impellenti necessità; disordine ancora nell'andamento di casa, perii passare le ore intere davanti allo specchio e poi sentirsi dire: « Non vado a Messa perché mi manca il tempo ».

L'altra cosa che colpisce il buon senso e l'animo ben nato, è il vizio del fumo, specie se è madre di famiglia, la quale è tenuta a dare buon esempio ai figli. La donna maschilizzata, non è degna del nome di madre, si potrebbe chiamare solamente « Donna da salotto ». Non sposerei mai una donna fu matrice, anche se avesse tutti i milioni del mondo, diceva una volta un giovane in treno.

È peccato questo? Credo di no, però denota la frivolezza dell'anima la quale da poco affidamento di sé.





DOMANDO E DICO A TE DONNA


Se hai raggiunto la scopo di trovar marito, se egli ti ha intimamente e personalmente conosciuta per cui o bella o brutta è contento di te, a che pro truccarti al punto da renderti una maschera e metterti financo nei bar, cavalcioni con la sigaretta in bocca, facendoti guardare anche

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da chi vuoi tenere gli occhi chiusi?... Non si deve pensare che lo fai pel motivo di adescare gli uomini?

E tu, marito babbeo, non scorgi in tua moglie tanta civetteria, perché dai tanto lasciar passare? Tu stesso, con vestiti succinti ed inverecondi la conduci nei teatri e nei balli esponendola a mille pericoli.

Sei tu che incoscientemente ti formi una cornice e ti metti dietro, e poi impugni l'arma per vendicarti contro tua moglie e il tuo rivale perché la gelosia ha corroso il tuo cervello.

Quanti romanzi gialli ! quante tragedie ! Perché ? per un carattere leggero e frivolo.

Che diritti rampolli si possono sperare da simili genitori ? non altro che piante storte o addirittura un nido di vespe che formeranno la tortura prima della famiglia e poi della società. Ed ecco le carceri piene di delinquenza minorile e pieni i manicomi di criminali. Chi semina vento raccoglie tempesta.

I TEMPI NOSTRI

Forse questo mio linguaggio un po' frizzante, mi farà tacciare di persona antiquata, di poco gusto moderno.

Niente vero ! Se ho parlato così è perché le esagerazioni non sono mai buone, è perché vedo un crepuscolo nero e più nero ancora l'avvenire dei nostri figli. Lo so che la colpa si attribuisce ai tempi.

I tempi nostri, si sente dire da per tutto, sono così e dobbiamo adeguarci ad essi. Chi li ha evoluti i tempi ?... Non è stato forse il capriccio dell' uomo ? Egli si è sbiz-

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zarrito a tal punto da uscire fuori binario e tutti hanno subito il fascino seguendo eziandio la corrente. I tempi non dicono di scivolare così nell' esagerazione, né lo dice la moda, anzi essa si uniforma a tutte le volontà, a tutti i gusti. Chi sceglie la scandalosa, l'invereconda, la succinta è perché così vuoi fare senza pensare che Dio non subisce alternazione di eventi. Egli è sempre uguale a se stesso: è giudice di ieri, di oggi e di domani.

S. Filippo Neri diceva:

« Io vorrei che le mie penitenti fossero le migliori vestite, ma le meno affettate ». Come si vede, l'eleganza la vogliono anche i santi. E' encomiabile una donna elegantemente vestita, purché sia con decoro e pudore. Allora sì, l'uomo sente un fascino nel cuore e non nei sensi, si avvicina per amarla e non per corromperla e disprezzarla.

La moglie saggia, acquista il cuore del suo uomo, la stima completa, e costui a sua volta non le nega i pieni diritti.

LA GRETTEZZA

II matrimonio, richiede un equilibrio sotto tutti i punti di vista, come richiede una larghezza di vedute almeno sotto qualche aspetto.

Il privarsi di ogni umana e legittima soddisfazione, il limitare la cerchia ai soli membri familiari, il condurre una vita non adeguata alle proprie condizioni sociali, è come chiudersi in un guscio d'uovo. E perché? Per non ledere il portafoglio.

Il capofamiglia eccessivamente interessato, è come una

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pentola in continuo bollore, non ha pace con se stesso, non da pace in casa. Non vive che di sospetti, di giudizi temerari e di paura di venire frodato sia pure dalla moglie o dai figli. Guai se a lui si parla di necessità familiari o personali; sono liti, sono grida, sono botte, sono diffamazioni alla moglie che è sciupona e che tutto è superfluo, e la povera donna deve stringersi nelle spalle e mettersi a tacere, ed aspettare il momento che si spenga il vulcano.

Egli, tiene tutto sotto chiave e se qualche cosa è aperta come ad esempio pane o frutta, se li conta o se li misura. L'avidità di voler tutto per lui, gli altera talmente la fantasia, che vede spesse volte il deficit dove non c' è. Tutto controlla, tutto segna per iscritto, di tutto chiede conto, anche del centesimo. Tutto vede nero, nessun ragionamento lo convince. Insomma è di un pessimismo inaudito. Non vuole che danaro, sempre danaro. Egli sa di far male, riconosce che fa condurre una vita impossibile e intanto, ipocritamente si giustifica dicendo che se non usasse quella sferza, la moglie sarebbe capace di ridurlo al verde; ed inventa tante assurdità. Ne volete una schiavitù maggiore di questa? Vi sembra impossibile? Eppure è vero. Esistono simili esseri. Cosa deve fare la sventurata moglie? Se ha figli, ricorre agli stratagemmi e ai ripieghi; se non ne ha, si divide, oppure si stringe la pazienza in tutt'e due le braccia e tira avanti sottomettendosi alla volontà di Dio ed è questo, il migliore di tutti i rimedi. Dio il quale ha permesso una simile unione, non mancherà di dare la forza inerente allo stato.

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DEMONI IN VESTE BIANCA

Abbiamo visto i nemici intrinsechi del matrimonio nell' infedeltà, nella gelosia e nell' interesse. Vi sono ancora i nemici estrinsechi.

Essi per lo più, si trovano nella cerchia dei parenti e degli amici.

Si chiamano demoni vestiti di bianco perché coperti d'una maschera raffinata; invidiosi della contentezza dei due coniugi, con una raffinata ipocrisia senza farsene accorgere, seminano zizzania; or con un frizzo, or con una parola ambigua, or con un enigma, e intanto il cielo della famiglia si offusca senza saper come, degenerandosi molte volte, anche in un violento temporale, specie quando uno dei due si trova di scarso comprendonio, incapace di approfondire le ragioni.

La malizia di questi sepolcri imbiancati, non è raro che giunga anche alla calunnia, ed essi intimamente e satanicamente, godono dello spettacolo di litigio, o addirittura di scissura, fingendosi anche intermediari e persone da bene.

Quanti pericoli presenta il matrimonio ! Se pei nemici intrinsechi ci vuole grande pazienza, per quegli estrinsechi ci vuole prudenza e circospezione.

S. Paolo dice: « La pazienza in voi è necessaria perché in essa troverete le anime vostre ». Dimodoché senza pazienza, l'anima può chiamarsi perduta.

Senza la prudenza e la circospezione, i seminatori di zizzania riporteranno vittoria, mentre ci si può benissimo liberare da essi allontanandoli e non aprendo il cuore alle confidenze e agli sfoghi.

Ritornando alla pazienza, la donna è quella che in special modo, deve esaminarsi su questa virtù, se la pos-

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siede in gran dose prima di affrontare il matrimonio. E' assurdo pensare di poterla acquistare dopo, quando gli scogli da superare si susseguono l'uno all'altro. Essa deve essere quasi innata, insita nell' anima, altrimenti è meglio desistere da ogni desiderio.

STORIA DOLOROSA

Lo Spirito Santo dice: « Chi ama il pericolo, perisce in esso ».

E dove esiste questo esame di coscienza ? Vediamo un po' il comportamento sia dei genitori, sia della figlia. Qual'è la preparazione a sì gran passo?

I due giovani si sono veduti, o per caso o perché proposti. Si sono piaciuti. La domanda è stata presentata ed accettata dai genitori di entrambi.

II giovane entra in casa con la veste di agnello. Quanto è buono !... - si dice da parte della sposa ― « è un vero S. Luigi », possiamo fare presto le nozze, non occorrono informazioni, altrimenti potrebbe svanirci il colpo, cerchiamo di guadagnare tempo.

Intanto l' occhiatina, il risolino, la parolina sottovoce, indi la passeggiata e il cinema, la prima volta in compagnia della mamma. Fin qui, tutto sta bene. E' affezionato, vuoi bene, è confermato un galantuomo. Creduto tale, gli si da ampia fiducia facendoli uscire soli a loro bell'agio. Tanto lui è un S. Luigi, lei una S. Agnese, noi genitori possiamo starcene in casa tranquilli. Messo piede fuori l'uscio di casa, senza tanto pessimismo, i due colombi si possono chiamare fuggiti, ormai la gabbia è aperta, la libertà è acquistata.

Una passeggiatina per via Sparano, poi Corso Ema-

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nuele, poi le traversate semibuie di Bari Vecchia e in fine gli oscuri portoni...

Solo in Bari questo? Volesse il cielo!... E' la storia moderna di tutti i paesi. Storia che si continua, ingannando tutti, finché per mera disavventura, il tonchio nella fava non comincia a far sentire la sua presenza. Allora, apriti cielo!..... tutto è scoperto! Se il giovane è onesto, giunge a sposarla, se è un farabutto e non gli conviene sotto qualche aspetto, se ne infischia, la pianta in asso giustificandosi di non essere stato lui.

Ecco cosa combinano i S. Luigi e le S. Agnese di questo mondo, quando si da loro briglia sciolta. E poi s'inveisce contro il destino. Il destino è l'asino da soma su cui si caricano tutte le male fatte, tutte le imprudenze, tutte le incaute azioni.

IL DESTINO

Se potesse parlare ed agire, ritorcerebbe lo scudo contro tutte le false opinioni che si aggirano intorno a lui.

Il destino è quella forza occulta che ci trascina in un dato punto, senza il concorso della nostra volontà; oppure, quando è a fin di bene e vuoi farci raggiungere una meta, ce la fa prima desiderare predisponendoci con la preghiera per ottenere lumi, ed infine ci colloca in quello stato di vita che deve convergere al fine della salvezza dell'anima.

Voler attribuire al destino, tutto il rovescio che ci succede per capriccio o per passione è errato, specie quando si è stati avvertiti, quando le azioni sono fatte con piena coscienza e volontà. Al più si può attribuire ad esso

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l'inavvedutezza, l'inconsapevolezza per mancanza di discernimento o di tempo per non avere avuto agio nella decisione. Se uno attraversa una strada sapendola piena di fossi, naturalmente inciampa e cade. Si può chiamare destino questo? No. Se invece l' attraversa un altro, non sapendo che ci sono i fossi, cade anche lui: questo è destino perché non si conosceva il pericolo; credendo di andare per una buona strada si è trovato male e allora pazienza !

Un individuo dedito ai vizi, viene colpito da un male che lo tiene crocifisso per tutta la, vita. Si deve chiamare destino quello? Se è risaputo che, quei mali sono inerenti a quei vizi, perché imprecare contro il famoso destino? Anzi, è proprio lui, che lo crea fatale per i propri eredi trasmettendo il male che possiede. Essi, a ben ragione, possono dire destino perché non hanno una colpa diretta e volontaria.

Una ragazza che si avventura con un giovane sconosciuto e cade nell'abisso, può piangere al destino? Deve dire solo mea culpa e basta.

Se invece il matrimonio viene preceduto dalle richieste condizioni cioè: tempo, orazione, consiglio e informazioni e l'esito risulta positivo cioè tutto bene e viene effettuato, mentre dopo riesce tutto negativo, quello si può chiamare destino, perché essendo stato fatto con ponderazione, non richiede il pentimento.

In tal caso si può chiamare vocazione, cioè: chiamata di Dio. Perché? Per i suoi fini altissimi ed imperscrutabili, Egli che ha chiamato infondendo nell'individuo la volontà di abbracciare quello stato di vita, darà la grazia inerente e tutti gli aiuti necessari per affrontare ogni scoglio, ogni bufera, ogni dolore. Il destino di ogni anima è il Paradiso tracciato da Dio. Se l'anima cade nell'Inferno, è destino tracciato da sé con la propria volontà.

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ANTONINO

Non voglio chiudere questo mio modesto lavoro, senza citare un fatterello ascoltato tempo fa in una predica:

C' era un garzone chiamato Antonino, il quale era un vero vagabondo, lacero, sudicio; ne commetteva di tutti i colori perché non voleva lavorare. Si sa che l'ozio è il padre dei vizi.

Un giorno ne commise una grossa per cui doveva essere arrestato. Ma egli prudente come un serpente, fuggì alla persecuzione andandosi a nascondere in una chiesa dietro una statua della Madonna. I persecutori lo raggiunsero e volevano catturarlo, ma egli piangendo, allargò le braccia e si avvinghiò alla statua della Madonna, dicendo: « Aiutami Mamma ». I persecutori si commossero a tal punto, che spuntò una lacrima anche sul loro ciglio e lo lasciarono in pace. La Madonna protesse Antonino, non solo dalla dovuta condanna, ma lo fece diventare buono per tutta la vita.

Non siamo noi tanti Antonino insudiciati di peccati? Imitiamolo nella preveggenza col far ricorso a Colei di cui S. Vincenzo dei Paoli disse alle sue figlie religiose: « Ricordatevi che avete una Madre nel cielo ».




PREGHIAMO LA MAMMA

O madre Celeste, Mamma buona e santa, noi siamo peccatori ma figli tuoi, come tale, sei l' unica nostra speranza, l' unico nostro rifugio. Come potremo da soli presentarci a Gesù, laceri come siamo, nudi di ogni virtù,

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privi della veste della grazia? Tu sola, puoi prenderci per mano e condurci a Lui. Tu sola puoi coprirci col Tuo manto e il nemico dell'anima scornato, fuggirà da noi. Gesù a mezzo Tuo, Vergine bella, strapperà la condanna dì morte, e ci darà il Paradiso.

Sì, Madre Divina, sei Tu la « face meridiana », come ti chiamò il grande Poeta, cioè il sole di mezzogiorno che illumina il mondo, riscalda la terra e produce ubertosi frutti.

Tu sei la stella mattutina che guidi il navigante al porto sicuro, sei la stella polare a cui si sono orientati tutti i santi del cielo, si orientano e si orienteranno tutti i giusti della terra. Sei sempre la luna piena che non decresce mai, a cui fanno corona tutti gli astri del firmamento. E per coloro che ti amano sei la fontana vivace di ogni speranza, di ogni desiderio santo.

termine fisso d' Eterno consiglio » cioè la sede perenne dello Spirito Santo.

E' beato chi confida in Te, chi prega Te, chi si abbandona in Te.

Com' è dolce il Tuo nome o Mamma ! quanta soavità apporta al cuore, quanta pace ! Fa che esso sia sempre sulle nostre labbra nelle ore del dolore e della gioia, nel lavoro e nel riposo.

Renditi propizia, o Madre, nell' ora della morte. Quando quelli che ci circondano non potranno più far niente, e noi cadremo nello sconforto e nell' abbattimento, sii accanto a noi coll' infonderci la fortezza del Divino Paraclito, onde assieme a Te possiamo raggiungere il Paradiso ove loderemo e benediremo Dio per tutta l' eternità.

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INDICE

Prologo . . . . . . . . . . Pag. VII


PARTE I

II soffio divino . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 1

Preghiera . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 3

L' anima e l' ateismo. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 4

La bontà di Dio. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 8

Gesù vero Dio e vero uomo. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .10

L'Immacolata. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 12

La Famiglia Sacra . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .13

Mistero divino . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 15

Malvagità di Erode. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 18

Gesù smarrito. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 19

Amore amaro. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 20

La separazione. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 22

La divina chiamata . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 23

Vittima divina. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 25

Volubilità umana. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 27

Mistica promessa. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 29

Mistica dimora. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 32

Ore strazianti . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 33

Il bacio traditore . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 35

Avanti ai tribunali . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 36

Flagelli e spine . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 37

197 ―


La condanna . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 38

La via dolorosa . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 39

Olocausto finale . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 42

Stabat Mater . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 43

Le sette parole . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 44

Morte e Risurrezione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 47

Richiamo al peccatore . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 50

Regina e Mamma . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 52

La stella profanata . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 54

Monito ai genitori . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 56

PARTE II

La dimora di Gesù e il Papa . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 58

Assurdità dei Protestanti . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 60

Le chiavi del Regno . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 61

Gesù aveva detto: . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 63

Le persecuzioni . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 64

La Chiesa Cattolica è in continuo pianto . . . . . . . . . . . . 65

S. Stefano e la belva umana . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 65

S. Paolo di Tarso . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 66

Martirio di S. Pietro e S. Paolo . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 67

Nerone . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 68

Profezia avverata . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 69

Seconda persecuzione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 70

Martiri senza numero . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 72

Ferocia inaudita . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 73

Il Santo verso la luce . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 74

Un altro dolore - II protestantesimo . . . . . . . . . . . . . . . . 75

Martin Lutero . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 76

Gli errori di Lutero . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 77

Enrico VIII . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 78

Il Concilio di Trento . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 79

La chiesa protestante . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 80

La Rivoluzione Francese . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 81

II Sacerdote e la Religione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 82

E' necessario il Sacerdote? . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 84

Ti sei reso conto o Lettore? . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 85

Condotta edificante . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 86

I conti con Dio . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 87

Mi scusi il Sacerdote . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 88

II rispetto umano . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 89

Il mondo . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 90

Pietra di scandalo . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 91

Le dieci vergini . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 92

Un' altra pena . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 93

PARTE III

La scienza divina - Dio - Satana - L'uomo Gli Angeli . . . . . . . 95

Lucifero . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 96

La Creazione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 98

L' uomo . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 100

Lo specchio . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 101

La donna . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 102

Fine della Creazione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 103

Evoluzione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 104

PARTE IV


II peccato . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 106

Astuzia di Sanata . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 107

Adamo ed Eva . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 108

II comando di Dio e il castigo . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 110

Dante e il peccato . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 112

Bruttezza del peccato . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 113

Requisiti del peccato . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 114

Sorgente avvelenata . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 116

Peccati contro lo Spirito Santo . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 117

Commento . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 118

L' ignoranza . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 122

I due Comandamenti . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 124

Episodi edificanti . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 126

PARTE V


L' Inferno e gli spiriti nocivi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 128

Lo spiritismo . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 131

La metempsicosi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 132

Gli spiriti maligni . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 135

PARTE VI


La Preghiera, sospiro dell' anima . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 138

Petite et accipietis . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 140

Requisiti della Preghiera . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 142

«Sine intermissione orate» . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 143

PARTE VII


II crogiuolo divino: il Purgatorio . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 145

Assillante nostalgia . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 146

Dolce e triste ricordo . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 147

Le chiavi d'oro . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 148


PARTE VIII


Il dolore e la sua origine . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 151

La disillusione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 152

L' inseparabile amico . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 153

Rimedio ed espiazione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 154

Dolore e Beatitudini . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 156

PARTE IX


L' amore . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 159

L' amore è di due specie . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 160

La martire incompresa . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 161

L' amicizia vera . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 163

Gli amici di Gesù . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 165

L' amore profano . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 168

Anomalia dell' amore . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 169

Amore sensuale . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 170

Un aneddoto . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 173

Deformità dell' amore . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 172

In sintesi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 175

PARTE X


II Matrimonio e la società . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 176

Conoscersi bene . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 177

Aiuola e fiori . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 178

La macchina in corsa . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .179

II faro della macchina . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 180

« Sobri estote et vigilate » . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 181

L' Autista N. 1 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 182

II problema più importante . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 183

Il matrimonio richiede . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 184

Attenti alle informazioni . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 184

I nemici del matrimonio . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .185

Domando e dico a te donna . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 186

I tempi nostri . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 187

La grettezza . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 188

Demoni in veste bianca . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 190

Storia dolorosa . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .191

Il destino . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 192

Antonino . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 194

Preghiamo la mamma . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 195